di Alfredo Morganti – 13 gennaio 2017
Il segno dei tempi è anche in un articolo di oggi del Corriere della Sera. Per tre colonne e mezzo si racconta di Renzi sospeso tra la via Emilia (Pontassieve) e il West (Roma), costretto a fare 300 km per incontrare i ministri in carica, che forse si sta cercando casa a Roma e che teme di mancare troppo dalla Capitale, col rischio di restare fuori dai giochi importanti. Nella mezza colonnina finale si riporta, invece, una dichiarazione di Bersani, che spiega come Gentiloni, potrebbe durare sino al 2018, perché “il governo ha parecchie cose da fare” e chiede una discussione comunque, anche in caso di elezioni anticipate. Be’, nonostante questa disparità di spazio concesso rispettivamente ai due (3 ½ contro ½), poi il titolo del pezzo è tutto su Bersani, mentre Renzi è nell’occhiello. Chi è il rottamato, verrebbe da dire, se la parola ‘rottamazione’ non fosse così odiosa?
Bozza e Galluzzo (autori dell’articolo) riportano anche qualche brusio parlamentare, dove “un pezzo corposo del PD che non è minoranza sussurra in Transatlantico che il renzismo è morto e sepolto”. La convinzione dell’ex premier di vincere le elezioni, tornare in sella a Palazzo Chigi e partecipare persino al G7 di Taormina da tronfio padrone di casa è ritenuta una “missione quasi impossibile, per alcuni addirittura visionaria”. Siamo alle visioni, dunque. In poche righe qui è tracciato un possibile destino. Quello malinconico di una carriera politica divampata in poche settimane, quindi arsa negli annunci e nella febbre dei bonus, e che ora, dinanzi al primo vero scontro politico-sociale (il referendum) si è disciolta come neve al sole. Troppo presto, certo, per mettere Renzi in un dimenticatoio, non esageriamo. Ma i segnali non sono benevoli. E spesso si raccoglie ciò che è seminato. La fretta di comparire produce parallelamente anche la fretta di dimenticare.


