Autore originale del testo: Benedetta Piola Caselli
MORO SI È SUICIDATO
Moro si è suicidato il 28/3/78.
Si è suicidato nel senso che ha procurato la sua condanna a morte, e proprio quel giorno, il 28/3/78.
Lo ha fatto perché era un giurista e perché non giocava a scacchi.
E ora che ho ottenuto la vostra attenzione, vediamo perché dico queste cose, facendo un gioco : cambiamo i punti di vista.
Facciamo finta di essere dei democristiani del 1978 e di dover decidere se trattare o non trattare per Aldo Moro.
Siccome siamo di alto bordo, siamo implicati direttamente o indirettamente nello Scandalo dei Petroli, e sappiamo che, se Moro parla, finiremo in galera e comunque salterà il banco; se poi Moro parla anche di Stay Behind , c’è il caso che si arrabbino anche gli americani.
Però non siamo delle bestie totali : Moro ci piacerebbe riaverlo vivo anzi, Moro andrebbe tirato fuori subito, prima che vuoti il sacco, perché è chiaro che il suo paesaggio psichico non è quello di un eroe della resistenza e, se ha paura, cederà presto.
A tirarlo fuori ci proviamo.
Ci rendiamo conto subito che da soli non ce la facciamo.
Ndo l’hanno ficcato, sti brigatisti?
Non si trova.
A Roma non c’è, mica possiamo battere i garage col doppiofondo della provincia.
Chiediamo aiuto in giro.
Arrivano subito gli inglesi.
I francesi sono scocciati, ma si mettono a disposizione perché non vogliono la destabilizzazione della penisola.
Gli americani (proprio loro), invece sono in ritardo, hanno tremila agenzie e ci mandano tipi strani, in concorrenza fra loro, che fanno più casino che altro.
Forse il Mossad ci potrebbe aiutare, ma
agli israeliani Moro non sta simpatico perché indirettamente finanzia l’OLP e questo è il cuore del Lodo Moro, ah, ops, questo non si può dire, scusate, è fantasia, mancano le fonti.
D’altronde, stiamo facendo un gioco.
Chiediamo alla criminalità, ma quelli vogliono essere pagati.
Prendiamo tempo.
Mentre decidiamo che fare, arriva la lettera del 28/3/78, recapitata il 29, quella per Cossiga in cui Moro dice che corre “il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni “.
Se fossimo democristiani semplici, penseremmo che ci stia minacciando ; però siamo democristiani di alto bordo,
e capiamo che invece ha già parlato.
Si.
Ha già parlato, perché non esiste al mondo la possibilità che un prigioniero scriva sotto il naso dei suoi carcerieri che potrebbe dire di più, a meno che non lo abbia già fatto.
Aldo, che peccato!
Ma siamo uomini di mondo, abituati a tutte le eventualità; e così scendiamo al bar e ci facciamo un brindisi alla memoria del caro (futuro) estinto.
Qualcuno dice “sto strunz!”
Qualcuno si chiede se le BR saranno così stupide da ammazzarlo o farselo ammazzare fra le mani, perché con Sossi hanno mostrato gran lungimiranza.
Qualcuno alza le scommesse, qualcuno dice che comunque tocca organizzare just in case e non si può andare troppo oltre.
Come la metti la metti, resta da limitare il danno, e recuperare le sue dichiarazioni.
Facciamo finta di essere dei giovani magistrati, e di conoscere lo Scandalo dei Petroli per filo e per segno, perché è sul tavolo dal 1974. Sappiamo che non si arriverà a nulla, perché la DC non si farà processare – in senso letterale, ti cambia le carte in tavola derubricandoti i reati e non concedendo le autorizzazioni a procedere – e perché hai tutto l’establishment contro ; siamo giovani e fedeli alla Repubblica, quindi ne facciamo una malattia, le mogli cominciano ad averne le scatole piene, sarebbe meglio mettersi il cuore in pace, tanto è sbattere la testa contro il muro.
Al 16 marzo, lo stordimento.
Ma al 29 marzo, comunicato n. 2, le BR dicono che faranno quello che noi non potremo mai fare : lo interrogheranno e lo faranno parlare, e poi renderanno pubblica la cosa.
Il cuore esulta, ci chiudiamo coi colleghi in stanza a ballare, in silenzio, che non ci sentano; stiamo passando al lato oscuro della forza?, ma no, è per la Repubblica; come si chiamava sta roba a scuola?, ah sì, l’eterogenesi dei fini.
Facciamo finta di essere un brigatista, anzi no: facciamo finta di essere proprio Mario Moretti.
Mario Moretti è un organizzatore, è uno che se, non avesse fatto il brigatista, sarebbe diventato un top manager pagato millemila miliardi ; invece adesso, quando è fuori di prigione, campa con la minima in un monolocale, checché ne dicano i babaloni.
Le cose si pagano; il suo conto era salato e le rate non finirà fino alla morte.
Per capire il paesaggio psichico di Moretti, ricordiamoci che è uno che gira con un cacciavite, e che il cacciavite gli serve per riparare le cose rotte; tipo, se è su un treno e vede lo sportellino basculante, hop! , tira fuori il cacciavite e lo aggiusta.
Moretti vede il problema e lo risolve; però quello fa e, come succede in quasi tutte le persone con questa impostazione, l’attenzione sul problema presente implica una disattenzione sul quadro generale.
Infatti a visione strategica è carente, e l’azione Moro lo dimostra, perché è uno schifo: a parte la scopiazzatura dalla RAF, è stupidamente violenta, senza risultati e controproducente politicamente.
(D’ Urso è molto, molto meglio, però anche meno complessa, perché non si andavano a toccare interessi sensibili o segreti di cui era depositario).
