Fonte: facebook
Lucrezia Ricchiuti: Questo il testo del mio intervento in Senato, sul Jobs Act:
Signor Presidente e onorevoli colleghi:
Valentina – il nome è di fantasia – non vorrei precluderle financo la minima possibilità di trovare un altro lavoro, seppur precario – mi ha scritto che ha lavorato per 5 anni presso un call-center.
Il suo ultimo contratto a progetto è scaduto e adesso cerca un altro lavoro, anche il più umile, perché deve mantenere se stessa e una figlia di 4 anni.
Ha risposto a un annunzio di un’impresa di telecomunicazioni. Il primo giorno ha aspettato per 5 ore nell’anticamera senza che nessuno le rivolgesse parola.
Il secondo giorno è tornata ed è stata affidata a un tutor, che però aveva molta meno esperienza di lei nel settore delle comunicazioni e con cui ha fatto su è giù per la città, cercando di collocare abbonamenti telefonici. Il terzo giorno il tutor è cambiato e la lista dei negozi e degli uffici da contattare le è stata lasciata, perché si arrangiasse da sola.
Tutto questo senza un colloquio iniziale di lavoro, senza un contratto scritto, senza un ordine, senza conoscere il datore, senza che le fosse spiegato chiaramente che cosa doveva fare. Come se Valentina fosse un oggetto qualsiasi, non una persona in carne ed ossa. Valentina come un oggetto. Il quarto giorno la sede era chiusa.
Potevo, del resto, evitare di raccontare questa storia vera. Bastava citare un film francese che è nelle sale in questi giorni, che tutte le sintetizza, le descrive e le raccoglie. E’ “2 GIORNI E UNA NOTTE”, di Jean-Pierre e Luc Dardenne, che racconta di una riorganizzazione aziendale – proprio così – di una riorganizzazione aziendale in esito alla quale una donna in malattia perde il lavoro.
La sua paga viene redistribuita tra gli altri operai e il capo reparto, quando lei torna dalla malattia e chiede che le sia ridato il posto, organizza un referendum tra gli altri per sapere se la rivogliono come collega, che ovviamente finisce che gli altri preferiscono tenersi i soldi e lasciare lei alla fame.
Dire che il Jobs Act apre le porte a queste storie sarebbe troppo, queste storie ci sono già. Il Jobs Act le generalizza e non le combatte.
Mi si dice da alcuni colleghi che la Camera ha migliorato il testo. Penso che chi lo afferma non abbia mai lavorato in azienda. Io sì, so di che parlo.
Mi si dice che ci sarà il disboscamento delle forme contrattuali atipiche. Ma che cosa me ne faccio di un contratto a tempo indeterminato svuotato di tutte le garanzie, dal divieto dei controlli a distanza, al divieto di demansionamento e al licenziamento libero?
Voi pensate veramente che l’istituto del procedimento disciplinare esisterà ancora nella pratica? Se come datore di lavoro rischio che il licenziamento disciplinare possa essere giudicato grave e illegittimo, con annessa reintegra, farò l’economico e tanti saluti!!
Un altro punto che mi preme sottolineare è che la legge di stabilità taglia risorse per l’assunzione di ispettori del lavoro; sicché come dovremmo leggere la parte della delega che parla di semplificazione delle ispezioni sul lavoro? Temo che invece di semplificazione dovremmo parlare di smantellamento, con annessa mortificazione degli ispettori civili e dei NIL dei carabinieri, la cui vasta esperienza rischia di essere buttata alle ortiche.
Questa legge contrasta con lo spirito dell’art. 1 della Costituzione, che fonda la Repubblica sul lavoro. Speravo che questa fosse quindi una delega per il lavoro non una legge deroga contro il lavoro!
A Marchionne e al ministro Guidi voglio dire che è meglio una vera politica industriale e investimenti per rimettere gli operai italiani a fabbricare marmitte e ammortizzatori che mettere quattro spiccioli nella legge di stabilità per gli ammortizzatori sociali.
Ci voleva una legge che ridesse fiducia agli italiani che cercano lavoro e non una fiducia su un provvedimento che li precarizza ulteriormente.
No, mi dispiace, signor Presidente e membri del Governo, questa fiducia non l’ho votata a ottobre e non posso votarla oggi!!



