L’uomo discende dalla scimmia, ma quale ?

per tonigaeta

di Toni Gaeta, 17 novembre 2017

Nell’ambito del più vasto programma di promozione del “mutualismo sociale”: riti del sesso, dell’amicizia e della condivisione !

Siamo soliti pensare ai rituali in rapporto con la religione, sebbene da un punto di vista antropologico i rituali sono comportamenti formalizzati, che comunicano significati simbolici, comprensibili da parte di tutti ! Ogni società umana, secondo la cultura che la caratterizza, pratica rituali associati con la nascita, l’accoppiamento, la morte e molto altro.

Rituali guerreschi a parte, gli altri hanno spesso la funzione sociale di ridurre la tensione e sollecitare l’unione. Senza saperlo, noi occidentali abbiamo sviluppato movimenti molto ritualizzati, come la stretta di mano, per comunicare intenzioni amichevoli (non ostilità). Similmente, altre specie come i lupi e i babbuini hanno sviluppato gesti e suoni ritualizzati, volti ad evitare spargimenti di sangue, quando singoli o gruppi di esemplari si incontrano. I cani, gli orsi e altri mammiferi si leccano, per comunicare qualcosa, che per noi é paragonabile all’affetto. L’abbraccio é comune tra molte scimmie, giacché come gli esseri umani, questi primati sembrano avere un gran bisogno di toccare ed essere toccati, per ottenere vibrazioni interiori rassicuranti o molto benefiche. Inoltre, anche tra gli scimpanzé é sviluppato il bacio ! Particolarmente interessante, poi, é la circostanza che vede anche tra i primati l’uso del sesso non a scopo riproduttivo, ma semplicemente finalizzato a contenere una possibile violenta rivalità.

Questo ricorso al sesso, per ridurre la tensione e promuovere la coesistenza pacifica é particolarmente impressionante tra i ‘bonobo’, che lo usano spesso con lo scopo di ridurre le tensioni nei gruppi e tra i gruppi: soprattutto per incoraggiare la condivisione del cibo tra le femmine, che lo distribuiscono ai cuccioli ma anche per il coinvolgimento dei maschi.

Takayoshi Kano (dell’Università di Kyoto) osservò una femmina invitare un maschio a copulare con l’evidente aspettativa che poi avrebbe diviso il cibo con lei: cosa che il maschio fece, come analogamente avviene tra le giovani coppie umane, che mangiano prima o dopo i rapporti sessuali. T. Kano riferisce anche che ebbe modo di osservare due gruppi diversi di bonobo quando giunsero nello stesso luogo di foraggiamento. La tensione fu allentata prima tra l’incontro di una femmina e un maschio appartenenti allo stesso gruppo e poi con lo strofinamento dei genitali tra la femmina di un gruppo che coinvolse varie femmine dell’altro. (*)

Questa nuova conoscenza dell’uso tra i ‘bonobo’ del sesso senza fini riproduttivi solleva interessanti quesiti sull’evoluzione dei primati, degli ominidi e degli esseri umani. Di certo questa pratica contraddice sia la convinzione del «maschio cacciatore» (secondo la quale i legami sociali trovano origini nella “caccia”) sia l’assunto che nell’organizzazione sociale dei primati e degli esseri umani il vincolo maschile sia sempre stato primario (la teoria della «natura umana»)..

Inoltre, il fatto che possiamo osservare una così diffusa pratica della condivisione del cibo tra gli scimpanzé nani (che come le altre scimmie cacciano ben poco) contraddice anche un’altra premessa fondamentale della teoria del «maschio cacciatore»: quella che la condivisione del cibo sia iniziata tra i nostri antenati ominidi soltanto quando i maschi cominciarono a cacciare. Come osserva Suehisa Kuroda (Università di Kyoto): “Il fatto che presso questo abitatore della foresta, lo scimpanzé nano, la condivisione di cibi vegetali suggerisce la possibilità che i primi ominidi della foresta avessero già acquisito un tipo di comportamento pacifico in ambito sociale ed inoltre questa stessa circostanza sembra annullare l’ipotesi secondo cui la condivisione del cibo trasse origine dalla condivisione della carne. Bisognerebbe piuttosto considerare che gli ominidi della foresta avevano già sviluppato un comportamento sociale ‘umanitario’ e, pertanto, fu loro possibile passare sul terreno aperto, dove la sopravvivenza richiede quotidiane necessità di condivisione del cibo”.

T. Kano propone anche alcune molto interessanti tesi su come si sviluppò questo comportamento sociale ‘umanitario’. La prima si riconnette al fatto che, come già detto, la condivisione del cibo é molto facilitata da quello che egli definisce: «il variegato repertorio sessuale del bonobo, per la riconciliazione e la pacificazione». La seconda riguarda la famiglia e l’organizzazione sociale: ovvero il fatto che tra i bonobo, come nelle società matrilineari pre-storiche, trattate in precedenti articoli, le madri svolgono un importante ruolo sociale. Kano, infatti, al pari di altri studiosi (Zihlman, Tanner), é convinto che furono molto realisticamente i forti vincoli madre/figlio a indurre alla condivisione del cibo anche tra gli ominidi e gli esseri umani. Egli suggerisce persino che lo sviluppo di una famiglia umana, composta da genitori e figli, si sarebbe più facilmente evoluta, se tutte le società avessero adottato questo stesso tipo di vincoli madre/figlio, rendendoli più forti e duraturi. Egli é convinto, infatti, che avendo sperimentato tale tipo di rapporti da piccoli, anche gli adulti maschi sarebbero stati in grado di sviluppare forti legami affiliativi con le femmine della stessa generazione (evitando di cadere nelle trappole del mammismo e del condizionamento paterno).

Tuttavia, come abbiamo letto e scritto in articoli precedenti, le società patriarcali fecero piazza pulita della cultura matrilineare, in nome della priorità dei principi bellici.

A questo vorrei aggiungere che un’altra caratteristica della famiglia e dell’organizzazione sociale dei ‘bonobo’ potrebbe essere servita a gruppi di ominidi prima e di esseri umani dopo, per la formazione del tipo di famiglia caratterizzata dalla condivisione del cibo e della cura della prole. Questo perché lo stesso Kano scrive che tra i bonobo la maggiore partecipazione del maschio alla cura dei piccoli (come pure più in generale il minor grado di aggressività sociale) si ricollega a quello che definisce “il prolungato attaccamento alla famiglia, in cui diventano intimi con i fratellini, le sorelline e con i compagni di giochi.”

Purtroppo lo sterminio del bonobo costituisce una perdita terribile, non soltanto in quanto specie vivente, ma anche per il necessario approfondimento dei loro comportamenti, che suggeriscono lo sviluppo di una teoria multilineare e pluralistica, circa la possibile evoluzione degli ominidi e, quindi, circa le origini della specie umana.

(*) – In “The Last Ape: Pygmy Chimpanzee Behavior and Ecology” (Pampaniscus)

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