L’ESPERIENZA  PURA

per Filoteo Nicolini

L’ESPERIENZA  PURA

Sarà necessario un esercizio mentale per avvicinarci al tema dell’esperienza pura. Ci colleghiamo idealmente all’articolo precedente* dove si illustravano i nostri dodici sensi quali finestre sul mondo. Si diceva che le percezioni sensoriali fanno scattare subito il pensiero che le ordina e ne spiega i nessi. Due campi opposti si fronteggiano, il nostro pensiero e gli oggetti dell’esperienza di cui esso si occupa. Ora, la difficoltà sta nell’immaginare come è quella massa informe di percezioni quando ancora il pensiero non l’ha sottoposta alle sue regole. Questa è l’esperienza pura, quella parte della realtà non ancora ordinata accessibile alla nostra osservazione. Vediamo di tratteggiarne i contorni.

Che cosa intendiamo per esperienza pura? L’esperienza come detto è ciò che fa accendere il pensiero, derivata dalle percezioni sensoriali. Le percezioni ci presentano oggetti svariati e multiformi al grado massimo. L’esperienza si presenta bella e fatta, al suo manifestarsi noi non abbiamo provveduto, scaturisce da un al di là a noi sconosciuto e misterioso.

È bene sgombrare il campo dalle abitudini, nel senso che quando parliamo di esperienza già abbiamo dei concetti previ, delle rappresentazioni innescate dal pensiero che cerca di orientarsi in un oceano sconosciuto. Per arrivare a concepire l’esperienza pura, occorre un esercizio mentale non abituale: privarci per il momento di qualunque rappresentazione. Lasciamo solo vagare lo sguardo su questa varietà a noi sconosciuta. É la pura esperienza. Subito sentiamo l’impulso di penetrare in queste percezioni con lo strumento a noi familiare, ma dobbiamo fermarci ora dal farlo, impedendo per così dire al pensiero di intervenire al suo solito per trovare l’ordine nella varietà, chiarirne nessi e leggi.

Dobbiamo imperativamente astenerci dal farlo e cercare di afferrare questa cosa che appare alla nostra attenzione allo stato puro.  Diceva saggiamente Goethe che ne siamo circondati ed avviluppati, e senza pregarci né prevenirci Essa ci attrae nel vortice della sua danza.

E la nostra vita interiore? Anche essa ci presenta di improvviso moti dell’anima, desideri, passioni, i quali si affacciano all’orizzonte della nostra coscienza come provenienti da spazi sconosciuti. Un sentimento, un desiderio si impone alla nostra attenzione repentinamente; anche un pensiero si affaccia a prima vista come un oggetto venuto dal nulla. Anche il pensiero e i moti dell’anima costituiscono l’esperienza pura per il loro sorgere all’orizzonte della coscienza. L’apparire del pensare ci stimola ad investigarlo quando ce ne accorgiamo. Forma parte anche esso dell’esperienza e si confronta a noi, si contrappone. Insieme ai fatti abituali dell’esperienza dobbiamo quindi includere il pensare, dopo che ci accorgiamo del suo apparire, e farlo poi divenire oggetto di conoscenza.  Non solo le cose del mondo esterno e i processi interni a questo livello sono senza nessi, ma anche la nostra persona ci appare come una singolarità isolata.

Solo così abbiamo una unità interiore, perché non avremo escluso niente.

Ora affrontiamo la pura esperienza e cerchiamo in essa l’elemento che può gettare luce su se stesso e la restante realtà. Essa contiene la sovrapposizione nello spazio e il susseguirsi nel tempo di cose ancora sconnesse.  Dobbiamo prima chiarire un punto importante.  Abbiamo qualificato all’inizio l’esperienza pura come una infinita molteplicità, un aggregato sconnesso di cose. Non è questa già una  determinazione concettuale? Non abbiamo affermato di evitare l’errore di attribuire qualità all’esperienza immediata? Il dubbio si risolve subito. Le affermazioni iniziali servono solo per dirigere lo sguardo verso la realtà priva di concetto, e questa realtà ci appare come se fosse una superficie piatta dove nessuna parte si innalza e nessuna parte è più importante dell’altra, non ci sono palesi differenze  proprio perché  a questo livello tutto si equivale. Quindi, sono solo immagini singole sconnesse che sfilano davanti a noi, e solo il pensiero poi stabilirà i nessi. L’esperienza pura al massimo ci dà l’accostamento spaziale e il succedersi temporale. Per l’esperienza pura, della pietra esposta al sole percepiamo solo il riscaldamento come fatto che segue l’esposizione, ma siamo ancora privi del nesso causa effetto.

Se vogliamo dare un nome neutro alla realtà osservata senza che ancora vi intervenga il pensiero, possiamo dire “apparenza per i sensi”. per apparenza si intende ciò che appare alla nostra attenzione nello spazio e nel tempo.

Siamo quindi all’inizio della conoscenza, non vi abbiamo posto pregiudizi, ipotesi e preconcetti ingiustificati. Siamo alla soglia e non possiamo porre affermazioni o concettualizzazioni previe. Ma è proprio quello che si fa quando si comincia ad affermare senza giustificazione che il mondo della esperienza è una nostro soggettivo mondo di rappresentazioni, che permane finché percepiamo il mondo sconosciuto. Questa corrente di pensiero dice a priori che tutto il mondo dei fenomeni è una rappresentazione dentro la nostra coscienza individuale. Ma non possiamo porre questa affermazione all’inizio della conoscenza.

 

Anche se ammettiamo che colore, suono, calore, ecc. siano il modo in cui il nostro organismo ci informa del mondo esterno, nondimeno il processo che trasforma l’avvenimento esterno in sensazione interna ci è sconosciuto a questo livello. Qualunque sia la parte che il nostro corpo svolga, alla nostra coscienza il calore, il colore, il suono si presentano come esperienza della misteriosa realtà.

 

Filoteo Nicolini

*I dodici sensi secondo l’Antroposofia

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