di Alfredo Morganti – 24 gennaio 2018
Il detto che la politica è sangue e merda trova la sua concreta giustificazione anche nella formazione delle liste elettorali. Che non sono un pranzo di gala, come non lo è la democrazia quando è davvero democrazia e non una finzione mediatica. Certo, sarebbe bello che interessi, punti di vista, convinzioni personali, ambizioni e diverse letture della realtà coincidessero come d’incanto, che i mitici territori e il mitico ‘nazionale’ si comprendessero, e così il vertice e la base, e che tutto funzionasse come un meccanismo automatico, linearmente derivante da un’idea molto bella, a cui tutti avessero aderito senza remore. Ma non è così. Ora, nel pieno della fatica immensa che tocca tutti i partiti e che si chiama ‘scelta dei candidati’, c’è chi si inalbera, chi si dice indignato, chi non rappresentato adeguatamente. Facebook è un immenso ribollire di sdegno.
Ma se i beni non fossero scarsi non esisterebbe economia, e se non vi fossero conflitti anche cruenti e dolorosi non vi sarebbe la politica, la cui unica ragione nasce da qui, dalla possibilità che una società scompaia nelle lotte intestine tra singoli e svariati interessi. Dunque calmiamoci. Non è confacente scambiare l’idillio per azione politica, le due cose non c’entrano nulla. Oppure ritenere il conflitto una zavorra. Chi pensa davvero che occuparsi del bene pubblico e della mediazioni degli interessi sia un passatempo glorioso ha sbagliato strada. È bene che si guardi a questi processi con attenzione e anche con spirito critico, ma poi il tempo della indignazione deve finire e deve cominciare quello della politica, con annessi e connessi. A meno che non si scambi questo stesso tempo della politica con i sorrisi e le pacche sulle spalle. Ma in questo caso avrei sbagliato io, perché sarei sceso alla fermata sbagliata.


