Riflessioni sparse su discussioni sinistre

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Aurora Trotta

di Aurora Trotta – 8 novembre 2017

Resistere, continuare a seguire le discussioni, diventa sempre più difficile e sempre più attività per gli addetti ai lavori.
Come gli altri attenti alla politica nonostante tutto, con molta insistenza, molto spesso forzata da un imperativo morale, seguo, leggo, ascolto, vado alle riunioni e partecipo ai dibattiti. Al momento, soprattutto nella piazza social la discussione è oberata di risentimento più che di politica e purtroppo le elezioni siciliane sono l’emblema di questa deriva, antropologica ormai.

Da un lato ci sono i piddini, che naturalmente danno tutte le colpe del loro disastroso risultato ad Art 1, come se i referendum e le controriforme le avesse fatte qualcun altro. Il problema del PD è il solito, non è un partito in buona salute, non riesce a far emergere una proposta di rinnovamento che dia sostanza a una proposta politica di centrosinistra in linea con la tendenza economica e sociale nel Paese (la proletarizzazione dei ceti medi e la polarizzazione della politica) e la tendenza della politica europea dei socialisti (la fine delle grandi coalizioni e della terza via). Il PD sta proponendo una politica fuori tempo massimo e ne sta pagando le conseguenze, non c’è nient’altro da aggiungere e il fatto che si scarichi la colpa su qualcun altro è soltanto la conseguenza di un germe autoritario che si è fatto largo nella leadership di un partito liquido e pigliatutto, direi lontano da qualsiasi norma di razionalità di una struttura organizzativa partitica. Naturalmente con la totale subalternità, divisioni e tatticismi delle opposizioni interne, che molto spesso, in moltissimi territori, le imbrigliano agli stessi renziani.

Allo stesso tempo la sinistra prende il 6% unendosi in un cartello, e quello che mi viene da dire è che non solo poteva andare peggio visto come si è arrivati alla formazione, ma che comunque è un dato di partenza di una nuova formazione in attesa di crescere e rinnovarsi. Queste elezioni siciliane mi sembrano un po’ quello che per la sinistra sono state le elezioni comunali del 2016, risultati complessivamente deludenti, dai quali non si può trarre una conclusione diversa dal fatto che una fase congressuale e “in process” di una formazione politica genera disorientamento e la disorganizzazione non permette alla campagna elettorale di funzionare nel migliore dei modi. Così bisogna prenderla, ringraziando anzi i cari compagni che si sono spesi sul territorio affinchè la cosa potesse avvenire. Naturalmente questo non vuol dire che non bisogna pensare alle cose da migliorare, anzi, deve essere l’occasione per potersi dire come continuare questa corsa in progress per poter immaginare prima o poi un punto di arrivo utile.

In primis possiamo dire che la sicilia ha dentro di sè molte delle tendenze nazionali, essendo Regione importante e non così periferica. Questo ci permette quindi, e giustamente viene fatto spesso, di fare osservazioni anche sul percorso che ci porterà alle elezioni del 2018. Ho infatti su questo alcuni moniti/osservazioni:

1) in due anni abbiamo fatto congressi, scissioni, dibattiti interni molto spesso fratricidi, a volte ponendo questioni politiche fondamentali e a volte no.
2) Art 1 ha continuato ad esasperare con dibattiti e interviste shock una situazione precaria che è quella che sempre segue una scissione, forse non la si è gestita bene, in alcuni casi è stata fatta con pochissima consapevolezza, come secondo alcune affermazioni strane e sottendenti probabilmente il pentimento della decisione presa.
3) L’unica vita possibile al di fuori del PD, se non si vuol fare una corrente ma un partito di popolo, è possibile soltanto ripensando strategie e proposta su una piattaforma radicale che significa: alleanza sociale tra movimenti, luoghi della sinistra tradizionale (vecchie e nuove generazioni in alleanza, in sintesi) e civismo. Obiettivo di tutto deve essere però il rapporto capitale/lavoro, se non anche mercato/Stato sociale.
4) In questo senso auspicabile è far partire dopo le elezioni un percorso unitario verso un partito unico della sinistra, aperto ai movimenti, quelli delle piazze dell’ alternanza scuola-lavoro, come quelli del numero chiuso, del jobs act, ecc ecc.. Basterebbe intestarsi le rivendicazioni, che sono giuste e coerenti con il nostro programma politico e i nostri obiettivi.
5) Ma per farlo bisogna essere organizzati, senza disorientamenti di sigle e comitati che hanno come solo obiettivo le elezioni.
6) Le alleanze si fanno a caldo, nel senso che si fanno con discussioni politiche accese, sui territori e a Roma, sui temi dirimenti: è necessario per questo aprirla al più presto, sui temi, sui nomi e sulle regole, affinchè si arrivi a una lista che non sia lista arcobaleno ma sforzo unitario verso la costruzione di un partito nuovo.

Questi sei punti daranno concretezza allo sforzo che ognuno di noi sta facendo in questa esperienza, darebbe senso agli strappi e ai litigi e ci difenderebbe dalle accuse, strumentali e anche ridicole di chi è troppo cinico da guardare fuori dalle cerchie di amici degli pseudo partiti (il PD).

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