La tentazione di Schlein: candidarsi alle Europee e dimettersi da parlamentare in Italia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fabio Martini
Fonte: La Stampa

La tentazione di Schlein: candidarsi alle Europee e dimettersi da parlamentare in Italia

Il rimprovero di Romano Prodi sulle candidature “truffa” all’Europarlamento – mi candido per Strasburgo ma poi non ci resto – nei prossimi giorni potrebbe produrre un effetto-domino su tutti i leader italiani. La prima a reagire, per ora nelle segrete stanze, è Elly Schlein che per tante ragioni non può restare insensibile al “grido di dolore” del Professore: ecco perché – e qui c’è la novità – la segretaria del Pd sta pensando di candidarsi sì al Parlamento europeo ma con l’intenzione, una volta eletta, di dimettersi da parlamentare italiana e di restare a Strasburgo. In modo da onorare la sua candidatura, evitando l’ovvia accusa di ingannare gli elettori, destinata a colpire tutti coloro che poi optassero per il Parlamento italiano.

In queste ore Schlein sta soppesando le controindicazioni anche di chi le vuol bene – Elly ma così rinunci a contrastare Meloni e il governo nel Parlamento italiano – e nei prossimi giorni la segretaria del Pd deciderà definitivamente il da farsi. D’altra parte candidarsi come capolista in tutte e cinque le Circoscrizioni elettorali per Elly Schlein non era stata una semplice pensata auto-promozionale: in realtà è l’unica vera polizza sulla durata della sua leadership. Per una ragione sfuggita alla discussione pubblica. Schlein sa che soltanto presentandosi di persona, potrà spingere a votare Pd quei tanti elettori di sinistra-sinistra che l’hanno trascinata alla guida Dem , elettori che in precedenza non avevano mai avevano votato per i Democratici e molti dei quali potrebbero farlo soltanto se trascinati dalla sua presenza in lista.

Nei primi 11 mesi da segretaria Schlein ha dimostrato una perfetta coerenza con chi l’aveva eletta: si è calcolato che circa un 30-40 per cento degli elettori di Schlein alle Primarie non avevano mai votato Pd ed esattamente a quegli elettori da mesi si sta rivolgendo la leader, con la sua linea movimentista. Schlein punta legittimamente a completare il lavoro a suo tempo impostato dall’ex segretario Enrico Letta assieme a Dario Franceschini, Roberto Speranza e Pierluigi Bersani. Furono loro, alla vigilia della Primarie, a cambiare le regole per l’elezione del segretario: con una norma, sconosciuta a tutti i partiti del mondo, era stato consentito a chi non era iscritto ai Dem fino a poche settimane prima, di potersi candidare alla guida. Esattamente a quegli elettori, attratti dall’anomalia Schlein e talora interpreti di sentimenti anti-Pd, si rivolge ora la segretaria, presentandosi alle Europee. Sono proprio quegli elettori di sinistra-sinistra, gli unici che potrebbero portare voti in più al “nuovo” Pd, dando per scontato che tanti elettori dem più riflessivi potrebbero rinunciare al voto. Ecco perché stare in lista per Schlein è più che strategico. E’ vitale.

Tanto più se ora cambiasse il progetto originario (candidarsi nelle cinque Circoscrizioni e poi optare per il Parlamento italiano) in una sola mossa Schlein otterrebbe ben tre effetti. Il primo: non incorrerebbe nel campo minato del “politicamente scorretto” della candidatura-truffa, sulla quale lei stessa e il suo staff in prima battuta non avevano riflettuto, confermando di non essere “super-dotati” in termini di “fondamentali” della politica. Secondo effetto: Schlein toglierebbe un’arma a Giuseppe Conte, che nei giorni scorsi si è affrettato ad esprimersi contro le candidature ad effetto, già pregustando la suggestione di una campagna elettorale nella quale cavalcare il tema della serietà verso gli elettori.

Terzo effetto su Giorgia Meloni: difficilissimo per la Presidente del Consiglio candidarsi capolista in tutte le Circoscrizioni con una Schlein che optasse per il Parlamento europeo. Opzione quasi impossibile per Meloni: non tanto perché questo le impedirebbe una presenza nel Parlamento italiano, perché quella è garantita dalla sua qualità di Presidente del Consiglio. Ma perché sarebbe costretta a presentarsi, almeno qualche volta all’Europarlamento, mentre non farlo, le guadagnerebbe una sconveniente fama di assenteista.

Nel frattempo Schlein ci pensa. In queste ore sta perdendo quota un’opzione che non era trapelata ma sulla quale lei e i suoi stavano riflettendo: presentarsi alle Europee ma non come capolista. Un distillato di ipocrisia che sta evaporando davanti alla suggestione che spinge Schlein ad andare fino in fondo. Tornando in quell’Europarlamento dal quale tutto era cominciato per lei e dove potrebbe rilanciare le denunce sui pericoli della destra italiana che, in Italia, continuerebbe ad affidare ogni giorno agli “spottini” televisivi. Rinunciando alla nobile, per qualcuno anacronistica, tribuna di Montecitorio.

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