“Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande”: il film che restituisce voce e volto all’eroina indigena della liberazione sudamericana.
Juana Azurduy: una serata di memoria e resistenza alla sede dell’Ambasciata della Bolivia presso la Santa Sede
Roma, 23 maggio 2025 — La sera di questo 23 maggio 2025, presso l’Ambasciata della Bolivia presso la Santa Sede, si è tenuta la proiezione del film “Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande”, opera del celebre regista boliviano Jorge Sanjinés, figura centrale del cinema politico latinoamericano. L’evento ha visto la partecipazione di attivisti, studiosi, rappresentanti diplomatici e appassionati della storia dei movimenti di liberazione dell’America Latina.
In sala erano presenti diverse personalità, tra cui Sua Eccellenza Teresa Subieta Serrano, Ambasciatrice dello Stato Plurinazionale di Bolivia presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta, il dr. Carlo Mearilli del Circolo Amerindiano nonché esperto di cinema latinoamericano, la scrittrice di fiabe Patrizia Boi e la poetessa ecuadoriana Veronica Paredes.
Il film, prodotto dal Grupo Ukamau, rievoca la vita straordinaria di Juana Azurduy de Padilla, patriota rivoluzionaria che combatté per l’indipendenza del Sud America contro l’oppressione coloniale spagnola. La narrazione si sviluppa attraverso i ricordi della stessa Azurduy, ormai anziana, che riceve la visita di Simón Bolívar e Antonio José de Sucre nella città che porta il nome di quest’ultimo.
Con intensità emotiva e rigore storico, la pellicola ripercorre 16 anni di lotta incessante, mettendo in luce le sofferenze, il coraggio e la determinazione di una donna che seppe trasformare la sua condizione di vedova e madre in forza rivoluzionaria. La sua figura emerge come simbolo di emancipazione femminile e di resistenza anticoloniale, incarnando l’ideale di una Patria Grande, libera e unita.
Juana Azurduy nacque nel 1780 nella regione di Chuquisaca (oggi Sucre), da madre indigena chola e padre creolo, in un contesto di estrema povertà e discriminazione sociale. Cresciuta a stretto contatto con le comunità indigene, parlava fluentemente quechua e aymara, e da giovanissima fu testimone delle ingiustizie inflitte agli indigeni sotto il dominio spagnolo. La sua duplice condizione — di donna e di meticcia — la pose ai margini della società coloniale, ma fu proprio da questa posizione liminare che Azurduy sviluppò una coscienza ribelle e un senso profondo di giustizia.
Rifiutando i ruoli tradizionali imposti alle donne del suo tempo, abbracciò la lotta armata accanto al marito, Manuel Ascencio Padilla, distinguendosi per il coraggio in battaglia e il comando di truppe composte in larga parte da indigeni e contadine. Dopo la morte del marito, Juana continuò a combattere, guadagnandosi il grado di tenente colonnello per meriti militari — un riconoscimento eccezionale per una donna del suo tempo.
Proto-femminista ante litteram, Juana Azurduy rappresenta una figura antesignana della lotta per l’emancipazione femminile, non solo perché impugnò le armi in un mondo riservato agli uomini, ma perché seppe affermare con fierezza il diritto delle donne, e in particolare delle donne indigene, a partecipare attivamente alla costruzione della libertà dei popoli.
La serata ha rappresentato un’occasione di riflessione sul ruolo delle donne nelle guerre di indipendenza e sul valore della memoria storica nei processi di decolonizzazione. Non sono mancati momenti di discussione sul cinema militante di Sanjinés, che da decenni si pone al servizio delle lotte sociali e dei popoli indigeni.
La proiezione, iniziata alle ore 19:00, si è tenuta presso la sede diplomatica in Via di Porta Angelica 15, e si inserisce in un ciclo di iniziative culturali promosse dall’Ambasciata per rafforzare il legame tra la Bolivia e le comunità solidali presenti in Italia.
“Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande”: il film che restituisce voce e volto all’eroina indigena della liberazione sudamericana
“Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande” è un’opera cinematografica del 2016 firmata dal maestro del cinema politico latinoamericano Jorge Sanjinés, fondatore del Grupo Ukamau, storico collettivo cinematografico boliviano impegnato nella realizzazione di un cinema decoloniale, collettivo e militante. Il film nasce dall’esigenza, più che dalla volontà artistica, di restituire centralità storica e dignità umana a una delle figure più misconosciute delle guerre d’indipendenza dell’America Latina: Juana Azurduy de Padilla.
Un cinema al servizio della memoria e della lotta
La pellicola si colloca nel solco del cinema indigenista e rivoluzionario che Sanjinés ha portato avanti sin dagli anni ’60, in opposizione al cinema commerciale e individualista. Come in altre sue opere — da Yawar Mallku a La Nación Clandestina — anche in Juana Azurduy l’autore impiega uno stile narrativo collettivo, dove la memoria personale si intreccia con quella dei popoli oppressi.
Il film è stato concepito non solo come strumento di ricostruzione storica, ma come atto politico e pedagogico rivolto in particolare alle nuove generazioni boliviane e latinoamericane, affinché non dimentichino le radici indigene e popolari dei processi rivoluzionari.
La narrazione: memoria, resistenza e identità
Il racconto si apre con Juana Azurduy ormai anziana, nel 1825, mentre vive in povertà nella città che oggi si chiama Sucre. Riceve la visita di due personaggi storici: Simón Bolívar e Antonio José de Sucre, che la onorano per la sua lunga militanza nella guerra anticoloniale. Da qui si dipana un flashback drammatico e potente che attraversa sedici anni di battaglie, persecuzioni, lutti e resistenza.
Attraverso una messa in scena epica e al tempo stesso intima, il film mostra Juana Azurduy come donna, madre, guerriera e indigena, costretta a sfidare non solo gli eserciti coloniali, ma anche i pregiudizi maschilisti e razzisti del suo tempo. Le scene di battaglia si alternano a momenti di profondo dolore umano, come la morte del marito Manuel Ascencio Padilla o la perdita dei figli, che combattevano al suo fianco.
Un’eroina scomoda per la storia ufficiale
La figura di Juana Azurduy, per decenni, è stata oscurata dalla storiografia ufficiale, in gran parte scritta da uomini bianchi e creoli. Soltanto nel XXI secolo, grazie al processo di rifondazione dello Stato Plurinazionale in Bolivia e alle lotte femministe latinoamericane, la sua figura è tornata al centro del discorso pubblico. Il film di Sanjinés si inserisce in questo contesto di recupero della memoria storica indigena e femminile.
Il suo valore simbolico è oggi così potente che in Argentina — dove combatté al fianco degli eserciti patrioti — le è stato intitolato un monumento, una scuola militare e una delle principali autostrade. Ma è proprio nel linguaggio del cinema che Azurduy riacquista una voce e un corpo politico, rompendo secoli di silenzio.
Estetica e politica: un cinema che non intrattiene ma interroga
Fedele alla sua poetica, Jorge Sanjinés impiega tecniche cinematografiche che sfidano la narrazione lineare occidentale: inquadrature collettive, montaggi non cronologici, dialoghi in quechua e aymara, recitati da attori non professionisti provenienti dalle comunità rurali. Il realismo crudo si unisce a momenti di lirismo visivo, in cui la terra, il vento, le montagne diventano testimoni della resistenza di un popolo.
Il film è stato prodotto grazie al sostegno dello Stato boliviano, con la collaborazione del Grupo Ukamau, e ha circolato principalmente in ambiti alternativi: scuole, collettivi popolari, università e spazi culturali autogestiti, più che nei grandi circuiti commerciali.
Un’eredità viva
“Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande” non è solo un’opera biografica: è una rivendicazione visiva del diritto delle donne, degli indigeni e dei poveri a essere protagonisti della propria storia. In un continente ancora segnato da disuguaglianze, neocolonialismi e violenze patriarcali, il messaggio di Azurduy — attraverso la lente di Sanjinés — risuona con una forza rinnovata.
Il film è oggi considerato un testo fondamentale del cinema decoloniale latinoamericano e uno strumento pedagogico utile per chiunque voglia capire cosa significa lottare per la libertà a partire dai margini della società.


