Ma non è facile accogliere e custodire ciò che viene imprevedibile. Il suo avvento scuote la nostra pigrizia, la sua libertà contraddice la nostra naturale tendenza all’accidia, al non prendersi cura, l’obbediente adattarsi all’andare dei tempi. L’evento sgomenta, inquieta. Si cerca allora di sbarrare la porta, per quanto stretta essa sia, da cui potrebbe irrompere. O di sopprimerlo una volta apparso. Anche i pastori «temettero di timore grande» (Luca 2,9) quando la Gloria del Signore li sorprese circonfondendoli di luce, eppure l’Angelo annuncia loro «una grande gioia». Ma è necessario volerla incontrare, per goderne, muoversi verso il luogo dove è nata. La meraviglia di fronte all’evento è inevitabile, e anche il dubbio intorno al suo significato – perfino la madre e il padre non comprendono ciò che vien detto a suo riguardo (Luca 2,33), tuttavia aprono la loro mente e il loro cuore al suo annuncio e si incamminano per la strada che esso inaugura. Si pongono alla sequela del figlio poiché sentono che solo in lui vi è salvezza.

Con i pastori decidono di seguire la Stella che conduce al luogo della nascita i Magi che vengono da dove nasce il sole («apò anatolon» Matteo 2,1): da alba ad alba. Insieme ai più umili del paese ecco i più saggi degli stranieri. Matteo e Luca non lo narrano, ma è bello pensare che si siano incontrati alla mangiatoia dove il bambino giaceva, e che siano stati i pastori a offrirgli l’oro, l’incenso e la mirra che i saggi avevano portato dal loro Oriente. La saggezza nulla vale senza humilitas. Occorre essere insieme umili e saggi per riconoscere la novità che la nascita rappresenta.

Ma la nascita è immortale – e mortale invece qualsiasi potere mondano. Certo, esso può condannare all’esilio – e il bimbo dovrà ripercorrere la strada dei suoi avi. Ma viene sempre il tempo in cui l’Angelo del Signore tornerà ad annunciargli: torna nella tua terra poiché sono morti quelli che volevano la tua vita (Matteo 2,20). La nascita è segno di contraddizione con ogni potere che pretenda di ridurla al proprio ordine, di eliminarne l’imprevedibilità. Il giorno natale inaugura sempre, la sua festa dice: nulla sarà come prima. Come potranno gli Erodi sopportarlo? Nel loro mondo lui porta la spada. Simone lo profetizza: questa nascita sarà resurrezione, ma anche rovina per molti, segno di contraddizione (Luca 2,34).

Il figlio eredita la terra, è lui colui che viene. Ma non la eredita per stringerla in pugno come un esclusivo possesso. Così facevano i padri. Ma lui ci dice: condividetela – condividetela con tutti i pastori che su di essa pascolano, condividetela con gli stranieri che vi chiedono ospitalità. È un lieto annuncio, promette gioia, che riscatta dalla tristezza dell’amare solo sé stessi, dalla paura di perdere la “roba”, dall’ansia di accumularne. Perché preferisci questa tristezza, la miseria di questa vita chiusa nella caverna del proprio egoismo all’ascolto della voce degli angeli? – si chiedeva il Bimbo e da allora continua a chiedercelo ogni nascita, attendendo invano la nostra risposta.

Banksy, a Betlemme la nuova opera: il presepe “con cicatrice”. FOTO | Sky  TG24