Autore originale del testo: Fausto Anderlini
L’apparente scomparsa del M5S
Ma è proprio vero che i 5S sono andati così male tanto da celebrarli come gli sconfitti di turno ?
Se si analizzano i dati un po’ più nel dettaglio cercando un filo conduttore nell’estrema eterogeneità del voto municipale c’è da dubitare che le cose stiano come il mondo maistream le descrive.
Se è vero che a Milano e Bologna, come a Trieste, il M5S raccoglie poca cosa, a Torino è all’8 %, ben sopra Fi (5) e non molto distante da FdI (10,5) e Lega (9,8). A Roma, escludendo il voto personalizzato su Calenda, con l’11 % è superato, e non poi di tanto, solo dal Pd (16,4) e FdI (17,4). Ben sopra a Lega e Fi. A Napoli con il 10 % è poco sotto il Pd (12,6) e FdI (14,4)…..
Se si commisura il M5S ai fasti delle comunali 2016 e delle politiche 2018 certo una debacle, ma non più grande di quella che la Lega registra rispetto alle recenti europee. Se si esclude il Pd lettiano, unico partito in grado di esprimere un rapporto egemonico con l’elettorato (specie nelle città del centro e del Nord), il trend dei 5S s’inscrive in una tendenza allo sfarinamento che riguarda tutte le forze politiche.
Personalmente parlerei piuttosto di una ‘tenuta’, sia pure in un quadro di regressione e a macchia di leopardo. Tanto più significativa se si tien conto che le elezioni locali sono il teatro meno favorevole per i 5S, data la sostanziale inesistenza di una classe dirigente locale. E a maggior ragione se si considerano le cattive e turbolente performances amministrative di Roma e Torino.
A Roma e Torino, ma anche a Bologna e un po’ dovunque, il voto 5S è correlato con le periferie urbane più socialmente disagiate- L’ambiente ecologico ad esso più proprio dove fronteggia la penetrazione di Fd’I, sostitutiva della Lega (anche al Nord, dove la Lega accusa un vero e proprio processo di scardinamento sociale.).
Piazze piene urne vuote. Certo che le trionfali full immersion di folle godute da Conte nel suo tour facevano presagire una ‘rimonta’ che poi non si è avverata. Bisogna tuttavia considerare che la ‘popolarità’ di Conte è un fenomeno diffuso: riguarda anche un’ampia fascia di elettori Pd che vedono di buon occhio l’alleanza ma non son certo disposti a votare per i 5S.
Tuttavia se è vero che le elezioni politiche saranno altra cosa, anche per l’emergere di elettori ora consegnati nell’astensionismo, ciò può valere a maggior ragione per Conte e il suo M5S di nuova generazione. Certi elementi di volatilità che rendono erratico il suo rapporto fiduciario con gli elettori potrebbero condensarsi in un seguito di tutto rispetto.
Il passaggio da movimento di protesta a formazione istituzionalizzata è delicato. L’alleanza col Pd acuisce dilemmi dei quali è arduo liberarsi e perciò destinati a perdurare. Il Pd guadagna posizioni proprio in virtù dell’apertura coalizionale ‘a sinistra’ e restringe oggettivamente lo spazio critico del quale ha sofferto acutamente nella degenerazione renziana. Nello stesso tempo, anche per dare respiro espansivo all’alleanza, il M5S dovrebbe caratterizzare in modo più netto la propria politica. Accentuando la sua vocazione ad essere la voce delle periferie sociali e territoriali. Ciò richiederebbe, forse, per Conte, una nuova metamorfosi. Una nuova versione del leader come avocat du peuple, quella mise che in origine fu solo declamata retoricamente e che adesso richiederebbe un inveramento in senso giacobino se non montagnardo. Lo spazio è quello a sinistra del Pd, a maggior ragione se esso accoglierà di nuovo nel suo seno la ‘sinistra di governo’. Non credo che la domanda ‘populista’ sia esaurita nè che la sua stagione sia tramontata come un’effimera apparizione. Le contraddizioni che l’hanno generata sono ancora tutte vive. Uno spazio che non può essere coperto dalla sinistra radicale, per il suo ingessamento ideologico ma anche perchè il suo milieu è quello del radicalismo in stile ztl. Se i grillini sono i portatori di una cultura inscritta nel dna originario, è su questa che Conte dovrebbe lavorare.


