Uno scontro che rischia di esporre il Quirinale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Massimo Franco
Fonte: Il Corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/politica/15_febbraio_14/scontro-che-rischia-esporre-quirinale-13e128f8-b41d-11e4-9e87-eea8b5ef37a3.shtml

di Massimo Franco 14 febbraio 2015

Lo spettro delle urne dietro il muro contro muro. Renzi pronto a minacciare il voto per piegare il Parlamento. Mattarella si prepara a incontrare i leader dei partiti.

La domanda da porsi è se la brutta pagina scritta in queste ore dal Parlamento sia figlia dell’incapacità di controllare la situazione, o di un progetto di rissa studiata a tavolino. Il risultato è comunque devastante, per l’immagine delle istituzioni; e politicamente arrischiato sia per le opposizioni che hanno cercato di bloccare le riforme con metodi discutibili, sia per un governo e una maggioranza incapaci di fermare questa spirale. L’immagine di FI, M5S, Lega, Sel che compattamente lasciano l’Aula della Camera per protesta contro la votazione di norme costituzionali non condivise, è uno strappo. Il nuovo capo dello Stato, Sergio Mattarella, riceverà martedì i partiti d’opposizione: incontri concessi su uno sfondo di esasperazione e di mancanza di dialogo, che scaricheranno ancora una volta sulle spalle del Quirinale una mediazione complicata. Beppe Grillo già attacca il silenzio di Mattarella. E Palazzo Chigi non sembra a caccia di compromessi, almeno finora. Renzi non prevede arretramenti. «C’è un tentativo di bloccare il governo. Va bene il dialogo», avverte, «ma non accettiamo ricatti».

Il premier vuole arrivare al «sì» alla riforma del Senato entro oggi. Ma c’è da chiedersi se questa fretta non renda più difficile una modifica della Costituzione sulla quale serpeggia lo scetticismo perfino nel Pd. Il modo in cui Renzi ha arringato i propri deputati nella notte di venerdì è stato accolto come una provocazione. «È venuto a fare il bullo in quest’Aula in un momento delicato e drammatico», accusa il capogruppo di FI, Renato Brunetta. Gli insulti, gli accenni di scontro fisico con i deputati del M5S in prima fila, permettono tuttavia al Pd di additare minoranze decise, più che a fare controproposte, a boicottare i lavori parlamentari. Quando però ieri pomeriggio le opposizioni hanno lasciato l’Aula, il timore che il metodo Renzi possa rivelarsi miope ha sollevato qualche dubbio anche nel Pd. Per questo in serata Renzi ha chiesto un voto al proprio gruppo: voleva essere legittimato ad andare avanti. E ora la ricucitura si presenta difficile. I guai paralleli che la rottura del patto del Nazareno comporta per Renzi e Berlusconi si stanno puntualmente manifestando. Con un presidente del Consiglio intenzionato a rispondere colpo su colpo, lasciando sullo sfondo la minaccia estrema delle elezioni anticipate per piegare il Parlamento; e tutti gli altri, decisi a giocare la carta della «deriva autoritaria», delle Camere umiliate dal governo. Non è facile prevedere la via d’uscita da questo impazzimento. Tra l’altro, i numeri sono risicati. Renzi vede già un referendum popolare sulle riforme, contro «il comitato del no di Brunetta, Salvini e Grillo». E sembra escludere qualsiasi mediazione: un messaggio al Parlamento, e al Quirinale. Si vedrà quanto definitivo.

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