Shlein:  «Il referendum è una battaglia giusta per la sicurezza sul lavoro, contrasto alla precarietà e cittadinanza. Ed è un’occasione per cambiare in meglio l’Italia. I tatticismi esasperati li lascio a Meloni, lei spera di intestarsi il fallimento del referendum: non i voti, ma gli astenuti. È una vergogna. Nessuna ambiguità nella piazza a Gaza, l’obiettivo è fermare l’azione criminale di Netanyahu»

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Niccolò Carratelli
Fonte: La Stampa

Shlein:  «Il referendum è una battaglia giusta per la sicurezza sul lavoro, contrasto alla precarietà e cittadinanza. Ed è un’occasione per cambiare in meglio l’Italia. I tatticismi esasperati li lascio a Meloni, lei spera di intestarsi il fallimento del referendum: non i voti, ma gli astenuti. È una vergogna. Nessuna ambiguità nella piazza, l’obiettivo è fermare l’azione criminale di Netanyahu a Gaza»

La manifestazione per Gaza, il referendum, i ballottaggi delle amministrative. Elly Schlein, segretaria del Pd, è un fine settimana dal forte significato politico: lunedì sarà soddisfatta se?

«Se tante persone parteciperanno, se in tanti andranno a votare, se riusciremo a rendere l’Italia un Paese più giusto. Siamo tutti impegnati per provare a mobilitare anche chi si è astenuto alle elezioni europee. In passato i referendum hanno avuto successo quando toccavano questioni importanti per la vita delle persone, come il nucleare o l’acqua pubblica. Ora si parla di sicurezza sul lavoro, contrasto alla precarietà e cittadinanza».

Dicono che, in realtà, lei si accontenterebbe di 12 milioni di votanti, gli stessi che hanno scelto il centrodestra alle ultime Politiche: è vero?
«L’obiettivo è raggiungere il quorum, serve almeno il 50% più uno per far contare il voto di tutti. Io non metto mai asticelle, lo sapete».

Ma, se non raggiungete il quorum, da destra esulteranno per la vostra sconfitta. In particolare, sua e di Maurizio Landini.
«Questa è una battaglia giusta. Ed è un’occasione per cambiare in meglio l’Italia. I tatticismi esasperati li lascio a Meloni, lei spera di intestarsi il fallimento del referendum: non i voti, ma gli astenuti. È una vergogna. E questo è il rispetto che la premier ha per le persone che sperano che il loro voto valga qualcosa. Del resto, ha dimostrato di avere paura del voto dei cittadini, è fuggita a gambe levate e non ha avuto il coraggio di dire semplicemente che è contraria».

Ha detto che è «contrarissima» a dimezzare i tempi della cittadinanza.
«E allora perché non vota no? E, già che c’è, ammetta di essere contraria anche ad aumentare la sicurezza per i lavoratori e a contrastare la precarietà. D’altra parte, da quando è al governo i precari sono aumentati. Pur di non esprimersi nel merito, da destra sento dire che il referendum sarebbe una resa dei conti a sinistra: nulla di più falso».

Non solo da destra, l’ha detto anche Paolo Gentiloni a La Stampa: «Una resa dei conti nel nostro album di famiglia». Insomma, una roba che guarda al passato e non interviene sui problemi del presente, come gli stipendi troppo bassi. Sbaglia?
«La precarietà del lavoro mi pare un problema quantomai attuale, anche le recenti raccomandazioni della Commissione europea si sono concentrate su questo punto, criticando l’Italia. La verità è che questi referendum parlano molto del presente e del futuro. Poi è chiaro che non sono esaustivi: bisogna lavorare in Parlamento, come stiamo già facendo con le altre forze di opposizione, su varie proposte, dal salario minimo alla settimana corta al congedo paritario. A luglio con Andrea Orlando presenteremo anche le nostre proposte di politica industriale. Ma, finché i numeri in Parlamento sono questi, i referendum sono un’occasione per provare a cambiare le cose».

