Una politica da curvaroli
Nel corso del dibattito sul decreto scuola è comparso in Aula uno striscione (“Azzolina bocciata”) mentre i parlamentari della Lega si ammucchiavano ed esultavano attorno come se avesse segnato Salvini. L’emiciclo dava l’idea di una curva da stadio in pieno clima partita. Voi direte: stai usando una metafora per descrivere lo stile deprecabile dell’opposizione! No, affatto. È letterale. Perché in strada, intanto, i curvaroli veri e la destra estrema, manifestavano contro il governo in un modo, direi, molto chiassoso e sopra le righe.
C’è come una linea ideale (anzi reale) che unisce la curva vera e la curva parlamentare della destra, un effetto specchio alto-basso, che si sta manifestando chiaramente dinanzi agli occhi di tutti. La curva del Parlamento e quella degli stadi si sono sovrapposte inveendo contro il governo ed esprimendo una filosofia e uno stile comune: la caciara e la rissa oltre ogni stile argomentativo.
Il mio monito al governo e alle forze della coalizione è questo: se per caso vi venisse in mente di sollevare il tono della polemica interna al punto da mettere in discussione l’alleanza (e quindi l’esecutivo) – e se per caso ci spediste alle urne per mera leggerezza (stoltezza) politica, allora sarebbero davvero guai. Vorrebbe dire che ci avete gettato in pasto alla curva: in pasto alla folla e alla bolgia di questa curva che strepita in Aula e fa chiasso in modo scomposto al Circo Massimo. E nello stesso tempo avreste consentito la fusione tra mondo delle imprese e curvaroli. Sarebbe un errore imperdonabile, l’ultimo possibile, quello definitivo. Sapevatelo.


