SCIENZA, DUE PESI E DUE MISURE
Osservo da tempo una differenza di trattamento nei riguardi della scienza. Mesi addietro tanti scienziati, non solo italiani, rivolsero un appello con una lettera aperta ai giornalisti affinché spiegassero ai lettori le cause della crisi climatica e le possibili e urgenti correzioni degli effetti, così come oggi la stessa scienza riconosce. C’era in quella lettera una importante critica agli addetti ai lavori per le responsabilità che hanno.
La lettera aperta mi sorprese, non solo per la gravità della situazione segnalata, ovvero la crisi climatica e la mancata diffusione di notizie certe sulle evidenti cause, ma anche perché si intravedeva una interessante presa di coscienza, necessaria e benefica per allargare il dibattito spesso soffocato sull’impatto delle tecnologie, celebrate e pubblicizzate senza approfondimenti. La scienza insomma riconosceva tra le cause della emergenza climatica l’impatto tecnologico di cui pur essa è motore e sostegno. Ci si può interrogare a questo punto sul valore delle notizie che i giornali danno, rivolte a enumerare i danni ma carenti del necessario approfondimento. Salvando pochi casi isolati, forse i giornali non assolvono la loro funzione di informare senza riserve né autocensure? Hanno ancora una funzione da compiere giornali e mezzi di comunicazione? I firmatari rispondevano affermativamente e noi con loro.
La dicotomia che osservo è l’atteggiamento a dir poco opportunistico di mezzi di comunicazione e classe politica. Tutti ricordiamo i giorni del Covid quando la scienza fu celebrata come l’unico faro sicuro, l’unica bussola a cui la stessa classe politica si affidò, mani e piedi, pubblicamente e con la martellante copertura mediatica, per uscire dalla pandemia limitando mortalità e contagi. La scienza fu celebrata a destra e a manca, pur se non mancarono voci di dissidenza. Ci fu dibattito serrato sulla scienza medica e la sua affidabilità. Si diceva: la medicina è affidabile e si prende cura di noi, vulnerabili ed esposti a danni. La vaccinazione di massa inevitabilmente comporta rischi ed effetti collaterali che possono essere ridotti con nuove tecniche e migliori controlli. L’esitazione vaccinale mise intanto radici nelle incongruenze della vigilanza farmacologica relativa alla vaccinazione di massa. Sapevamo abbastanza dal punto di vista clinico per potere valutare i vaccini?
La domanda che si pone: come ne uscì la scienza una volta passata l’emergenza? Qui per scienza devo intendere la medicina, la farmacologia, l’epidemiologia, la virologia, la biologia medica, la medicina di assistenza. Si erano ormai formati due bandi, e ciascuno rafforzò le proprie convinzioni e punti di vista. Forse nacque ora una certa diffidenza rispetto all’autorevolezza della scienza, ora nel suo complesso non più limitato all’ambito della medicina. Forse da qui deriva il fatto che autorevoli scienziati stentino oggi a farsi udire rispetto all’emergenza del clima, ritenuta grave e minacciosa con innumerevoli prove ed evidenze.
Ma è pur vero che la classe politica, i grandi poteri, il capitale si servono a piacimento della scienza, invocandola e asservendola in certi casi, minimizzandola e ignorandola in altri. Oggi da più parti si sente dire che l’ecologismo causa deindustrializzazione! Che occuparsi delle minacce climatiche distoglie dai veri problemi sociali e politici.
Ritornando all’appello citato, ogni volta che c’è una presa di coscienza e si apre un dibattito nella comunità scientifica, questo è un momento di apertura che va celebrato e sostenuto, perché si rivolge non solo ai responsabili dell’informazione, editori e giornalisti, ma anche alla comunità scientifica in quanto tale. Io lo leggo come un momento di autocoscienza. Se ne parlerà magari nei licei e nelle scuole? Mi auguro che l’emergenza climatica venga approfondita proprio nei luoghi di formazione.
Vengono alla memoria quegli anni 60 e 70 quando furono numerosi i fisici nel mondo che si impegnarono in azioni critiche sul rapporto tra scienza e guerra e le consulenze al Pentagono. Ci sarebbe anche da riflettere, oggi come oggi, su tutta la potenza della tecnologia, figlia della ricerca, riversata nella guerra, di sconcertante attualità. Uno scienziato che pensi di essere neutrale e non si occupi delle conseguenze del suo lavoro è inattuale. Vista così, alla scienza certamente compete la diffusione del modo di pensare critico e l’argomentazione razionale, ma anche la valutazione costante delle ricadute sociali. E l’emergenza del clima è la più macroscopica ricaduta sociale che possiamo immaginare.
FILOTEO NICOLINI


