RIPARTIRE DALL’ANIMA
Quanto accennerò in questo articolo e nel seguente riguarda la nostra vita interiore, questa sconosciuta. So che per mezzo dei sensi contemplo le cose del mondo e posso anche contemplare la mia esistenza corporea. Ma non mi è possibile contemplare allo stesso modo la vita e l’esistenza dell’anima. Il campo dell’anima è inaccessibile alla percezione corporea, e mentre l’esistenza del corpo è manifesta agli occhi di tutti, il mondo dell’anima lo portiamo con noi come mondo proprio. Di questo mondo proprio vorrei parlare, inaccessibile agli sguardi altrui, eppure con caratteristiche comuni a tutti.
Nella nostra vita distinguiamo con chiarezza tre campi, di essere congiunti al mondo in tre modi. Il primo modo è prestabilito, il mondo esterno è li già confezionato, e si fa presente con le percezioni sensoriali. Facciamo del mondo esterno un contenuto che ci riguarda ed ha importanza per ciascuno di noi, e questo è il secondo campo. Il terzo campo dello spirito è una meta a cui tendiamo.
Quindi già si può dire che la vita dell’anima tocca da un lato l’elemento corporeo mentre dall’altro tende alla vita dello spirito.
Che cos’è dunque la vita dell’anima? Cerchiamo di caratterizzarlo invece di dare definizioni. Il mondo esterno non ne fa parte certamente ma è causa continua di percezioni ed impressioni, e questo già fa parte della vita dell’anima. E se incontrando una persona nasce in noi interesse e simpatia, se pensiamo a lei con affetto, tali moti di simpatia e di interesse sono già per noi esperienze dell’anima. Vediamo un altro esempio. Osserviamo una buona azione e ci sembra di poterla approvare, dire che è una azione buona. Qui già c’è dell’altro. Quel giudizio deve sorgere in noi, dal nostro intimo, non lo percepiamo fuori nel mondo. Deve essere internamente vissuto, e assume allora un significato indipendente dalla nostra coscienza. In questi momenti della vita dell’anima parla lo spirito.
Sono tre esempi tipici. Il mondo esterno si annuncia per mezzo dell’elemento corporeo, l’esperienza dell’anima è puramente interiore, lo spirito si annuncia nell’intimo dell’anima.
Per seguire col discorso, vediamo allora caratterizzare tali esperienze interiori dell’anima. Che idee ci possiamo fare per descrivere il comportamento dell’anima? Qual’è il tratto fondamentale di esse, le intime manifestazioni? Magari non ci abbiamo mai pensato, ma solo due sono le attività che continuamente agitano la nostra vita interiore.
Un aspetto che possiamo mettere in evidenza è il giudicare. Giudicare è una attività dell’anima. Le altre esperienze dell’anima sono riassumibili nei moti di simpatia ed antipatia, detti anche di amore e d’odio. Tutta l’attività dell’anima si può riassumere in un giudicare, oppure vita di amore e d’odio.
Il giudicare a cui si allude non va inteso come qualcosa di logico o corretto, ma solo come processo interno, l’attività del giudicare, il verbo giudicare. Quando diciamo la rosa è rossa, oppure oggi fa freddo, oppure quel quadro è bello, svolgiamo l’attività del giudicare. A questo livello i giudizi che esprimiamo non sono necessariamente veri e corretti, ma solo esprimono quella attività. L’anima si sente spinta a far emergere l’attività che giudica, e una volta formulato il giudizio, affinché abbia un valore, dovrà poi essere valido anche per l’esterno.
Consideriamo ora l’altra attività di amore e odio. È evidente che il mondo esterno non ci rimane indifferente, che la nostra anima è continuamente toccata dai fenomeni. In un paesaggio per esempio, non scorgiamo solo il verde, le colline, la pioggia che cade. Ci accompagna dentro delle nostre esperienze un sentimento di di incanto, di accettazione. E se osserviamo una azione malvagia, e ce ne sentiamo respinti, quel che viviamo è un malcelato rifiuto, un odio. Anche un cattivo odore ci fa allontanare e si rivela come un rifiuto celato.
