La normalità è il problema

per Gabriella
Autore originale del testo: Gabriella Nervi

Vorrei fare qualche considerazione sull’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, in modo pacato e senza polemiche.

Il governo ha dovuto affrontare una pandemia mai vista e lo ha fatto con grande impegno e serietà. Tuttavia, qualcosa (anzi molto) non ha funzionato.

La libertà personale dei cittadini è stata limitata come mai prima era successo, neanche in tempo di guerra. Ci hanno detto che era indispensabile per limitare i contagi, in realtà si è reso necessario perché il sistema sanitario non era in grado di far fronte all’emergenza.

Siamo in pratica agli arresti domiciliari, davanti alla tv che ci propina la retorica del “io resto a casa”. Queste misure straordinarie (necessarie, per carità) hanno prodotto spesso degli effetti paradossali; i cittadini possono uscire solo per fare la spesa (e ci mancherebbe) ma solo nel negozio più vicino a casa e solo per articoli essenziali, questo significa che se mi fermo in un supermercato che si trova sul percorso lavoro-casa in un altro comune rischio la multa, significa che non posso acquistare un paio di calzini mentre le vendite online proseguono indisturbate.  I mercati sono stati chiusi, favorendo di fatto la grande distribuzione e penalizzando i piccoli produttori.

Leggo che sono stati “liberati” gli orti, ma attenzione questo non vale per gli orti delle seconde case, quindi un tranquillo pensionato non può andare nella casa di campagna, cosa che peraltro gioverebbe alla sua salute, e deve restare rinchiuso nell’appartamento di città, magari a pochi chilometri di distanza.

Siamo alla psicosi collettiva. Ci è impedito di fare una passeggiata da soli in una strada di campagna, si è scatenata la caccia ai “runner”, come se fossero loro i propagatori del contagio, inseguiti da zelanti forze dell’ordine con l’elicottero o con i droni, uno spiegamento di mezzi degno di miglior causa. I decreti di emergenza e le varie ordinanze regionali sono stati applicati dalle forze dell’ordine con una certa discrezionalità e anche con qualche abuso.

Di fronte a tutto questo, gli italiani in massima parte si sono dimostrati disciplinati e hanno ritrovato un senso di “patriottismo”. Non altrettanto bene ha reagito il sistema, che ha mostrato molte falle. Sono emersi o riemersi problemi che si trascinano da anni senza trovare una soluzione, non imputabili a questo governo:

–      i ripetuti tagli al bilancio della sanità pubblica e la sciagurata scelta di delegare la sanità alle regioni hanno prodotto risposte inadeguate e diversificate, tra cui spicca l’incapacità di fare i tamponi necessari;

–      l’evasione fiscale diffusa comporta la conseguenza che gli aiuti economici alle famiglie e alle imprese fatalmente andranno anche a evasori e lavoratori in nero;

–      l’invadenza della burocrazia, la moltiplicazione dei centri decisionali, il sovraffollamento delle carceri, per citarne alcuni.

Ma, più in generale, ci sono altre questioni che ci dovrebbero far riflettere. Forse questa emergenza sanitaria non era così imprevedibile, anzi qualche studioso l’aveva puntualmente prevista, naturalmente inascoltato; forse è il nostro modello di sviluppo che è insostenibile per il pianeta; forse dovremmo rimettere in discussione la globalizzazione estrema che ha prodotto la mancanza in tutto l’occidente di un semplice manufatto come le mascherine; forse andrebbero fermati la deforestazione selvaggia e gli allevamenti intensivi che contribuiscono alla nascita e diffusione dei virus.

Ora si parla della fase due che tanti giustamente invocano, in primis per affrontare le devastanti ricadute sull’economia. Il governo è chiamato a scelte altrettanto difficili. Serve spirito di collaborazione e senso di responsabilità, non sterili polemiche finalizzate solo ad “avvelenare i pozzi”, non certo al bene del paese.

Chiudo con questa frase esemplare vista su internet: “non torneremo alla normalità, perché la normalità è il problema”.

 

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