di Alfredo Morganti – 28 dicembre 2018
Il sottosegretario al Lavoro Claudio Darigon, a proposito di quota 100 e di reddito di cittadinanza, ha spiegato che entro gennaio ci sarà un decreto legge unico. Ha motivato il decreto stesso con l’urgenza: “Cosa c’è di più urgente della disoccupazione e della povertà?” ha detto. Darigon fa parte dello stesso governo che a Natale ha chiuso i porti agli emigranti e ha cancellato le agevolazioni Ires per il volontariato a oltre 6.000 organismi no-profit. Intendono battere la povertà, anzi l’avrebbero già sconfitta, togliendo i soldi proprio a chi si batte contro la povertà. È come se il governo intendesse detenere per sé il monopolio di questa lotta, togliendo ruolo e opportunità al mondo del volontariato. I poveri di Stato, insomma. Altro che sussidiarietà. Era dal 1973 che sussistevano le detrazioni cancellate, nessuno prima di Salvini e Darigon era riuscito nell’intento di mettere a sedere gli organismi di volontariato e onlus, nemmeno Berlusconi, pur bistrattato. Oggi parlano di queste donne e uomini che aiutano i più deboli come se detenessero chissà quali privilegi.
Di Maio ha detto che nella manovra c’è l’eliminazione delle detrazioni Ires per tutti gli “enti non commerciali, cioè tutta la partita delle agevolazioni agli enti ecclesiastici”. Tutto qui. È una specie di orgogliosa rivendicazione al grido di ‘honestà’ e di lotta agli sprechi. Più che lotta alla povertà si tratta, a guardar bene, di lotta alla lotta alla povertà. E non è un gioco di parole. Il settore no-profit perderà il 12% delle proprie risorse, che andranno in Ires, e per questa semplice ragione decurterà nella stessa misura (o di più) il proprio impegno verso i poveri. È matematica. Dice bene Chiara Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore. C’è stata una patrimoniale, ma non verso i più ricchi e i più possidenti. Al contrario, essa si è rivolta alla base della piramide, come una specie di Robin Hood alla rovescio, che toglie ai poveri senza nemmeno sapere se il governo sarà in grado di restituire agli stessi il maltolto, e in che modo o misura.
Ricordate Superciuk, il supereroe del vecchio fumetto di Alan Ford? Sì, proprio lui. Superciuk rubava ai poveri per dare ai ricchi, utilizzando come superpotere la sua terribile fiatata alcoolica. Anche lì si trattava di una patrimoniale al rovescio. Ma almeno Superciuk non raccontava balle, e chiamava le cose col loro nome. Non ci pensava nemmeno a fare ideologia, a raccontarci che si batteva contro la povertà quand’era il contrario. Lo diceva chiaro e tondo che a lui i poveri facevano schifo. I poveri che traversano il mare, che muoiono sui barconi, oppure in un cantiere dove lavorano a nero, o nei campi di pomodori come schiavi e come semplici arnesi di produzione. I poveri che non hanno alcun mezzo, quelli che non sono solo poveri ma sono anche privi di istruzione, sanità, socialità perché la ricchezza sociale crolla ed è la povertà peggiore. I poveri che abbisognano di cure perché sono ai margini, fuori da tutto, prigionieri di esistenze grigie. E poi gli sfruttati, gli ultimi e quelli che sono oltre gli ultimi, e che perciò sembrano invisibili, innominabili, come un residuo sociale di cui nessuno si deve più occupare se non il governo con la sua paghetta a fronte di cure che diminuiscono, di istruzione pubblica che svanisce, di sanità che crolla, di coesione sociale che manca. Una paghetta da spendere individualmente al mercato, quando la società attorno si frantuma e priva tutti della sua concreta, effettiva ricchezza fatta di cure e servizi pubblici. E pensare che questo governo a sinistra ha trovato persino estimatori.


