L’ottimismo dell’intelligenza e il pessimismo della volontà

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’ottimismo dell’intelligenza e il pessimismo della volontà
Conoscete tutti il motto gramsciano: pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà. Vuol dire che, pur dinanzi alle immense difficoltà che si presentano quando si tratta di analizzare i problemi e trovare una soluzione razionale, la volontà non deve mai cedere il passo o smettere di lottare. È un invito a intravedere soluzioni anche quando non sembrano esserci almeno a breve. Al contrario, oggi c’è un settore di classe dirigente italiana, che interpreta il motto alla rovescia. Per cui, da una parte, si mostra che la soluzione è a un passo, ma dall’altra, invece, si illustra un presente a tinte fosche, una sorta di abisso invalicabile e pronto a risucchiarci. Lasciano intuire che una strada ci sarebbe, ma è sbarrata nel frattempo dai macigni dell’esecutivo.
Questo settore di classe dirigente o di opinione pubblica, in qualche modo legato al mondo delle imprese, ci narra da mesi che solo Draghi potrebbe mettere mano al gruzzolo europeo redistribuendolo nel modo dovuto, donde l’ottimismo intellettuale. Nello stesso tempo, i giornali che fanno riferimento a quel settore raffigurano il nostro Paese come un fortino assediato dal virus e della crisi, nella totale incapacità del governo in carica di far fronte al problema. Donde il pessimismo, il muro invalicabile. Prendete il tema della scuola, ci raccontano che è una battaglia già persa, inutile farvi fronte. Ovviamente per responsabilità dell’esecutivo. Se ci fosse Draghi, invece, che fa il tifo per i giovani! Eccolo il rovesciamento: ottimismo dell’intelligenza (soluzioni facili, a portata di mano, purché siano incaricati quelli bravi) e pessimismo della volontà (c’è poco da fare, lo scenario è da ultima spiaggia, attorno c’è il vuoto di competenze).
Mi chiedo: si rendono conto che il gioco è scoperto? Che è palese? Che usano rozzamente la stampa solo per convincerci della necessità di cambiare il governo, che diffondono messaggi all’unico scopo di creare le condizioni di una crisi politica? Che usano i media come una clava in mano alle proprietà? Che il giornalismo sta perdendo la natura di servizio informativo per divenire una roba da ufficio stampa? Con redazioni trasformate in staff ed emanazioni di Lor Signori? Sì, certo che se ne rendono conto, e la cosa nemmeno scandalizza, anzi. Il punto è che dovremmo rendercene conto un po’ di più noi. Sarebbe davvero un bel passo avanti. Solo così si sfila la politica dalle grinfie della comunicazione, letteralmente.
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