Un Matteo Salvini ululante – letteralmente ululante – interviene in Senato parlando per un quarto d’ora, di cui 14 minuti passati a insultare, attaccare maggioranza e governo senza mai entrare davvero nel merito di alcuna proposta o provvedimento – anche perché non saprebbe neanche da dove cominciare – spaziando da De Donno al “modello Svizzera”, citando quotidiani autorevoli come “La Verità”, e mettendo contro, con il suo metodo inconfondibile, i diritti degli italiani e quelli dei migranti, come se gli uni escludessero gli altri.
Sventola fogli, proposte, fantomatiche misure che salverebbero l’Italia dal tracollo, e, ogni volta che ha l’occasione di votare davvero per norme a favore degli italiani, in Italia come in Europa, vota all’opposto. Straparla di “opposizione responsabile” e poi chiama gli italiani in piazza a manifestare contro Conte a rischio della loro stessa salute.
E il ritratto che ne esce fuori è quello di un uomo e un leader disperato, in caduta libera nei sondaggi, costretto anche a scimmiottare la Meloni nelle urla – ma in un italiano più elementare – pur di farci sapere che esiste. Che esiste.
A sentirlo mentre accusa di “vergogna” chi, con tutti i limiti, sta tentando di dare risposte a un Paese nel bel mezzo di una pandemia senza precedenti, non viene neppure rabbia ma solo tristezza per un populista che era riuscito a convincere milioni di italiani a votarlo a suon di slogan, paura e fake news, e che oggi fatica a mettere insieme 10.000 persone in una diretta.
Che miseria.


