Pensiero stupendo di primo mattino. Anzi: melenso

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 10 maggio 2018

“Un milione e duecentomila cavalieri, Un’enorme retroguardia elitaria di massa senza seguito, e perciò elettoralmente irrilevante”. Mi dicono che Prospero l’abbia ripresa, questa frase, dalle parti di Fiuggi, con chissà quale sconcerto degli astanti. Un paradosso, un gioco di parole, epperò sociologicamente fondata. Tanto da poter quasi alludere a qualcosa di tipico-ideale.
Tutti i trapassi di regime, specie di rilievo traumatico, lasciano sedimenti e, se c’è stato un consenso, strascichi identitari. Non v’è nulla di più denso e appassionato dell’iconografia dei vinti. Una differenza abissale fra quanto partorito dalla ruminazione dolorosa di una minoranza negletta e la piatta retorica dominante dei vincitori. Le idee dominanti sono quelle della classe dominante e se hanno largo seguito e perchè mancano di ogni fascino. Sono meramente adattive, iperrealiste e senza alternative.
Se, pensando a noi, il mito resistenziale è sopravvissuto così a lungo come una forza mnemonica attiva, è perchè non è mai diventato fino in fondo una idea dominante. Dando espressione cioè anche all’idea di un tradimento subito. Evocando quindi la necessità di un compimento (nel socialismo), ovvero di una restaurazione (della Costituzione). E’ questo il pathos che vibra nella nostra numerosa ma isolata grande pattuglia di cavalieri- Il lascito dell’esperienza straordinaria del partito comunista italiano. Caratterizzato da una durata e una molteplicità di forme militanti, corpi collettivi, dialettica di materia grigia che hanno pochi eguali nella storia.
Il quattro dicembre del 2016 questa ‘retroguardia scelta’ pensò d’aver ritrovato un popolo, e forse di essersi posta all’avanguardia di una massa, tal quale riconosciuta dalla sua cultura politica. Quanto meno d’esserci finita in mezzo. Un’illusione, presto smentita, però decisiva per fare da richiamo a un’ultima adunata. Per valicare il crinale di un passaggio di fase definitivo, il transito in un mondo politico definitivamente alieno rispetto al passato. Salvo ritrovarsi in perfetta solitudine. Necessariamente.
Molti dei cavalleggeri si pongono ora il problema del ‘che fare’. Ma in un senso molto introspettivo e decisamente non leniniano. Cioè che fare di sè. Un ‘movimento’ testimoniale, una ciurma di pirati politici scafati a ogni schermaglia, un’associazione di reduci, un ‘partito perso’ dove abbandonarsi a un indolente far nulla ?….Altrove avevo pensato, per logica inferenza, a un partito di quadri, di pura concentrazione cerebrale e insieme di penetrazione sociale. Magari organizzato in cellule (d’onde anche i ripetuti zoomorfismi cui mi sono abbandonato), Cosa di più conseguente per una retroguardia èlitaria di massa ? Ma ogni ipotesi lascia il tempo che trova. Poi è anche difficile mettersi d’accordo. Perchè, si sa, la cavalleria è nella sua natura fortemente discutidora. Probabile che alla fine ci sia un rimpasto dove ognuno accomoderà le sue preferenze. L’unica cosa che non si può ipotizzare è un ‘tutti a casa’. Dalla via che l’unica casa rimasta è questa torma itinerante.
Ho sentito che ci sarà a breve un raduno. Da qualche parte. Non credo ci andrò, ma ci sarò. E’ tutta una questione di cuore. ,

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