Terzo Valico. L’altra Tav

per Gabriella
Autore originale del testo: Mauro Ravarino
Fonte: il manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/le-valli-resistenti/

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TERZO VALICO, L’ALTRA TAV – di MAURO RAVARINO – ed. ROUND ROBIN

Stralci dal volume «Terzo Valico, l’altra Tav», per Round Robin editrice

E che qui l’aria ha un sapore par­ti­co­lare. Magari capita di incon­trare Lina Camussa, mae­stra in pen­sione, che a bordo della sua Ape Piag­gio volan­tina nel cen­tro del paese o tra­sporta le sedie dal pre­si­dio di Radi­mero, dove dovrebbe inse­diarsi la talpa per sca­vare il tun­nel, al cir­colo dei No Tav, che è stato inau­gu­rato a ini­zio 2015 in via Libarna, nel cuore del borgo. Il suo bat­te­simo di fuoco, asso­lu­ta­mente non­vio­lento, è avve­nuto il 10 luglio del 2012, durante i bloc­chi con­tro gli espro­pri del Cociv.

Una gior­nata particolare

«Era la prima volta che par­te­ci­pavo a un’azione di disob­be­dienza. L’appuntamento era per le 8 a Libarna, fra­zione di Ser­ra­valle Scri­via. Non ero spa­ven­tata. In realtà non avevo la più pal­lida idea di cosa sarebbe suc­cesso. Sono arri­vata tra­fe­lata davanti alle abi­ta­zioni il cui ter­reno era sog­getto ad espro­prio. Era­vamo in tanti. Ci siamo dispo­sti davanti al can­cello di Jole Peras­solo e, poco dopo, sono arri­vate due mac­chine del Cociv da cui sono scese due per­sone. Tutti gri­da­vano e, a quel punto, anch’io l’ho fatto. È stata una gior­nata par­ti­co­lare: la mia prima volta. Dav­vero emo­zio­nante. Era­vamo paci­fici ma deter­mi­nati. E chi non lo era, lo è diventato».

Lina aveva vis­suto per molti anni vicino allo sta­bi­li­mento Cemen­tir di Arquata, cemen­ti­fi­cio prima dell’Iri e poi del Gruppo Cal­ti­gi­rone. «Con i miei geni­tori abi­tavo in loca­lità Cam­pora, che dal 1959 ha ospi­tato in mezzo alle case il fab­bri­cone. Da quel momento la nostra vita è diven­tata piena di pol­vere. Ce n’era dap­per­tutto. E pro­prio lì, nella casa che mio papà aveva costruito mat­tone su mat­tone, è nata la mia sen­si­bi­lità verso il pro­blema dell’inquinamento, il mio spi­rito ambien­ta­li­sta. Per quella parte del Comune era una vita grama con odori e rumori mole­sti a ogni ora del giorno. Io me ne sono andata via a 23 anni, ma non ho dimen­ti­cato la que­stione. Gra­zie alle pro­te­ste degli abi­tanti si è arri­vati final­mente a un processo».

Una vita piena di polvere

A giu­gno del 2015 le lamen­tale dei cit­ta­dini di Cam­pora hanno avuto una rispo­sta: la Cas­sa­zione ha rite­nuto Leo­nardo Lau­ri­cina, ex diret­tore dello sta­bi­li­mento a pro­cesso per la seconda volta per fatti ana­lo­ghi, respon­sa­bile dei danni arre­cati alla popo­la­zione per le emis­sioni delle pol­veri tra il 2008 e 2010, con­dan­nato al paga­mento delle spese pro­ces­suali e al rim­borso di quelle soste­nute dalle parti civili.

Arquata Scri­via è un cen­tro ben più antico di quel fab­bri­cone, che al tempo sem­brava in grado di risol­vere ogni pro­blema. Il suo nome com­parve per la prima volta su docu­menti uffi­ciali nel 1077, quando l’imperatore Enrico IV aveva comu­ni­cato il pos­sesso del vil­lag­gio a Ugo e Folco d’Este. L’appellativo di “Arquata” deriva, pro­ba­bil­mente, dal latino arcus e, come spiega il sito del Comune, si rife­ri­sce alle arcate che scan­di­vano l’acquedotto romano. La cit­ta­dina ales­san­drina si svi­lup­pava nel ter­ri­to­rio anti­ca­mente domi­nato dalla città romana di Libarna, lungo la Postu­mia: via con­so­lare che col­le­gava Aqui­leia a Genova pas­sando per Vicenza, Verona, Cre­mona, Pia­cenza, Voghera, Tor­tona e attra­ver­sando gli Appen­nini, nei pressi del passo della Bocchetta.