Nella nostra vita dell’anima giudichiamo in continuazione, in continuazione facciamo esperienze di amore e odio.
Ogni giudicare ha un effetto su di noi, un risultato. Qualcosa entra a far parte della nostra vita ulteriore come immagine, come rappresentazione con la quale continuiamo a vivere, che sussiste. Il giudicare dunque sfocia sempre in una rappresentazione, tende verso una immagine, a volte un concetto.
Riguardo i fenomeni di simpatia e antipatia, essi ci appaiono invece provenire da qualcosa che fa irruzione nell’anima, una brama, un desiderio. La brama irraggia nella nostra vita dell’anima. Che vediamo nascere? Amore e odio! Essa affiora in noi d’improvviso, e subito ne sorgono i moti di simpatia e antipatia come conseguenza.
Nel caso in cui in noi emerga un ricordo, per esempio di un evento spiacevole, insieme ad altre rappresentazioni di avversità, si osserva come tutte confluiscano suscitando una attività giudicante che permane solo all’interno dell’anima. Essendo però sorta la rappresentazione, si sono aggregati anche amore ed odio. Nulla si è aggiunto dal mondo esterno. Mentre siamo seduti e tutto ciò avviene nella nostra anima, nulla traspare di ciò che accade nel nostro intimo. L’ambiente circostante è indifferente, tutto il mondo esterno non ha significato per l’amore, l’odio e il giudizio vissuti nell’anima. Siamo per così dire nel mare della vita dell’anima.
Diversamente vanno le cose quando si tratta di una esperienza sensoria.
Dobbiamo anche e soprattutto tener conto che ai confini dell’anima qualcosa continuamente fluisce in essa, ovvero che la nostra vita poggia sulle percezioni sensorie, tutto quello che sperimentiamo delle cose esterne grazie agli organi di senso e che accogliamo. La vita dell’anima ha in effetti un confine, il confine degli organi di senso. Essi sono come delle sentinelle, e quanto ci trasmettono viene accolto e portato oltre. Cosa accade a ciò che percepiamo attraverso i sensi? Che cosa rappresenta per la vita dell’anima quello che percepiamo come suono, come colore, come sapore?
Qui bisogna prima di tutto osservare che quanto ci raggiunge dal mondo esterno è composto da due fattori ben distinti, quello che si sperimenta fino a che si ha dinanzi l’oggetto e quello che poi rimane. Lo faremo chiamando percezione quello che ci è dato dalla stessa cosa e sensazione ciò che portiamo avanti nell’anima. In breve, dobbiamo subito abbandonare la percezione del colore appena distogliamo lo sguardo, invece portiamo oltre nella vita interiore la sensazione del colore. Quando non udiamo più il suono e non vediamo più il colore, sappiamo tuttavia qual’era il suono percepito e quale il colore visto, perchè accade qualcosa che si svolge nella nostra interiorità. Possiamo continuare a portare nella nostra vita dell’anima la sensazione di una impressione cromatica, ricevuta posando lo sguardo su un colore, se essa è nella nostra anima, sì da permanere in essa. Nella vita ordinaria non si fanno tali distinzioni e non è nemmeno necessario. Ma per avere le idee chiare sul tema è necessario distinguere bene. Chiamo percezione quello che mi è dato dalla cosa stessa e sensazione ciò che porto avanti nell”anima. Subito abbandoniamo la percezione del colore appena distogliamo lo sguardo; invece portiamo oltre la sensazione del colore.
Ora ci chiediamo se queste sensazioni siano un elemento nuovo da aggiungere alle due attività del giudicare e dall’amore e odio.
Le sensazioni non sono un nuovo elemento della vita dell’anima. In esse va distinto il loro contenuto (il rosso se per esempio è stato percepito il rosso) da qualcosa d’altro, prodotto dalle due attività dell’anima, amore e odio e il giudicare.
