La politica, più della religione

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

Alfredo Morganti – 10 gennaio 2015

Leggere sotto la lente religiosa quel che è accaduto a Parigi è corretto dal punto di vista della cronaca ma fuorviante per altri aspetti. È la politica il vero contesto dello scontro, non i temi in astratto delle libertà di opinione e di satira, che pure sono rilevanti. La politica, dunque l’attacco allo Stato francese, alle sue forze dell’ordine, alla sua intelligence, alla sua capacità di controllare il territorio. Gli obiettivi dei terroristi erano veri obiettivi: non si puntava a fare più morti possibili, non si puntava a generare una carneficina qualsiasi essa fosse stata, i terroristi non erano martiri, il punto era dimostrare che lo Stato nulla può quando l’attacco è portato da dentro, dal fronte interno, da francesi, con le regole della guerriglia piuttosto che con quelle del terrore cieco e dell’anonima carneficina di civili. L’ISIS, con il suo tentativo politico di creare un Califfato, ha fatto discendere lo scontro dal cielo della religione alla terra della politica. Uno Stato nuovo che si costituisce per affrontare altri Stati, con le regole della guerra e della guerriglia piuttosto che quelle del terrore verso i civili. Obiettivi militari, non più obiettivi purchessia, sono al centro della nuova strategia. La religione si tramuta in ideologia, in mezzo, strumento per la lotta politica. Ma è la politica al centro del post-qaedismo. Ecco perché la Francia, oggi: perché lì ci sono delle quinte colonne ‘naturalmente’ reclutate nei sobborghi e nelle periferie degradate; perché una struttura presidenziale non è (con la sua paradossalmente esile verticalizzazione, col suo strenuo decisionismo) pronta ad affrontare un tale nemico interno, anzi un ‘suo’ nemico interno; perché la politica europea sta scivolando verso il baratro della non-rappresentatività, della non-rappresentanza, degli abissi oligarchici, dei poteri siderali, alti e lontani dal popolo, che si limita a votare a comando sotto effetto mediale, mentre l’astensionismo brucia la partecipazione reale. Il popolo scompare lontano, si dilegua e si frantuma, e al suo posto compaiono le plebi mediali: con ciò rafforzando il potere verticale ma indebolendo le democrazie, che di rappresentatività e di istituzioni rappresentative e di partiti di massa vivono e prosperano. È proprio la fine incipiente di questa ‘orizzontalità’ del potere e di questa condivisione delle istituzioni col popolo, a incoraggiare i terroristi a tentare la sorte militare in patria e sul fronte interno. A Parigi ci sono riusciti al punto che la città è parsa paralizzata, inerte: tre uomini da soli l’hanno messa al tappeto. È solo l’anticipo di quel che potrebbe accadere se continuassero con questo gioco politico-militare invece che ‘terroristico’ in senso forte. Il terrorismo si batte col popolo, non senza. Non basta farlo sfilare, per quanto importante,non basta mettergli delle matite in mano, non basta chiedere la sua commossa adesione, né la sua pietà, né mostrare in tv o sul web il suo dolore: bisogna restituirgli potere e partecipazione quotidiana. Ecco il punto da cui non si sfugge.

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