Fonte: Berlinguer
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di Lucia Del Grosso
Era l’anno 1972 e Berlinguer partecipava ad una Tribuna Elettorale. Aveva al suo fianco Tatò e guardando la telecamera pronunciava queste parole: ” ……. Quanto più sarà forte il Partito Comunista, tanto più ci potrà essere una speranza per le giovani generazioni, per tanti milioni di giovani, di ragazzi ai quali questa società non offre sicurezza di vita, di lavoro, non offre ideali che non siano quelli dell’evasione e dell’individualismo, offre solo la prospettiva di essere la rotella di un ingranaggio che funziona soltanto per favorire la prepotenza, il privilegio e la corruzione. Ecco la prima ragione per cui bisogna votare comunista ed ecco perché i nostri avversari tanto si accaniscono contro il Partito Comunista”.
Siamo nel 2016, quelli che sono nati dopo la fine del PCI ormai si sono laureati e se qualcuno pronuncia in loro presenza la parola “comunismo” non hanno reazioni allarmate o di rigetto. Peggio: non hanno reazioni. E’ come se gli si raccontasse di Zeus o del liocorno. Lo so, mio figlio ha 26 anni.
Però ha ancora meno speranze dei ragazzi di Berlinguer, vive in una società che offre ancora meno sicurezza di vita e di lavoro e gli altri drammi che evocava Enrico si sono incancreniti.
Volavamo alto, allora. Non ci limitavamo a chiedere lavoro, stato sociale, giustizia. Volevamo costruire una società in cui l’individuo non era la rotella di un ingranaggio, ma una persona libera perché non repressa nel suo anelito nobile di far brillare la fiammella etica che è dentro ognuno di noi: la vera libertà, non quella che offre l’individualismo, che è libertà di prevalere sugli altri.
Siamo nel 2016 e tra qualche giorno ci riuniremo a Roma per ricostruire una prospettiva di sinistra in questo Paese, dopo che il PD, che non si sa con quale faccia ritiri fuori di tanto in tanto il santino di Berlinguer, ha definitivamente cancellato quelle sue parole del ’72, seppellendole sotto un profluvio di modernismi funzionali al liberismo senza ideali.
Siamo nel 2016 e non nel 1972, ma io vorrei che a Cosmopolitica si tornasse a volare alto, nonostante il nome che sembra uno scherzo, e che non si ciondolasse tra tavoli tematici per tirare fuori qualche idea brillante e un po’ fricchettona, ma che fa tanta narrazione.
Vorrei, nel 2016, rinverdire quelle parole del 1972 perché sono parole di sempre, parlano di progetto di un’altra società, non si accontentano di sfrondare delle più evidenti ingiustizie lo squallore nichilista di questa in cui annaspiamo, di correggere con qualche tatticismo improvvisato alla Pisapia le sue più lampanti storture.
Mi piacerebbe, oggi, 44 anni dopo, tornare a parlare di quello scarto che indicava Berlinguer tra la società attuale di passioni tristi e quella futura di dispiegamento della dignità dell’uomo.
Ripartire da quella proposta di senso, oltre che politica, con coraggio radicale.
Se il progetto di rinascita della sinistra fosse partito con questo spirito di critica profonda dell’esistente non sarebbe rimasto impastoiato nel basso profilo del dibattito sulle alleanze alle amministrative, approdato ad un mosaico pasticciato di posizionamenti, un parapiglia indotto dalla paura di osare troppo.
E’ arrivato il momento di tornare ad osare.