Estratto dell’articolo di Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
(…) «Scrivo lettere, ebbene sì, come Silvio Pellico, e allora? È consentito perfino ai detenuti… » si è sfogato ieri (Verdini, ndR) con gli ex parlamentari di Ala commentando il clamore che aveva suscitato sui giornali la corrispondenza. Ma fossero solo le lettere. Il fatto è che Denis si muove a tutto campo.
E chi lo pensa chiuso nella sua prigione dorata di Pian de’ Giullari, a due passi da Firenze, sottovaluta il personaggio. Mai domo, il leone Verdini. Con Matteo Salvini, il genero, compagno della figlia Francesca, e con Matteo Renzi, il canale di comunicazione non si è mai interrotto.
DENIS E FRANCESCA VERDINI FOTO BARILLARI
Il settantenne ex banchiere risiede nella nuova dimora di Via Barberini, nel cuore della città. Vede, riceve, incontra, telefona dall’ufficio di via della Scrofa, ex quartier generale berlusconiano che oggi più modestamente ospita l’ufficio della società del figlio Tommaso. Bastano un paio di stanze.
Telefonate tante, del resto non vietate dai giudici, come gli incontri. E i pranzi e le cene. Sempre al Pastation, il ristorante di Tommaso, a cento metri da Montecitorio. Un tempo il tavolo di Denis era a vista, alla sinistra dell’ingresso. Oggi per proteggere lui e gli eventuali ospiti, il tavolo viene allestito nella saletta riservata al piano di sotto.
Gli ultimi avvistati lì l’11 gennaio (e immortalati dal Fatto ) sono stati il segretario e il senatore Udc Lorenzo Cesa e Antonio De Poli. «Un caso..», minimizza il primo. Personalissime consultazioni – detestate dai ministri e dai nuovi big forzisti – al termine delle quali Verdini ha tirato le somme con Berlusconi.
Raccontandogli in queste ore che potrà contare su 455 voti di centrodestra, che all’appello ne mancano 55, ma che almeno altri venti saranno assenti per Covid, dunque il buco sarebbe di settanta voti. «E anche se conquisti una trentina dal Misto non ce la puoi fare – è stata la conclusione spietata – solo Matteo ti può salvare». Inteso come Renzi, coi suoi 46. Un’impresa, appunto. Perfino per il Sudamerica.
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Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Telefonate, tantissime. Messaggi, tantissimi anche quelli. Ci stanno: per Matteo Salvini la settimana è campale, con la prossima si capirà se esiste ancora un centrodestra. Ciò che però, fino a qualche giorno fa, lo stesso Salvini non si sarebbe atteso è una buona vecchia lettera. E invece, sulla scena arriva anche quella, pubblicata ieri mattina sul Tirreno . L’ha scritta Denis Verdini, il padre della sua fidanzata di Matteo, Francesca, e già smaliziatissimo uomo di manovra di Silvio Berlusconi.
L’ha scritta ad altri due berlusconiani assoluti e fuori dagli schemi, Marcello dell’Utri e Fedele Confalonieri. Come lui – la definizione è sua – «vecchietti arzilli come quelli di Cocoon», che «hanno ritrovato il gusto del sogno». Che è, ovviamente, Silvio Berlusconi al Colle. Condito da una considerazione personale.
I consigli
DELL’UTRI VERDINI CONFALONIERI
E dunque, l’ex coordinatore azzurro non fa mancare i suoi consigli: perché, ricorda, «finora si è giocato sul piano esclusivo della comunicazione, ma fra 12 giorni a ciò che si comunica dovrà seguire ciò che si fa, altrimenti sarà un disastro».
Verdini, da vecchio amico del fondatore azzurro, può anche permettersi critiche: con la caccia al voto il Cavaliere «ha dato informalmente certezze su presunte disponibilità di voti» fuori dal centrodestra e la sua candidatura, «ancora soltanto ipotizzata», ha «scavato una fossa» con il centrosinistra, che ora sarà tentato «dalla soluzione dell’Aventino».
