Linea e posizione, quando la comunicazione prende il sopravvento

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti 21 marzo 2018

Berlusconi ha piazzato la zampata, ha detto che è pronto a un governo di programma coi 5stelle. L’antipolitico di lungo corso ha fatto la mossa politica. Ha deciso di andare a vedere le carte dei grillini, rovesciando su di loro la responsabilità di un eventuale ‘no’. Invece di continuare a dire ‘mai’, ha detto ‘vediamo’. Li è andati a ‘disturbare’, si è frapposto ai loro giochi, si è incuneato tra 5stelle e Lega, per non restare marginale, per non cedere sovranità ad altri protagonisti. Non fosse altro per evitare che gli altri possano avere in mano un bluff e nessuno si adoperi per metterlo in chiaro. Berlusconi sa che la campagna elettorale è finita, che le forze politiche devono rientrare in possesso di una loro capacità di movimento, sa che la politica è dinamismo e non è costituita da ‘niet’ aprioristici. Non è che basti “posizionarsi”, e magari scavarsi una fossa per creparci dentro. Questo concetto di “posizionamento”, nella sua versione presa dal marketing e dalla pubblicità, ha finito per rendere la politica stessa un prodotto di consumo, destinato appunto a consumarsi. Immaginate degli eserciti schierati, che si contentano della ‘fissità’ decisa in qualche quartier generale, e fanno le belle statuine in battaglia, in attesa che il ‘guru’ li ‘riposizioni’. Alla fine si è solo bersagli, e pure facili. Come l’orso al luna park. Le eventuali contraddizioni del fronte nemico non vengono nemmeno stuzzicate, anzi sono regalate all’avversario.

A forza di privilegiare la comunicazione e i suoi registri, se ne resta imprigionati. Ci si convince che basti solo ‘apparire’ staticamente in qualche gioco di ruolo elettorale, quando invece il dinamismo in politica è tutto. E così pure il nascondimento e il mimetismo, se servissero. Dire: “noi siamo all’opposizione”, ancor prima che si scateni la lotta politica, è da pazzi. Vuol dire aver introiettato dei registri comunicativi, pensando che basti spenderli in politica per trarne dei vantaggi. Ma quali vantaggi può cavarne uno che vorrebbe ‘congelarsi’? Anche il concetto di posizionamento, peraltro, è mal concepito. In fondo, prendere una ‘posizione’, è solo un momento ‘puntiforme’ del percorso politico e della strada difficile da compiere. Una volta non si diceva ‘che posizione hai?’, ma ‘qual è la linea?’. La linea, appunto, non un punto fisso, immobile, la cui difesa è affidata agli scherani di fiducia. La linea: ossia un’articolazione del proprio pensiero e del ‘che fare’, che è tutto meno che statica, ma si sottopone alla forza vettoriale del dibattito politico, e reagisce attivamente alle tante spinte e ai molteplici dinamismi in corso. Insomma, Berlusconi, proprio lui, ha capito più di altri, la necessità di muovere pedine e ‘flettersi’ sulle situazioni reali per cavarne vantaggi. Altri ‘innovatori’ politici no, a partire dall’ex Sindaco, ex premier, ex segretario del PD. Fermi e inchiodati sui propri registri comunicativi e sulle proprie ‘posizioni’, senza un Piano B e senza visioni alternative, come se il mondo attorno non sussistesse e come se le contraddizioni dell’avversario non esistessero affatto, e bastasse metterla sui congiuntivi sbagliati per vincere la tenzone politica.

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