1172 le morti sul lavoro, il record non taroccato del governo Renzi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Michele Prospero
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di Michele Prospero – 14 febbraio 2016
Ecco un record vero e non taroccato, come gli altri sbandierati via tweet da Palazzo Chigi, ma di cui il governo non può certo menar vanto. E’ quello che documenta una sensibile crescita delle morti bianche. Nel 2015, a perdere la vita, sono stati 1172 lavoratori, secondo i dati forniti ieri dall’Inail. Il 16,15 per cento in più rispetto a quelli dell’anno precedente. Il fatidico segno più Renzi lo ha finalmente ottenuto, ma non può vantarsene in giro, il cantore secondo cui l’Italia riparte.
Gli effetti del governo della velocità si vedono, dove sarebbe però stato meglio continuare ad esibire il segno meno, che ossessiona il potere gigliato come un infinito incubo in ogni comparto dell’economia. Dopo un decennio di costante diminuzione, i morti sul lavoro tornano a crescere. E non si può parlare di pura fatalità o di futili capricci della statistica che si accanisce su questioni residuali come quelli di “classe”.
Se il presidente del consiglio ama ripetere, per farsi bello dinanzi agli imprenditori, che bisogna liberare le imprese dai controlli (da quelle ispezioni sgradite che hanno riscontrato irregolarità nel 64,7 per cento dei casi: lavoratori in nero, evasioni fiscali e contributive), è evidente che qualcuno, amante del brivido del rischio, da correre preferibilmente sulla pelle degli altri, lo prenda poi in parola.
E quindi bando ai controlli, e vada pure alla malora la preoccupazione per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Le aziende sono luoghi del padrone e l’operaio torna ad essere una sua cosa animata. Cioè un puro subalterno che è meglio scordi al più presto il ricordo dei diritti novecenteschi. Un governo che restituisce al padrone “il diritto di licenziare”, secondo la storica espressione del presidente del consiglio, concede alla proprietà anche altre “libertà” inconfessabili da far valere nella conduzione quotidiana della fabbrica o nella manutenzione del cantiere.
E allora dalle costruzioni ai servizi, dai trasporti alle manifatture è omogeneo il dato della crescita annuale delle morti bianche. Come non cogliere anche il segno politico nell’impennata dei decessi dinanzi alla più forte percentuale dell’incremento (più 42,2 per cento) che riguarda i lavoratori compresi tra i 60 e i 64 anni?
Invece di destinare i soldi pubblici per sanare una situazione scabrosa, come quella degli esodati o degli ultrasessantenni costretti a racimolare gli ultimi contributi nei cantieri o nelle occupazioni usuranti, si preferisce sfidare l’Europa per dare il regalo di compleanno ai diciottenni (anche di quelli di famiglie benestanti) e così credere di riuscire a sfidare il M5S sul terreno del consenso giovanile.
Anche le malattie professionali aumentano, del 2,6 per cento annuo. E dalla fabbrica la sfida riguarda la qualità della vita di ogni cittadino. Il governo ha appena ordinato ai medici di base di prescrivere un controllo sul colesterolo solo ogni cinque anni, di evitare o rinviare sine die gli accertamenti diagnostici più costosi. Le mancette, che il triangolo dell’Etruria elargisce per raccattare voti, hanno un prezzo salato, scritto sul corpo di chi lavora.
Michele Prospero
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