Una nuova sinistra (anche se a me l’aggettivo ‘nuova’ non piace)

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 26 marzo 2019

Per alcuni il bicchiere di amaro lucano è mezzo pieno, per altri è mezzo vuoto. La verità è un’altra, e non c’entra il bicchiere, semmai il suo contenuto. La verità è che la sinistra sta vivendo la più grossa (e fatale) crisi degli ultimi decenni. E la prova è già nei numeri, prima ancora che nei fatti considerati nella loro durezza: i voti che perde 5stelle a sinistra non ci ritornano, semmai vanno a rafforzare la destra di Salvini. A dimostrazione che la crisi è di sistema, e la sinistra oggi è collocata proprio nell’epicentro del sisma. Il male è qui, dentro di noi, dunque. Ed è un male riflesso, perché rispecchia i grandi sommovimenti sociali, le trasformazioni epocali, la nuova epoca storica, le mutazioni in corso, il passaggio di stato, che è partito negli ultimi decenni del secolo scorso e si è consolidato nel presente. I caratteri della fase sono palmari, evidenti, sotto gli occhi di tutti: la globalizzazione, la sovranità dei media, la potenza dei social, il carattere più riflessivo della società, le mutazioni che hanno toccato la democrazia, il ruolo crescente (in negativo) delle periferie, la frammentazione sociale, la crisi del ceto medio, l’individualizzazione, le grandi novità geopolitiche e geoeconomiche. Altri caratteri sono rimasti gli stessi, invece, anzi si sono rafforzati: la povertà, le disuguaglianze, il disagio sociale, lo sfruttamento, la marginalizzazione di interi popoli e classi.

Ovviamente ci si divide in due drappelli. Quelli che insistono sulle novità e quelli che invece mettono in risalto ciò che permane. Forse la soluzione migliore è quella di porre le povertà (nuove e vecchie), le disuguaglianze e gli sfruttamenti, in una cornice di novità che serva a reinquadrarli, non a cancellarli per aprire la strada ad nuove magnifiche sorti e progressive. Nessun progresso tecnico potrà mai escludere e offuscare lotte, contraddizioni, scontri, ruvidezza e disagio sociali, ultimi e penultimi della fila, dal binocolo della politica. Le tante pieghe della società, i suoi ‘incartocciamenti’, le sofferenze e le marginalità restano lì, indifferenti e immemori delle ideologie per quanto evolute o nuove di zecca. Il piano non si alliscia. La politica deve comunque acconciarsi a governare il castello di contraddizioni e i disagi (nuovi e vecchi) che la realtà ci propone instancabile. Guai a pensare che la tecnica, i saperi, le macchine, i media possano risolverci problemi ‘umani troppo umani’. È questa la sfida della sinistra, che non può (e non deve) pensare, come la destra, che si tratti solo di gestire le ambizioni personali di questo o quell’imprenditore politico, perché tanto la società va bene così com’è. È la sfida di chi, invece, a condizioni in parte mutate e in parte invariate, dovrà impegnarsi a rimuovere ciò che ostacola l’uguaglianza e ciò che introduce iniquità e ingiustizie. Mestiere vecchio, quello della sinistra, ma costretto a orizzonti e strumenti nuovi, a scenari e contesti inediti, e a rotture epocali. Senza però cadere nel nuovismo: ennesima ideologia utile a lasciare tutto così com’è.

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