L’Iconoclasi e il partito che non c’è
Quando nella lotta sono attaccati i simboli vuol dire che la situazione è diventata seria. La circolazione iconografica, con i suoi momenti di tabula rasa, è sempre collegata al conflitto sociale. Ne segna l’ingresso nella fase acuta e dirimente. Anche se nel caso degli abbattimenti in corso negli Usa e in Europa sembrerebbe improprio parlare di una ventata iconoclastica. Giacchè non sono le immagini in generale, ovvero l’iconodulia come tale ad essere presa di mira, ma una classe specifica di simboli Che a ben vedere non riguardano solo immagini marmorizzate del razzismo, quanto il più complesso scenario storico-sociale che lo ha assecondato. E’ come se un mucchio di gente fosse diventata improvvisamente consapevole di un vizio d’origine della società in cui vive. Sentendo come attuali, rese vive nella propria esperienza concreta, tutto l’insieme di nefandezze che hanno accompagnato la fase dell’accumulazione originaria del capitale: violenze, ruberie, distruzioni e predazioni, dall’espropriazione dei produttori al commercio degli schiavi, alla persecuzione dei diseredatil e alla coscrizione degli sfruttati. Il cuore di tenebra celato sotto la faccia pulita del capitale come forma sociale di sviluppo delle forze produttive e sistema razionale di riproduzione economica. Tal quale si è autoraffigurato nella sua maturità classica.
Un disassamento clamoroso dell’egemonia culturale che aveva seguito la caduta del socialismo reale. Quando l’idea dominante prese la guisa di un mondo finalmente a-conflittjuale, unificato nei dogmi del liberismo ed emancipato dal depistamento ideologico del comunismo. Parte in causa degli ‘orrori del novecento’. Mentre adesso quello che si scopre è piuttosto la persistenza degli orrori dell’ottocento. Culla originaria del capitalismo, del colonialismo e del suprematismo di razza. Lungo una linea rossa che porta sino alla crisi attuale, sociale ed ecologica, del mondo globale.
Ciò che si può leggere nelle proteste in atto è certo, nella forma, la ripresa di una effervescenza civile, ma nella sostanza è anche è soprattutto l’annuncio di una ripresa della lotta di classe. Il secondo tempo, la rivincita, dopo un ventennio nel quale l’èlite di mercato, la classe dominante dei ricchi, aveva spianato il campo a suo favore.
Un disvelamento al quale ha contribuito la pandemia. Che è stata come una cartina di tornasole dei reagenti ideologici. Da un lato l’approccio egualitario consegnato nelle culture a base umanistica e trascendente con i loro derivati laici (come nel cattolicesimo, ma anche nelle tradizioni filosofiche orientali). Dall’altro le culture anti-egualitarie ed immanentiste a sfondo darwinistico e suprematista, con le loro perversioni religiose. E sotto di esse non tanto le diversità sovrastrutturali di regime politico (democratico o autoritario), ma l’evidenza delle disparità di classe. I regimi nazional sovranisti neo-populisti hanno gettato la maschera del falso solidarismo etnico-culturalee del preteso protezionismo sociale. Mettendo in conto l’abbandono al loro destino dei deboli, degli anziani, delle persone fragili, dei poveri, delle minoranze e dei gruppi sfavoriti in genere. Per un insieme di ragioni l’America trumpiana si è rivelato il luogo della tempesta perfetta, dove tutti i nodi sono venuti al pettine. Portati in risalto dalla follia random incistata nella gendarmeria. Ma il ragionamento vale ovunque. La lotta di classe è l’unico sviluppo possibile della lotta al razzismo e alla deriva fascista e suprematista della crisi del liberismo. La piccola pattuglia che aveva iniziato l’esperimento di occupy wall street ha trovato una base di massa.
Qui dalle nostre parti è evidente il tentativo dei ceti possidenti e dei loro corifei ideologico-mediatici di soffiare sul fuoco di un’attesa protesta sociale per scalzare un governo per essi inaffidabile e riprendere nelle proprie mani le leve di comando. Mandare avanti i poveri per fare l’interesse dei ricchi. Ma il disegno potrebbe rivelarsi infondato. Non solo perchè (come ho già sostenuto) la domanda potrebbe prendere la guisa della protezione redistributiva anzichè della sovverfsione poujadista. Ma perchè più a fondo potrebbe cambiare il bersaglio: non più il governo e la presunta casta politica, ma i ceti possidenti e le diseguaglianze sociali. Cioè prendere la strada della lotta di classe.
Il tema non è la cd. ‘modernizzazione’ del paese, ma quanta giustizia sociale redistributiva la ‘modernizzazione’ e la crescita economica sarà in grado di soddisfare. E’ il momento in cui davvero ci vorrebbe una sinistra di ‘lotta e di governo’.


