di Alfredo Morganti – 24 agosto 2016
Da qualche tempo Renzi si sta rimangiando pubblicamente quanto aveva annunciato mesi or sono, ossia che si sarebbe dimesso in caso di vittoria del no. Anzi, avrebbe persino abbandonato la politica. Forse l’Italia, andando magari in Africa assieme ai tanti che non ci sono mai andati pur avendolo abbondantemente predicato. Jim Messina lo ha convinto che è meglio spersonalizzare (non serviva Jim Messina, bastava Jim Bettola-Bersani a dare questo consiglio, eppure aggratis). Da quel momento è stato tutto un prendere le distanze, sino all’affermazione che il referendum è roba della Repubblica Italiana, non sua, e che lui non si dimetterà mai, in alcun caso, chi vinca vinca. E chi è Pasquale lui? Dov’è la doppiezza della comunicazione-politica, di questo guscio di chiacchiere mediatiche senza alcuna sostanza politica se non l’ambizione per il potere? Nel fatto che Renzi dichiara di non volersi dimettere pur sapendo che, in caso di vittoria del no, le dimissioni sarebbero fatali, inequivocabili, necessarie, dovute. Nelle cose. Certo, poi spetterebbe al Presidente Mattarella decidere il da farsi (così che anche l’affermazione: ‘si vota nel 2018’ non spetta affatto al premier ma allo stesso Presidente). Ma il gesto della salita al Colle e delle dimissioni sarebbe in forza di cose, non potrebbe essere contraddetto nemmeno da un Jim Messina messo di traverso sulla salita del Quirinale.
Doppiezza, dunque. E cioè dire una cosa per ragioni di marketing, di pubblicità, di convenienza comunicativa, e sapere invece che, in realtà, si dovrà fare altro. La comunicazione-politica, di cui i renziani sono alfieri, è un coacervo di chiacchiere senza alcuna aderenza con la realtà, coi fatti, coi gesti dovuti. È un circo di dichiarazioni concordate, di interessi comuni, di ambizioni spropositate, di bramosia di potere. Si dichiara, si twitta, si fanno gesti teatrali, ci si atteggia, si sparano sciocchezze per il solo e unico desiderio di vincere competizioni e sedie. I contenuti vanno a farsi benedire, sono zavorra, sono un impegno eccessivo che potrebbe pregiudicare future alleanze o peggio future carriere. Dei contenuti se ne parla negli incontri riservati. La politica-politica è espulsa dal ring: in primo luogo perché tocca studiare troppo e avere una robusta intelligenza politica, e poi perché dà noia. Volete mettere dire tutto e il contrario di tutto, che tanto nessuno se ne ricorda, a parte pochi, pochissimi lettori di giornale? Volete mettere ridurre la fatica gravosa della politica-politica all’evento-show dei tre leader che si schierano con tanto di microfono (che fa pop star) sulla portaerei col mare azzurro e agostano come sfondo? Volete mettere avere i giornalisti in platea, embedded, invece che nelle redazioni a fare i cani da guardia? Temo che tra un po’ la stampa si comporrà di soli critici letterari, di moda, di eventi, dei frequentatori di salotti, ricorrerà ai narratori di fattarelli, ai soliti retroscenisti, tipo quella gente schierata ordinatamente sulla Garibaldi, e pure lusingata di stare lì, proprio laddove aerei gagliardi spiccano il volo per solcare maestosamente i cieli! Volete mettere quanto è più figo?


