Fonte: Il Fatto Quotidiano
Il teologo Severino Dianich: “Inviare armi è etico solo se si può vincere, se no è inutile strage”
Don Severino Dianich, tra i più noti teologi italiani, si è interrogato in una recente riflessione sui limiti morali della resistenza armata. Argomento scivoloso e sensibile, nei giorni della tragica aggressione di Putin all’Ucraina. “Sono impressionato – ha scritto sul sito di informazione religiosa Settimana news – (…) dal fatto che persista nell’opinione pubblica una certa mistica della difesa armata”. E ancora: “Sono andato a rivedermi il Catechismo della Chiesa Cattolica e osservo che vi si raccomanda di ‘considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale’”.
Contesta la resistenza di un popolo aggredito?
Credo che l’esaltazione della patria e dell’indipendenza nazionale come valore assoluto, da difendere anche attraverso un massacro e il sacrificio di vite umane, sia una piaga del nazionalismo dell’800. Bisogna trovare un equilibrio tra il valore dell’indipendenza di un popolo, che è innegabile, e il prezzo da pagare in vite umane per rivendicare quel valore.
Chi può stabilirlo?
Credo che il passaggio dall’indipendenza nazionale a una forma di dipendenza non sia sempre uguale. Ci sono dipendenze distruttive, umilianti per il popolo che le subisce, e altre in cui la dipendenza – negativa in via di principio – può evitare il massacro di centinaia di vite.
Si può negare il sentimento collettivo del popolo ucraino e il suo diritto all’indipendenza?
Dal punto di vista etnico e culturale è difficile negare che ci sia una vicinanza tra la popolazione ucraina e quella russa. Io vengo da Fiume, la mia famiglia è fuggita dal regime di Tito. Quella fuga per qualcuno fu ispirata anche dal senso nazionale: volevano restare italiani. Ma la maggioranza della popolazione è venuta via per fuggire da un regime oppressivo e dalla fame.
Ritiene un artificio il nazionalismo ucraino?
Mi sembra sbagliato esaltarlo conferendogli un valore mistico. Penso che la trasformazione religiosa del sentimento patrio sia pericolosa. Mi chiedo: chi si è trovato con figli, genitori o un marito morto, pensa a loro come eroi della patria?
Sta dicendo che gli ucraini dovrebbero arrendersi?
Credo che la valutazione della durata della resistenza armata debba essere in funzione della possibilità effettiva di una vittoria. Quale prezzo, quanti morti si possono sacrificare per ottenere questo risultato? Mi torna in mente un passaggio del Vangelo: anche un re valuta se può combattere una guerra con un esercito di 1.000 soldati contro uno di 20.000.
È contrario all’invio di armi in Ucraina.
Armare il popolo ucraino allunga la guerra. Con quale ipotesi? C’è la previsione che l’Ucraina possa vincerla? O si vuole allungarla esaltando l’eroismo degli ucraini? Penso a Bertolt Brecht: beato il popolo che non ha bisogno di eroi. Noi mandiamo le armi, ma chi ci lascia la pelle sono loro: quando questo popolo ci chiede di partecipare alla sua resistenza, la decisione ricade anche sulle nostre coscienze.