A favore del Terzo Valico

Arquata, oltre ad aver dato i natali un po’ “per caso” a Peppe Ser­villo, musi­ci­sta caser­tano voce degli Avion Tra­vel e fra­tello di Toni, attore di cinema e tea­tro di fama inter­na­zio­nale, è il Comune d’origine di Enrico Morando, vice­mi­ni­stro dell’Economia nel governo Renzi, e poli­tico di lun­ghis­simo corso (Pds-DsPd). Soste­ni­tore del Terzo Valico, il sena­tore nel 2012 motivò così la sua posi­zione in un’intervista a un perio­dico locale: «Sono nato in un paese, Rigo­roso di Arquata, dove erano tutti fer­ro­vieri, e mi inse­gna­rono che le fer­ro­vie sono di sini­stra, e le auto­strade di destra. Devo dire che, anche alla luce di una suc­ces­siva sen­si­bi­lità di tutela ambien­tale, sono rima­sto di quell’opinione».
Vox populi vuole, però, che sia riu­scito a far stral­ciare dal pro­getto ori­gi­na­rio una gal­le­ria di ser­vi­zio (la fine­stra di Rigo­roso) a due passi da casa pro­pria. Insomma, si può essere nimby e a favore. Ma tor­niamo alla ex mae­stra, Lina Camussa, che da un pezzo è una No Tav. Lon­tana dagli ste­reo­tipi tele­vi­sivi che vor­reb­bero il mili­tante con­tro il treno veloce incap­puc­ciato o trinariciuto.

Nel movi­mento No Tav

È una signora mite che rac­conta con dol­cezza la sua avven­tura nel movi­mento. Seduta su una sedia nella nuova sede di via Libarna, piena di foto­gra­fie, pac­chi di volan­tini e dove gli atti­vi­sti si riu­ni­scono ogni set­ti­mana, spiega quali furono le sue prime per­ples­sità nei con­fronti dell’opera: «Una gal­le­ria di 27 chi­lo­me­tri, a cui se ne aggiun­geva un’altra sotto Ser­ra­valle, avrebbe scon­volto l’assetto delle falde acqui­fere. Andando, poi, a cono­scere i dati di traf­fico merci e le pre­vi­sioni gon­fiate mi sem­brava tutto sto­nato. La volontà di pas­sare il tra­sporto da gomma a ferro non era sincera».

Alle sue spalle, lavora senza mai stan­carsi Tiziana Patri, com­pa­gna di Ales­san­dro, anche lui atti­vi­sta, e mamma di una bimba, Ada, di 6 anni. Vivono a Moriassi, vicino a uno dei can­tieri della grande opera. Saliamo in mac­china e mi porta vicino alle reti. Appena lasciato il capo­luogo del Comune le strade si iner­pi­cano, ma senza troppi strappi. «Lo sma­rino – rac­conta Tiziana – viene depo­si­tato a due­cento metri da casa nostra e ogni giorno pas­siamo nei pressi del can­tiere, facendo la chi­cane tra i camion. Tutti sanno che siamo No Tav, gli ope­rai, il capo can­tiere. Leggo il loro labiale, il clima non è sereno. Spesso ci siamo chie­sti se sarebbe stato sano con­ti­nuare, soprat­tutto per nostra figlia. O se era meglio andar­sene. I bam­bini sono spu­gne. Ada un giorno al buio mi ha detto: “Mamma io da grande avrò due bam­bini, pro­ba­bil­mente gemelli, non so se un maschio e una fem­mina, ma ti dico una cosa, abi­terò ancora a Moriassi”. È stato un momento di forte com­mo­zione. E, in una fase di stanca, mi è tor­nata la determinazione».

Un fal­done determinante

La sco­perta del Terzo Valico, che allora era ancora Milano-Genova, per Tiziana avviene all’inizio degli anni Novanta, quando un amico che lavora in un uffi­cio tec­nico si vede arri­vare sul tavolo le carte rela­tive alla futura opera. «Mi informò per­ché mi avrebbe riguar­dato da vicino e capii subito che quel fal­done mi poteva dra­sti­ca­mente modi­fi­care la vita. È così comin­ciata un’avventura che ha avuto alti e bassi, annunci e stop. Solo negli ultimi anni la pro­te­sta ha acqui­stato inten­sità e il nostro quo­ti­diano ne è stato invaso. Ora siamo una comu­nità. È impor­tante con­fron­tarsi con gli altri, con per­sone con sen­si­bi­lità diverse, per­ché ognuno di noi si inca­stra con l’altro. Siamo un puzzle».

