1978: anno indimenticabile per la sanità

per mino dentizzi
Autore originale del testo: Mino Dentizzi

di Mino Dentizzi – 2 giugno 2018

Quarant’anni fa, nel 1978 il sistema sanitario italiano fu modificato radicalmente e divenne uno dei sistemi più avanzati del mondo.  Il 13 maggio, in pieno lutto per la morte di Aldo Moro (il corpo era stato ritrovato appena quattro giorni prima), il Parlamento Italiano approva la legge 180 sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” più nota come “legge Basaglia”: le porte chiuse dei manicomi venivano spalancate e le mura abbattute e veniva restituita la dignità e la parola ai ”matti”. La 180 è stata uno dei più grandi esempi di civiltà dell’Italia per il mondo intero.

Dopo solo nove giorni, il 22 maggio il Parlamento vara in via definitiva la legge 194 sulle “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” (la legge sull’aborto): si combatteva finalmente la piaga dell’aborto clandestino e si  riconsegnava alle donne il controllo del proprio corpo. Un nuovo atto di civiltà.

Se poi queste leggi hanno trovato, e stanno avendo ancora dopo 40 anni, difficoltà nella loro piena applicazione (nel caso dei malati di mente le famiglie con poco e scarso sostegno e nel caso dell’aborto la piaga degli obiettori di coscienza) è un altro discorso.

Il 23 dicembre 1978, infine, il Parlamento Italiano approvava la legge 833 per la “Istituzione del servizio sanitario nazionale (SSN)”, che è stato decisivo per l’aumento dell’attesa di vita degli italiani, e, grazie a essa la sanità italiana divenne tra le prime due o tre del mondo per qualità e per rapporto costo/prestazioni.

L’istituzione del SSN va considerata innanzitutto come una fondamentale svolta nel concetto di salute (un “diritto universale”) e di assistenza sanitaria (“un servizio sanitario onnicomprensivo volto a garantire il miglioramento della salute fisica e psichica delle persone attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie”). I principi su cui, infatti, si fonda il SSN sono:

  1. l’universalità, sia in termini di accessibilità che di onnicomprensività delle prestazioni;
  2. il finanziamento attraverso la fiscalità generale, in virtù del quale ognuno contribuiva in base alle proprie possibilità e riceveva i servizi in relazione al bisogno;
  3. la gratuità nel punto di erogazione delle prestazioni.

La riforma, sulla spinta delle lotte di operai, studenti, donne, professionisti democratici, viene così a realizzare quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione che vede la salute come un diritto fondamentale, unico, per quello che conosciamo fra le legislazioni europee.

 La “rivoluzione sanitaria” del 1978 non fu il frutto di azioni casuali ma nasceva da quel clima culturale, d’impegno sociale, di rivendicazioni, di assemblee e manifestazioni che ebbe il suo apice alla fine degli anni sessanta e fu forse il suo risultato migliore.

Un sistema che non sarà stato ottimale, ma che nelle sue fasi iniziali ha comportato una forte redistribuzione del reddito a favore delle classi popolari e ha assicurato a tutti il diritto alla salute non solo in termini di accesso alle cure ospedaliere, ma anche tramite la prevenzione e l’assistenza territoriale.

Un sistema sanitario nazionale differisce radicalmente da un sistema di tipo privatistico, fondato sulle assicurazioni private perché quest’ultimo risponde in modi diseguali a bisogni diversi, perché discrimina il povero inguaribile o più semplicemente il povero malato, l’anziano cronico non solo povero, ma anche appartenente alla classe media, perché vede alcuni problemi sanitari come assistenziali o come problemi di ordine pubblico (tossicomanie, malattie mentali), perché non coglie il nesso fra cause ed effetti, fra ambiente e salute, fra lavoro e salute.

Purtroppo con l’affermazione del neo liberismo nell’ultimo decennio, il sistema sanitario nazionale è attaccato su innumerevoli fronti, e si vuole riportarlo indietro di decenni. Forse è necessaria una nuova stagione di lotte per ripensare la sanità pubblica e salvarla dalla sua decadenza.

Mino Dentizzi

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