di Federico Leo Renzi
Chi è abituato a rilevare le minime variazioni di toni nei media filogovernativi, avrà notato un refrain in background abbastanza inquietante: tra l’iperbole e la boutade, giornalisti, parlamentari, economisti pro governo proferiscono sorridendo “Perché fare ancora le elezioni, se adesso abbiamo come premier Mario Draghi, il migliore fra quelli possibili?”.
L’ultimo ad aggiungersi al coro è Mieli, non proprio un giornalista senza visibilità e agganci con il potere. In maniera meno iperbolica la stessa domanda se la fanno i sostenitori dell’attuale esecutivo: a che pro votare ancora, se qualunque premier uscisse da una regolare votazione democratica, non avrebbe mai la competenza, il curriculum, il genio di Draghi?
In nemmeno due anni di pandemia la democrazia sembra ormai un lontano ricordo, il lusso di un tempo in cui potevamo persino perdere tempo a valutare opzioni diverse, discutere, mediare fra le diverse parti sociali e le opposte ideologie. Oggi invece l’emergenza pandemica affrontata a colpi di DPCM e violazioni di ogni diritto sancito dalla costituzione ha creato una cittadinanza che vuole un solo uomo che progetta, decide, attua e mette in riga chi non si adegua.
Un Re potremmo dire, se questa parola non urtasse la raffinatissima coscienza dei filogovernativi, che ci assicurano che Draghi è troppo socialista, progressista e liberal per pretendere onori da monarca, infatti da banchiere qual è, gli basta comportarsi come tale, lasciando le titolature e le pompe ad altri, che non avando più nessun potere reale, possono dilettarsi a giocare con quelli simbolici.



