Ma quale “Sofa-gate”? Cattiva lettura della coerenza di Erdogan

per Chanel Blanchet

Il 26 settembre del 1979, Oriana Fallaci fu la prima donna ad intervistare l’ayatolla Khomeini, leader del regime teocratico iraniano, poco incline a riconoscere diritti e dignità alle donne. La giornalista non esitò a porgli domande scomode e spinose definendolo “un tiranno” e sostenendo che in Iran la Rivoluzione non aveva portato la libertà. Chiese alla “massima guida spirituale” perché costringesse le donne “a nascondersi come fagotti sotto un indumento scomodo e assurdo con cui non si può né lavorare né muoversi”. Di fronte alla risposta misogina del dittatore “Allah è grande e Maometto è il suo profeta. Se Maometto ti chiede di coprire il collo e i capelli, li devi coprire. E chi lo nega è un cane infedele”, la Fallaci si tolse il chador che definì “uno stupido cencio da medioevo”.

Dopo oltre quattro decenni, assistiamo ad una triste involuzione della condizione femminile: la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, invece di voltare le spalle e andare via, si lascia collocare, dopo momenti di evidente imbarazzo, sul divano dell’economically correct. Indigna la necessità di genuflettersi pur di far avanzare un improbabile dialogo tra l’UE e il sultano. Patetica la scelta della von der Leyen di piegarsi di fronte ad uno sgarbo che infrange i nostri valori comunitari nonché i protocolli istitutzionali al fine di costruire un “onesto partenariato” con il leader turco. “Whatever it takes” qui proprio non ci sta.

Nessun “sofa-gate”, semplicemente la condotta coerente di un nostalgico Erdogan che è, da tempo, à la recherche dell’Impero Ottomano perdu. Solo pochi giorni fa la Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul. Il Presidente turco continua a ricattare l’Europa facendo leva sulla questione dei migranti. Poco meno di una anno fa ha lasciato morire in carcere, dopo 238 giorni di sciopero della fame, Ebru Timtik, avocatessa e attivista turca di origine curda, impegnata nella difesa dei diritti umani e arrestata con l’accusa di far parte di un gruppo considerato terrorista da Ankara. Ignora qualunque richiamo (sempre molto timido) da parte della UE al rispetto dei diritti umani.

Dunque, nessun incidente diplomatico. Piuttosto la continuità di una condotta che Recep Tayyip Erdogan segue per affermare i propri “valori” con tenacia e con quella coerenza che pare manchi a qualche rappresentante della UE. Non a caso, nello scatto felino di Charles Michel, teso ad occupare una delle due poltrone d’onore, si intravede una naturale propensione all’erdoganismo nei confronti della collega lasciata in piedi.

Uomini e donne lo si diventa, anche se non sempre, con il tempo. Sarebbe auspicabile che tale processo precedesse quello del raggiungimento di ruoli apicali. Non è, evidentemente, il caso dei due apprendisti diplomatici in missione ad Ankara.

Ma non perdiamo per questo la speranza.

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