 

 

Quanto rimanete ancora all’opposizione? Lei ha detto che spera che Meloni cada prima del previsto, conferma?
«Lo spero, penso sia possibile, visto quanto stanno facendo male al Paese. Hanno dimostrato di non saper dare risposte alla grande questione salariale, lavorativa e sociale che c’è in Italia. E nascondono i loro “buchi” dal punto di vista economico usando sempre lo stesso schema: scelgono un nuovo nemico e inventano nuovi reati. Avessero messo un euro sulla sanità pubblica per ogni reato inventato, avremmo meno liste d’attesa. Il decreto sicurezza, in realtà, è un decreto repressione, che punta a fermare il dissenso di tutti quelli che non hanno avuto le risposte che aspettavano: i malati che non sanno come curarsi, i lavoratori poveri, gli operai, gli studenti».

Ammettiamo che Meloni possa davvero andare in crisi. Voi non sembrate così pronti, lo sa?
«Noi ci faremo trovare pronti, abbiamo già dimostrato di saper governare bene insieme città e regioni importanti, unendoci su progetti concreti. Lo possiamo fare benissimo anche a livello nazionale».

Ma a livello nazionale c’è da mettersi d’accordo anche sulla politica estera, su cui avete qualche frizione, no?
«Una manifestazione unitaria per chiedere la fine del massacro a Gaza non è politica estera? Anche su questo terreno abbiamo fatto passi avanti. E poi, a dirla tutta, sulla politica estera a destra sono più divisi di noi, hanno tre posizioni diverse, eppure governano. Sa qual è la differenza? Loro si accordano o litigano per questioni di potere, tipo il terzo mandato, noi cerchiamo l’accordo sulle cose concrete da fare per gli italiani».

Quale sarebbe la manifestazione unitaria su Gaza? Italia Viva e Azione ne fanno un’altra oggi a Milano: non si poteva proprio trovare il modo di stare tutti insieme?
«Noi come Pd, insieme a M5s e Avs, abbiamo sentito la responsabilità di chiamare la piazza di sabato a Roma per rispondere a un’esigenza, che sentivamo salire forte dal basso, dai nostri militanti ed elettori. C’è stato un percorso fatto in Parlamento con una mozione unitaria, che si è tradotta in una piattaforma completa e senza ambiguità. Poi ben vengano iniziative diverse, sempre con l’obiettivo di fermare l’azione criminale di Netanyahu a Gaza».

I punti che Calenda e Renzi chiedevano di esplicitare meglio sono già presenti nella vostra piattaforma. Non si potevano aggiungere due righe e mettere tutti d’accordo?
«Dal sostegno agli israeliani che protestano contro il governo Netanyahu alla vicinanza ai palestinesi che si ribellano ad Hamas, alla condanna del 7 ottobre, c’è tutto. Chiediamo il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, gli aiuti umanitari e il riconoscimento della Palestina. L’accusa di non essere abbastanza netti nel combattere l’antisemitismo è davvero inaccettabile per la nostra intera storia: denunciare i crimini di Netanyahu non è antisemitismo».

Un’accusa che potrebbe piovervi addosso sabato sera, se in piazza qualcuno si lascerà andare a parole o gesti impropri, tipo bruciare una bandiera israeliana. È preoccupata?
«Noi ci siamo assunti la responsabilità di questa piazza. Tocca a noi saperla gestire, presidiare e proteggere, anche dalle strumentalizzazioni. La piattaforma è chiara e non ci sarà spazio per altro».

 

 

Il rischio c’è sempre, come dimostra la vicenda di Pina Picierno, finita sotto scorta per le minacce ricevute anche dalla galassia Pro-Pal. Vi siete sentite?
«Ho chiamato Pina per farle avere la nostra solidarietà, so che non si lascerà intimidire dalle odiose minacce subite».

Con Renzi e Calenda vi siete divisi su Gaza, dopo le vittorie unitarie a Genova e Ravenna: per il futuro si cercherà la coalizione larga o, come sostiene Conte, basta il trio Pd-M5s-Avs?
«Noi continueremo a essere testardamente unitari. Se riusciamo a costruire un programma condiviso, a definire un perimetro partendo non dalle sigle ma dai temi concreti, battiamo la destra, come a Genova e a Ravenna. Poi, certo, oltre all’unità serve la coerenza di avere un programma comune per riuscire a governare insieme».

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