Immaginiamo il confine dell’anima rispetto al mondo esterno. Se in questo confine c’è un oggetto che susciti un impressione di colore, dall’interiorità dell’anima le muoveranno incontro sia l’attività giudicante sia i moti di amore e odio. È come se le correnti della vita interiore si riversassero fuori e venissero trattenute dal mondo esterno. Ai confini col mondo esterno hanno un arresto. Ci deve essere una regione dove le cose cessano di operare dentro di noi: e questa è la percezione. La percezione è la capacità di portare l’operatività delle cose dentro di noi al punto nullo. Quindi la percezione si può descrivere soltanto negativamente. La percezione è un addormentarsi per l’essere umano in quanto essere pensante, La percezione è il punto in cui perdo del tutto l’essere, e perdo del tutto l’essere nella percezione affinché mi sia data la possibilità di riconquistarmi l’essere nel pensiero.
Mentre ero nella percezione della rosa cosa era avvenuto? Un addormentarmi nella rosa. Quindi la percezione della rosa è un addormentarsi nella rosa: a che scopo? Affinché ci si risvegli al processo pensante col concetto di rosa.
Ci si addormenta e ci si sveglia in un attimo. I fenomeni spirituali hanno una velocità che non è minimamente paragonabile con la lentezza, la pesantezza del mondo della gravità. Il mondo spirituale è il mondo della levità. Abituati a considerare reale solo il materiale, la pesantezza, la lentezza della materia, abbiamo difficoltà ad immaginarci un fenomeno come quello che si svolge spiritualmente ai confini tra anima e mondo esterno.
Dalla nostra anima è emerso quello che ci permette portare con noi qualcosa, un’attività da noi svolta mentre il rosso ci stava davanti.
Tale attività è la reale intima esperienza dell’anima, è la confluenza dei due elementi fondamentali già visti.
Riassumendo. Nel mare della vita dell’anima ondeggia ciò che chiamiamo attività del giudicare e amore e odio. Quando quel giudicare si acuisce fino alla rappresentazione, la vita dell’anima se ne accorge e alla fine sorge come risultato la rappresentazione. Questo accade continuamente a causa dei ricordi entro i confini dell’anima. Sorge una rappresentazione, poi un’altra, entrambe si uniscono per formarne una nuova quale giudizio, mentre intervengono moti di amore e odio. Ciò però non raggiunge i confini dell’anima, rimane all’interno dello sperimentare interiore.
Ma se l’anima lascia fluire la medesima corrente sino a raggiungere i confini col mondo fisico, essa è per così dire costretta a tener ferma la corrente della brama e quella del giudizio. Dalla loro confluenza nasce la percezione.
A ben vedere, il contenuto più ricco della nostra vita dell’anima da svegli è dato proprio dalle esperienze sensorie. È facile convincersi che quanto sperimentiamo interiormente nella maggior parte dei casi è ciò che abbiamo preso dalle esperienze dei sensi.
Abbiamo però una unica rappresentazione che ci accompagna e che affiora tra le esperienze dell’anima, ma che non deriva dalle esperienze sensorie.
E’ la rappresentazione dell’Io. Essa si accompagna alle altre, anche se sorge senza che vi debba essere una impressione esterna.
Quindi il flusso e riflusso della vita dell’anima vede due componenti, il giudicare e l’amore-odio, che confluiscono per fare emergere le sensazioni date dai sensi. Ne siamo ricolmi, le sensazioni sempre ondeggiano nella vita da svegli. Accanto ad esse compare un elemento che si distingue radicalmente da ogni altra esperienza. Nel mare delle esperienze stimolate dai sensi vediamo comparir al suo interno qualcosa che è di un genere del tutto diverso. Tutte le percezioni della vita usuale derivano da stimoli sensoriali che poi elaboriamo, da percezioni che sono divenute sensazioni e continuano a vivere in noi. Del tutto diversa è quella che vive in noi come percezione dell’Io. Essa è ovunque presente e si distingue da tutte le altre esperienze perchè non viene suscitata dall’esterno. C’è dunque un contrasto evidente. Potremmo quindi prenderne coscienza come un indizio che la vita dell’anima non è qualcosa di unitario o uniforme, ma piuttosto un teatro di continui contrasti, un drammatico campo di battaglia.
Autore: Filoteo Nicolini
Studio basato sull’Antroposofia di Rudolf Steiner
Immagine. J. Sorolla, Passeggiata in riva al mare.


