Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il tentativo di Draghi e la politica che fa appena capolino
«Salvini vuole ministri. Renzi: “Sì senza veti”». Titola così Repubblica.it. Leggete assieme le due dichiarazioni e avrete una sorta di indizio, che già da solo fa prova. Avevo pensato subito che il problema vero di Draghi, un super tecnico alle prese con una affaire politico, sarebbe stato il rapporto con la destra. Non Forza Italia, la destra per intero. Se avessero deciso tutti assieme di mettere i piedi nel piatto sarebbe stato un problema. Addio Ursula, addio equilibri politici. Dopo la solita giaculatoria “elezioni, elezioni”, un mantra che con la politica non ci azzecca niente in talune circostanze, oggi pare che le pressioni di Giorgietti stiano funzionando, e Salvini qualche passetto verso l’esecutivo lo stia facendo. Certo, non basta, perché per fare un governo bisogna dargli la fiducia, mica solo pretendere ministri. Epperò intanto ci stanno pensando, o meglio hanno capito che l’osso non va mai mollato, anche perché è un ossone.
Come vedete dalla titolazione di Repubblica.it che citavo, l’altro Matteo, quello che fa casino come un pupo, non pone veti a nulla, quindi nemmeno a Salvini e, perché no, alla Meloni. Ho come immaginato un ponte, simboleggiato dal già citato Giorgetti, alle cui sponde ci ho visto proprio i Mattei (quelli che Libero, giorni or sono, mise in prima pagina affiancati come due gemellini) pronti all’abbraccio (alla manovra comune) senza senza veti reciproci (o senza veli, meglio). Se la destra, magari invogliata da Renzi, decidesse di andare a vedere per fare banco, Draghi secondo me, privo com’è di sponsor politici, privo com’è (o come immagino) di esperienza politica, si troverebbe davvero in difficoltà, altro che Ursula. In fondo il modo migliore per affondare l’ex BCE e andare a elezioni, non è mica urlarlo ai quattro venti, non è mica incatenarsi per esigere le urne, no. Al contrario si tratta paradossalmente di chiedere l’ingresso nel governo con tanto di ministri, per rompere la rete sottile che il Presidente Mattarella ha cercato di tessere nella speranza di evitare elezioni troppo anticipate.
Il governo Draghi, se sarà, non avrà confini politici, sarà slabbrato a destra e sinistra. Sarà caso per caso. Ci vorrà molta fatica politica per tenerlo a galla, ci vorranno sponsor coraggiosi. Oppure magari sarà tutto facilissimo, sarà come bere un bicchiere d’acqua. Chissà. Una cosa è certa, però, affidare a Draghi tutto, la stesura del programma, la delimitazione della maggioranza – e chiedergli di metterci la reputazione, le entrature internazionali, le relazioni pubbliche, la faccia – a me sembra un po’ troppo. Può darsi che non sia così, ma io vedo Draghi solo, vedo il suo tentativo affidato soltanto al suo enorme prestigio. Lo vedo ridotto a icona. Eppure avrà attorno pressioni pazzesche, perché i clientes che ambiscono anche solo a due spiccioli del Recovery sono una moltitudine, una ressa, un’orda, e tenere a bada tutti questi appetiti (compresi quelli associati alla Lega, compresi gli sponsor mediali e i loro potentati di riferimento) sarà davvero un’impresa titanica. Per non parlare del piano vaccinazioni più grande di sempre.
Io non faccio il tifo per il fallimento di Draghi, né per il caos che ne deriverebbe. Forse altri sì, magari lo stesso Renzi che, dallo sparigliamento ne trarrebbe un certo vantaggio, certamente superiore al 2%. Sono d’accordo con il Presidente Conte, dunque, non si deve sabotare alcunché, anzi bisogna mettersi a disposizione del Paese, che oggi è assalito da pandemia e crisi sociale. Il tempo delle rivincite non è ora. Però, quando la politica si affida a un uomo, lo lascia solo al comando, e magari quest’uomo è un super tecnico, e puntano su di lui Lor Signori (tipo Bonomi) per fare Bingo e intascare in un colpo tutto quanto hanno sprecato, disperso e dilapidato in decine di anni, qualche timore mi viene. La speranza, l’unica (oltre al ministro), è che regga il fronte della maggioranza Conte, che si coaguli per bene e sia pronto alle svolte che verranno e alle occasioni future.
Un pregio (non solo uno, anzi) l’esecutivo giallorosso ce l’ha avuto, fondamentale, politico: quello di avviare una sorta di embrionale unificazione del ‘popolo’, in assenza di organismi di partito che lo facessero al suo posto. Un’unificazione che poteva (potrebbe ancora) preludere anche a un nuovo organismo politico largo, plurale, democratico, di sinistra democratica capace di raccogliere queste donne e questi uomini per organizzarli e renderli più forti. Sarebbe una cosa saggia in un’epoca di gioco d’azzardo. Io credo che questo “pericolo” Renzi “e i suoi” lo abbiamo capito per tempo e abbiano colpito per spezzargli le reni. È successo già altre volte nel Paese di Moro e Berlinguer. Lo sappiamo. Quindi calma e gesso. Ci hanno messo col culo per terra, ma la storia non finisce qui.


