L’ombelico di Calenda, ovvero un centro che guarda a sè stesso

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 2 aprile 2019

Quando Togliatti scrisse Ceti medi ed Emilia rossa (con la consulenza di Emilio Sereni) lo faceva dal punto di vista di un partito classista che aveva raggiunto il quasi monopolio della rappresentanza di vasti settori del proletariato rurale e industriale. L’alleanza coi ceti medi ‘produttivi’ mirava a impedire che essi divenissero, come sotto il fascismo, la base esclusiva della destra e dei moderati. Non era un ‘guardare al centro’ sui generis ma la ricerca di compromessi capaci di allargare il campo dell’egemonia consolidando un blocco sociale attorno al movimento operaio. Insinuandosi nelle fratture del blocco moderato. In Emilia, dove questa strategia ebbe modo di dispiegarsi compiutamente, l’alleanza non andò oltre, di fatto, la piccola imprenditoria artigiana. Allora a tutti gli effetti un ‘lavoro autonomo’ di estrazione operaia e contadina. Gli stessi commercianti, malgrado le organizzazioni legate alla sinistra, restarono in gran parte nel blocco avverso. Il partito emiliano fu un partito di mezzadri, braccianti, operai e artigiani della produzione e dei servizi personali (sarti, barbieri, ciabattini, riparatori, meccanici ecc.). Togliatti sapeva benissimo che il problema delle classi medie era di differenziarle e che non avrebbe mai potuto conquistarne la totalità.

Oggi il Pd zingarettiano corrisponde a una sorta di togliattismo a parti sociali invertite. Il Pd è un partito che ha la sua costituente (o ambisce ad averla) nelle classi medie urbane. Un partito di centro che guarda ‘a sinistra’, cioè agli strati socialmente sfavoriti, in modo residuale, come a una indistinta componente aggiunta. Il messaggio è orientato verso il mondo dell’impresa, con le compatibilità economiche al seguito, e nel segno delle libertà civili. Il prius di Zingaretti non è il recupero dell’elettorato popolare disamorato della sinistra, ma la ‘tenuta’ delle classi medie orientate in senso liberale, evitando una frattura ‘sul centro’. Il superamento del renzismo è avvenuto ripristinando la ‘misura’ che il rignanese aveva oltrepassato guidato dal suo sfrenato narcisismo. Di qui la parte del leone fatta recitare a quel coglione di Calenda. E quel simbolo che issa il Pd sul mare stellato di un europeismo sans phrase mentre consegna il Pse a un misero quadratino alla periferia del disegno. Un residuo.

Sicchè per limitare la ‘destra’ si guarda al ‘centro’. Come se si fosse ancora negli anni ’60 e in quello spazio si combattesse la battaglia decisiva fra fronti contrapporti. O come ancora si fosse in un irenico modello westminster con poli capaci di saturare le estreme convergendo al centro. Mentre la destra è dilagata non nelle classi medie (le cui componenti principali ha sempre tenuto per sè) ma nelle classi sfavorite, Conquistando le estreme lasciate sguarnite.

E a sinistra ? Sembra che per il momento non abbia altra prospettiva che una desistenza. In queste condizioni infilare qualche nome in coda di lista sarebbe patetico. Con circoscrizioni così ampie per guadagnare il seggio occorrono legioni di preferenze. Paradossalmente gli elettori di Leu sono stati abbondanti per premiare il trionfo di Zingaretti alle primarie. Ma sono troppo pochi per potere eleggere, ammesso che la cosa abbia un senso, ‘uno dei nostri’.

Comunque niente sensi di colpa. Le classi medie individualizzate non saranno mai assorbite dalla destra, come avvenne nel fascismo. Con quella linea il Pd sopravviverà ma a costo di lasciare ad altri i ceti popolari. Una garanzia largamente trascendente il voto alle europee per ‘fermare la dfestra’. Cioè restando minoranza sine die. La stessa offensiva contro i 5S, fatta in questo modo, sembra orientata non tanto a prenderne i voti ma a facilitarne lo spurgo a destra.

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