IL VERTICE SUL QUIRINALE A VILLA GRANDE BY ELLEKAPPA
Gli scenari
E infatti, è proprio così. La possibilità che il centrosinistra abbandoni l’aula e lasci il centrodestra da solo a veder perdere Berlusconi è uno degli incubi ricorrenti nella Lega. Anche se, in fondo, sono pochi a temerlo davvero: «Avrebbe un senso – riflette un deputato -, metterebbe il centrosinistra al riparo dalle sorprese».
Ma, appunto, meglio ripiegare su una confortante ironia: «Sarebbe una cosa troppo “di destra”. È quello che ha fatto il Pdl nel 2013, quando i 101 fermarono Romano Prodi».
Kingmaker
Poi, Verdini parla proprio di Salvini. «Ciò che non si può pretendere», dice, è che il leader leghista «rinunci al tentativo di esercitare un ruolo da king maker. Gli si può chiedere lealtà ma non fedeltà assoluta».
Perché «un’eventuale sconfitta sul Quirinale pregiudicherebbe la sua carriera politica». Il consiglio principe è dunque quello di offrire garanzie: «Niente patti con Letta e Renzi» ma basta anche al «chiacchiericcio» sulla possibilità di sostegno a «Draghi, Amato o chissà chi altro, spaccando il centrodestra».
RIUNIONE DEL CENTRODESTRA A VILLA GRANDE
Sia chiaro: «Se Salvini o Meloni capissero che il “Nostro” ha seconde carte o piani B, sarebbe l’intero centrodestra a saltare per aria». Insomma, «Silvio deve permettere a Salvini di portare a termine l’obiettivo di eleggere un presidente di centrodestra, fornendogli tutto il suo appoggio».
Secondo Verdini, se alla quarta votazione Berlusconi avesse tutti i consensi del centrodestra, potrebbe «ritirarsi con dignità». Ma se mancassero anche quelli, «sarebbe un disastro. E ancora peggio per chi lo ha portato a questo punto».
MATTEO SALVINI E FRANCESCA VERDINI 9
Tra i dieci consigli di Verdini, la cautela da parte di Berlusconi: non faccia trapelare giudizi negativi sui possibili candidati, e riconosca a Salvini «l’agibilità politica del risultato». E in effetti, in Lega si mastica amaro: «Berlusconi ha già privato Matteo della possibilità di una partita in autonomia. E già qualcuno parla di scrivere il nome del candidato in modi creativi». Insomma, Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi e via dicendo, per rendere identificabili i votanti.
I numeri
I 1009 grandi elettori che, con voto segreto, eleggeranno il prossimo presidente della Repubblica sono i 630 deputati, i 320 senatori e i 58 delegati regionali: tra questi ultimi, 33 sono di centrodestra. Alla prima votazione servono 672 voti, i due terzi del totale.
MEME DEL PRESEPE CON MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI SILVIO BERLUSCONI
Dalla quarta, basta la maggioranza semplice di 505 voti. Secondo i conti di Verdini, Forza Italia (129 voti), Coraggio Italia (31), Lega (197), Fratelli d’Italia (58), Lupi (5, Noi con l’Italia), i regionali (33) fanno 453 voti (Verdini scrive 354). Al netto, ovviamente, dei franchi tiratori e dei contagiati dal Covid: l’epidemia entra così ufficialmente nell’elezione del Capo dello Stato. La legge elettorale La partita è complicatissima.
Perché, come dice un fidato consigliere di Salvini, «il problema non è il presidente della Repubblica, ma il quadro che porta con sé. Conseguenze per sette anni, certo. Ma soprattutto sul governo e sulla legge elettorale. Il tema è semplice: con il maggioritario, vinciamo. Con il proporzionale, non vinceremo mai più». Per questo in tanti continuano a scommettere, nonostante le loro personali preferenze, su Mattarella: «Certo, sarebbe una sconfitta per tutti. Ma meglio per tutti che solo per noi».