Clau­dio Sanita è il lea­der del movi­mento No Tav Terzo Valico, anche se pre­fe­ri­rebbe non vedersi affib­biata quest’etichetta, ma è un dato di fatto. E lui non lo dà a pesare. E pen­sare che, a fine anni Novanta, Tiziana e Clau­dio si erano tro­vati su fronti oppo­sti in un’accesa discus­sione, a mar­gine di un’assemblea ad Arquata. Quel giorno del 1998 qual­cosa cam­biò per sem­pre: «Me la ricordo come se fosse adesso – rac­conta Clau­dio, classe 1978 e arqua­tese doc – io mili­tavo in Rifon­da­zione comu­ni­sta, ero il gio­vane segre­ta­rio locale e, come il mio par­tito, non avevo ancora una posi­zione chiara nei con­fronti dell’infrastruttura. Rimasi scosso da quel con­fronto. Com­presi che senza la par­te­ci­pa­zione e il con­senso delle per­sone non si fa nulla. Che l’autonomia del poli­tico era una balla. Mi dimisi da segre­ta­rio di Arquata, qual­che anno dopo anche dal par­tito. E lì nac­que il mio cam­mino movi­men­ti­sta che mi portò prima al G8 di Genova e, poi, nel mondo dei cen­tri sociali. Il mio era e resta un per­corso col­let­tivo, mai soli­ta­rio, ricco di domande, come ci aveva inse­gnato lo zapa­ti­smo, che fu sto­ri­ca­mente la prima grande lotta per un mondo diverso dopo il crollo del muro di Ber­lino e la giu­sta scon­fitta del modello comu­ni­sta sovie­tico. “Abbiamo le armi, ma non le vogliamo”, dice­vano i mili­tanti dell’Ezln, l’Esercito Zapa­ti­sta di Libe­ra­zione Nazio­nale. E il sub­co­man­dante Mar­cos soste­neva: “Quello che cer­chiamo, quello di cui abbiamo neces­sità, quello che vogliamo è che tutta la gente senza par­tito né orga­niz­za­zione si metta d’accordo su ciò che vuole e si orga­nizzi per otte­nerlo, pre­fe­ri­bil­mente per vie paci­fi­che e civili, non per pren­dere il potere ma per eser­ci­tarlo”. Ecco per­ché la mia cri­tica al Terzo Valico nasce da pro­blemi di ordine demo­cra­tico e di rap­pre­sen­tanza poli­tica. Per­ché, con­ti­nuo a chie­dermi, un’opera immensa non viene discussa?».

Un osser­va­to­rio privilegiato

La par­ti­co­la­rità di Clau­dio è che è anche un fer­ro­viere: mac­chi­ni­sta dal 2001 al 2006 e, poi, impie­gato ad Ales­san­dria. «Lo sono diven­tato per caso. Dopo il diploma ho ini­ziato a lavo­rare in fab­brica. Una notte men­tre tor­navo a casa, tro­vai mio padre ancora sve­glio. Si avvi­cinò e mi disse, domani vai a Torino e provi a dare il con­corso in fer­ro­via. Devo ancora dir­gli gra­zie». Dipen­dente di Tre­ni­ta­lia, tra­sporto regio­nale, si è tro­vato in un osser­va­to­rio pri­vi­le­giato: «In 14 anni ad Ales­san­dria molte linee peri­fe­ri­che sono state chiuse. Non ci sono abba­stanza treni merci, tut­tora in dimi­nu­zione, per moti­vare la costru­zione del Terzo Valico. La stra­grande mag­gio­ranza dei fer­ro­vieri pensa che sia un’opera assurda, non c’è nes­suno in Europa che pro­getti una linea che con­tem­pli sia Alta capa­cità sia Alta velo­cità. Ed è bene ricor­dare come i carri merci in Ita­lia non supe­rino i 120 km/h di velo­cità. Il Terzo Valico, boc­ciato più volte nel corso degli anni, non nasce da una necessità».

Il 15 dicem­bre del 2005 va in scena il primo embrione di quello che Clau­dio Sanita chiama la seconda vita del movi­mento con­tro il Terzo Valico. In occa­sione del con­si­glio pro­vin­ciale di Ales­san­dria, al diniego di poter inter­ve­nire come No Tav al dibat­tito, venne orga­niz­zata una con­te­sta­zione con il lan­cio di volan­tini. Rifon­da­zione votò con­tro, i Comu­ni­sti ita­liani si asten­nero e i Verdi, non pre­senti in Con­si­glio, tol­sero il loro appog­gio al pre­si­dente Paolo Filippi (Mar­ghe­rita) a capo della coa­li­zione di cen­tro­si­ni­stra. La Pro­vin­cia, nono­stante i costi lie­vi­tas­sero sem­pre più, approvò il Terzo Valico.

«Si pas­sava dalla bat­ta­glia spe­ci­fi­ca­ta­mente ambien­ta­li­sta a quella popo­lare. L’esempio era la Val di Susa, il modello non era certo espor­ta­bile, ma l’attitudine sì. Il 2005, con la bat­ta­glia di Venaus, mutò modi e stili nell’opposizione alle grandi opere. Ritengo sia stato un pas­sag­gio cul­tu­rale: la pro­te­sta non era solo di asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste, secondo una strut­tura nove­cen­te­sca, ma si chie­deva a tutti di esserci. Nel 2012 repli­cammo il modello val­su­sino dei comi­tati divisi Comune per Comune, che segna­rono la matu­rità del nuovo movi­mento. Ma prima ci fu il caldo aprile del 2006». (…)

 
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