QUANDO DUE PANDEMIE SI ACCOPPIANO

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

Le persone anziane sono indifese e fragili quando avvengono catastrofi naturali, ed è quello che sta succedendo durante la attuale pandemia di coronavirus 2019 (COVID-19).

Con la diffusione aggressiva della sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), il bilancio delle vittime è aumentato in tutto il mondo e particolarmente in alcune zona d’Italia. Secondo una stima, effettuata tramite una elaborazione statistica cinese, il numero potenziale di decessi per COVID-19 in una popolazione, per gruppo di età, in singoli paesi e gruppi regionali in tutto il mondo, la maggior parte dei deceduti sono ultrasettantacinquenni con problemi di salute sottostanti.

In tutto il mondo, oltre 50 milioni di persone hanno la demenza e ogni 3 secondi si verifica un nuovo caso. 1.241.000 italiani sono affetti da forme di demenza. La demenza può essere definita come una pandemia in una società che invecchia.

L’accoppiata tragica demenza e COVID-19 suscita grandi preoccupazioni per la salute delle persone affette da demenza.

Le persone affette da demenza, anche in una fase iniziale, hanno un accesso limitato a informazioni e fatti precisi sulla pandemia di COVID-19. Possono avere, dunque, difficoltà a ricordare le procedure di salvaguardia, come mantenere la distanza sociale o lavarsi le mani o non uscire dalla propria abitazione. Ignorare incolpevolmente gli avvertimenti e non osservare sempre inconsapevolmente sufficienti misure di auto-quarantena può esporli a maggiori possibilità di infezione.

Le persone anziane in Italia di solito vivono da sole o con il coniuge, a casa o nelle case di riposo.

Il distanziamento sociale è essenziale, ma per chi soffre di demenza stare all’aperto è uno strumento di cura che permette, nei momenti di maggior difficoltà, di ridurre l’ansia. È un grave problema quindi non potere uscire dalla propria abitazione. Gli strumenti di assistenza sanitaria e sociale, dalle visite mediche, ai caffè Alzheimer e centri diurni sono oggi praticamente annientati dall’emergenza, il paziente dipende totalmente dal suo familiare, il quale si ritrova così privo di quelle poche uscite che gli consentivano di prendere delle boccate d’aria, essenziali per rigenerarsi.

Il divieto all’accesso dei visitatori, altrettanto, nelle strutture residenziali per ridurre la possibilità di infezione causa che gli anziani con demenza perdano il contatto diretto con i loro familiari. Anche le attività di gruppo, le feste di compleanno, le funzioni religiose nelle case di riposo, sempre per limitare la possibilità di contagi, sono state vietate. Di conseguenza, i soggetti affetti da sindromi demenziali ospiti delle case di riposo o delle RSA sono diventati più socialmente isolati. 

A questo si aggiunge che, sotto il duplice stress della paura dell’infezione e delle preoccupazioni per le condizioni dei residenti, il livello di ansia tra gli operatori delle case di riposo è aumentato e molti stanno mostrando segnali di stress dopo ormai quasi un mese di blocco completo delle strutture.

Alcune persone con demenza infette da COVID-19 hanno dovuto ricevere cure intensive in ospedale. Un nuovo ambiente può portare a maggiori stress e problemi comportamentali.

Il delirio, inoltre, causato dall’ipossia, una caratteristica clinica peculiare dell’infezione da COVID-19, potrebbe complicare la sintomatologia della demenza, aumentando la sofferenza delle persone con tale malattia, il costo delle cure mediche e la necessità di sostegno per la demenza.

In molte realtà le Associazioni dei familiari di persone affette da Alzheimer hanno avviato servizi di consulenza gratuiti per i familiari ed i caregiver.

Come raccomandato dagli esperti internazionali sulla demenza e dall’Alzheimer’s Disease International, il sostegno alle persone affette da demenza e alle persone che li assistono è urgentemente necessario in tutto il mondo. 

Oltre alla protezione fisica dalle infezioni virali, bisogna forniti supporto per il benessere psichico e sociale. Ad esempio, gli psicologi, gli assistenti sociali, gli operatori delle strutture residenziali o dell’assistenza domiciliare devono essere messi in grado fornire assistenza sanitaria alle persone affette da demenza in modo collaborativo. All’interno di tale team, gli esperti di demenza (geriatri, neurologi, psichiatri) dovrebbero assumerne la guida e supportare tutti i componenti. 

La guida di auto-aiuto per ridurre lo stress, come l’esercizio di rilassamento o meditazione, potrebbe essere fornita anche attraverso strumenti telematici. 

I team di assistenza potrebbero supportare la gestione comportamentale attraverso le hotline telefoniche. I consulenti psicologici potrebbero fornire consulenza online agli operatori sanitari a casa e nelle case di riposo.

Ok pensare agli ospedali, ok pensare agli anziani, ma non dimentichiamoci di chi non ha memoria: le persone con demenza.

Mino Dentizzi

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