di Alfredo Morganti – 13 maggio 2017
Allora è vero. Ogni volta che si parla di Renzi c’è un renziano che ti dice che sei ossessionato da lui. Talmente vero che stavolta è Renzi in persona a dare dell’ossessionato nientedimeno che a Ferruccio De Bortoli. Perché? Perché da bravo giornalista si occupa di chi sta al potere e lo fa senza chinare la testa. Motivo di questa reprimenda? Il fatto che De Bortoli abbia dedicato alcune righe alla vicenda Banca Etruria (ma che righe!) in un libro ben più ponderoso di tale risicato riferimento.
‘Ossessionato’, dice lo sconfitto al referendum. La verità è opposta, è Renzi a essere ossessionato da quelli che intendeva rottamare (D’Alema se lo sogna la notte), da noi poveri gufi che lo critichiamo, da chi non si sdraia a tappetino, da chi non teme la sua ‘ira’. Fateci caso, ogni tanto i giornali titolano sull’ira di Renzi verso questo o verso quello. Indicando con ciò un certo piglio autoritario, suggerendo che sono sempre gli altri a sbagliare e lui a indicare invece la linea giusta, da non transigere. Una volta un giornalista eterodosso ha raccontato che nel ventennio spesso i giornali narravano dell’ira del Duce. Sbagliavano i giornali allora a usare quel tono? Sbagliano i giornali adesso? Sbaglia Renzi a farsi profilare in quel modo, ad assumere atteggiamenti che lo distinguano stucchevolmente dai ‘vecchi’ partiti, dalle burocrazie, dagli apparati, come a dire: io voglio salvare l’Italia, loro no, non mi danno mai retta, mi ostacolano, non capiscono niente, non fanno il loro dovere, ecco perché sono incazzato.
Ossessionati? Ma certo, come no. Renzi però, e i renziani di complemento, dovrebbero sapere che l’ossessione, per essere tale, deve essere intrusiva e soprattutto sgradita al soggetto che la sperimenta. L’esperienza ossessiva, insomma, fa male a sé, è involontaria, è subita, non è mai accettata per se stessa. Mentre invece, nel nostro caso, l’opposizione al renzismo è libera, spontanea, gradita, persino piacevole, e non ha i contorni di una patologia di tipo compulsivo, al contrario. Sono molto più sofferenti i renziani che stentano a seguire il capo nei suoi ragionamenti e atteggiamenti, ma lo fanno solo perché devono campare e mantenere un certo stile di vita. Ecco, quelli soffrono, non io, non chi è uscito dal PD anche recentemente dopo aver penato in un partito che non capivano più. Io me ne sono andato nel 2013, cessata l’esperienza Bersani, e da allora sono tutto meno che sofferente e ossessionato, anzi vivo la politica come una passione, non come una condanna a vincere a tutti i costi, con l’obbligo tattico di allearsi con chiunque (destra, sinistra, centro, sopra, sotto, m’arimovo, un firmino) chiamando anche a raccolta i passanti alle primarie, o chinando la testa leoninamente. Ecco, se dobbiamo dirla tutta io non sono affatto ossessionato dalla ‘vittoria’, non penso che la politica sia come il calcio o una slot machine, né ritengo che il potere sia ‘comandare’ a briglia sciolta, col ghigno del presunto vincente, e lo sprezzo o l’ira verso chi non china la testa. Io no. Loro sì.


