Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino si svegliò molto presto, come sempre, per “fottere il mondo con due ore di anticipo”, ma invece di lavorare come suo solito, decise di rispondere alla lettera di studentesse e studenti che non aveva mai incontrato. Veniva da giorni terribili e lo attendevano giorni altrettanto duri, eppure quella domenica il suo primo pensiero fu per i più giovani.
Di Paolo ho tanti ricordi, personali e professionali, ma fra tutti questo episodio è quello che meglio racconta il lato umano del magistrato inflessibile che, con fiducia e generosità, credeva fortemente nelle nuove generazioni per contrastare la mafia.
Oggi, a distanza di 28 anni dall’esplosione che lo portò via insieme ad Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, viviamo con la consapevolezza che la strada da seguire è quella da lui tracciata. Perché la mafia non è ancora vinta e c’è bisogno dell’impegno quotidiano di tutti noi per sconfiggerla. Lo dobbiamo fare anche nel ricordo e nel nome di chi ha dato la vita per il bene del Paese.


