di Elena Betti
Dopo che alla Leopolda, con un capolavoro di psicologia inversa, è stata gentilmente indicata l’uscita a chi non è disposto a inchinarsi al Capo, ferve il dibattito: sarà meglio provare a influenzare il PD da dentro o uscire e fare qualcosa di nuovo? La domanda però è ingenua, perché presuppone che sia ancora possibile un’alternanza dei leader nel PD. Tuttavia, chiunque abbia notato da subito le avvisaglie di questo nuovo berlusconismo, sa benissimo che ciò non sarà mai più possibile, se non attraverso apparenti successioni sul tipo di Nardella a Firenze. Chi non è disposto a fare l’avatar di Renzi, chi non è disposto a fargli da amplificatore o a piegarsi, non arriverà mai abbastanza in alto da cambiare le cose.
Il PD ha ormai subito una mutazione genetica irreversibile. Con la larga vittoria di Renzi alle primarie, peraltro votato a mani basse anche da gente di destra, la maggioranza degli iscritti ha accettato la Nuova Antropologia del Capo: dopo anni di frustrazioni elettorali ha pensato che, dopotutto, un po’ di sano berlusconismo era meglio di un’altra sconfitta. Solo che da certe scelte non si torna più indietro. Ormai il PD, gran parte dell’elettorato del PD, è una specie di update di Forza Italia pieno di ricette di destra, di cloni che vanno in giro vestiti tutti uguali a dire cose tutte uguali e a chiamare il Caro Leader per nome. Un trionfo di conformismo e vuoto di pensiero tipico dell’Italia del nostro tempo e degli ultimi 20 anni.
Nel frattempo, là fuori, la crisi morde e un’ Informazione assente o prona al potente di turno fa di tutto per farci restare dentro al Truman Show, in piena ebbrezza leaderistica. Renzi, poi, vuole accelerare eventuali scissioni, calcolando che epurando la sinistra dal PD potrebbe ottenere più consensi a destra. E’ quindi del tutto ingenuo pensare in buona fede che il PD sia ancora “la nostra casa” (parlo alla gente di sinistra).
Dicono non sia piacevole quando la sbornia inizia a passare, viene un gran mal di testa e realizzi che hai fatto una sciocchezza, ma almeno ti stai svegliando. Puoi camminare sulle tue gambe e andartene. Invece no. In tanti, tantissimi, dato che nell’era Renzi hanno ottenuto qualche posticino, o sono diventati renziani o sono disposti a non rompere pur di mantenere il ruolo ottenuto. Un esempio di questo è dato dall‘incredibile affezione alla Ditta dei leader del passato, critici a parole ma pronti nei fatti a votare qualunque porcheria. Una minima percentuale di queste persone sarà forse in buona fede (ma in dosi omeopatiche, tipo).
Questo difficilmente cambierà, l’Italiano medio è opportunista fino al midollo. Non a caso siamo un Paese incapace di concepire una leadership non populista. Per noi Forza e Prepotenza sono sinonimi e le bugie sempre innocenti. Perciò, non aspettiamoci di poter incidere dall’interno di un partito di massa nominalmente di sinistra, guidato da un populista che viene votato anche da quelli di destra, che ha dalla sua i mezzi di informazione e che è maggioranza culturale nel Paese.
Capisco che uscire sia una traversata nel deserto, ma per indole la preferisco alla resa. Quindi la domanda non è SE uscire, ma QUANDO e COME.