Noi che siamo Mario Moretti, leggendo la lettera per Cossiga, ci fermiamo al primo step ermeneutico : bene, li ricatta; forza Fritz, bella così.
Li per lì, non ci viene in mente altro, diamo l’ok a consegnarla.
Può darsi che più tardi.
Può darsi che più tardi, mentre aggiustiamo il tavolo o sgorghiamo la lavatrice o organizziamo l’esecutivo, ci si accenda la lampadina.
Abbiamo perso l’ostaggio.
Cosa si prova nel momento in cui si realizza di aver mandato a puttane l’ azione del secolo, per cui sono stati ammazzati 5 padri di famiglia e si è perso un compagno?
Ansia immagino, e la folle speranza di salvare tutto con un colpo di coda.
Ma sono fantasie, e quindi salutiamo noi/Mario Moretti con il cacciavite in mano, mentre sgrana gli occhi ed esclama : “eccheccazz!”
Ma Moro?
Perché scrisse quella frase, che sostanzialmente lo condannava?
Per capirlo è utile leggerlo, ascoltare le sue lezioni universitarie, cercare di capire un po’ la sua storia familiare – c’è un libro molto bello del nipote che racconta, senza esplicitare, il balletto d’amore di una donna in gamba, ma da sempre vittima di abuso psicologico, con un uomo che aveva tutti i tratti del narcisista patologico (oggi suona banale, ma provate a confrontare con il DSM).
Che bambino viene fuori da una famiglia del genere? Quali sono le sue strategie di sopravvivenza, che poi si struttureranno nell’età adulta e si cristallizzeranno nella sua personalità? Che, seppure controllate da una grande intelligenza, torneranno a prevalere nella paura e nello stress?
Su Moro si sono creati molti miti, che andrebbero sfatati.
Queste sono le mie idee.
1) Non era una persona di forte moralità, anche se andava a Messa tutti i giorni. Quella era la forma necessitata per legittimare la mollezza di un carattere indifferente alla sofferenza altrui – pensiamo ai commenti sulla scorta. Poteva stare zitto, faceva miglior figura.
2) Non era un servitore dello Stato, come dimostra lo Scandalo dei Petroli ed aver partecipato e coperto per 4 decenni il malcostume democristiano.
3) Non era uno stratega ma uno abituato al compromesso, sia personale che politico, cosa che è resa possibile proprio dalla mancanza di riferimenti etici forti.
4) Era uno abituato a pensare che le parole servono a calmare , ma non vengono mai veramente ascoltate sul serio, nel senso del loro significato più profondo – e forse questo è il punto che più che altro lo ha tradito.
5) Moro era un manipolatore, come lo diventano i bambini intelligenti abituati a dover sopravvivere psichicamente, lo dimostrano la sua azione politica e le lettere, che sono una palese manovra di manipolazione dell’opinione pubblica. Fra l’altro, lo dice lui stesso alla moglie : vai alla TV e commuovili (sarà quello che farà la signora D’ Urso).
6) Volete una virtù? Era un eccellente giurista. Ma i giuristi hanno il vizio di ragionare per categorie binarie, avoglia a mascherarle con frasi compromissorie : il sistema di pensiero è fortemente impostato, rigido, categoriale (lo stesso sistema si ritrova in Senzani, non credete).
Se un giurista giocasse a scacchi, forse sarebbe imbattibile, perché unirebbe precisione categoriale (da stemperare e confondere, volendo) a strategia e visione, ma raramente i giuristi giocano a scacchi, specialmente quelli che fanno università e non processi.
Gli avvocati, giocano a scacchi.
Ma i giuristi teorici virano sulla storia dell’arte o la musica sperimentale o cose così.
Comunque Moro,lui, non giocava a scacchi (e pare non facesse gli anagrammi) e molta della “strategia” politica che gli viene riconosciuta ex post è attribuzione di senso , non corrisponde al vero.
Nel delirio delle emozioni che deve avere vissuto, immaginiamo che Moro abbia capito più tardi di Moretti l’autogol che si era fatto da solo.
Forse l’ha capito veramente dopo la risposta di Paolo VI, come dicono le BR,
e però deve aver sperato fino alla fine, con la forza dei bambini che non credono che l’evento si verificherà, che tutto sarebbe andato a posto.
Fino al 5 maggio non ha mai avuta DAVVERO paura di morire, ma non era lucido: solo chi crede che se la caverà può affermare “lascio la DC e entro nel gruppo misto”, quando la unica cosa da promettere era “lascio la politica tout court, mi ritiro sul Monte Athos, non parlerò mai più con nessuno e non mi vedrete mai più”, e neanche sarebbe bastato.
È improbabile che non si sia confrontato con Moretti sul punto, perché la sua unica via di salvezza dipendeva dalle Brigate Rosse; così immaginiamoceli tutti e due seduti sul letto della prigione del popolo, Moretti con in mano la risposta di Paolo VI, e Moro con le mani nei capelli che, per una volta, non trova le parole.
Infine, facciamo conto di essere dei cittadini comuni, di quelli che avrebbero voluto studiare ma bisognava portare il pane in casa.
Magari un impiegato che non si interessa di politica e non gliene può fregare di meno né di Moro né delle BR, però con la moglie appassionata di gialli che gli fa notare le cose.
Questa moglie gli fa notare, appunto, che se Moro scrive che parlerà, ha già parlato.
Gli fa notare che nel comunicato n. 1 non si capisce perché abbiano rapito Moro e bisogna aspettare 15 giorni per saperlo (comunicato n.2).
Gli fa notare che per 15 gg Moro non manda nessuna lettera, e poi le manda a raffica; che, dopo il silenzio stampa del primo periodo, i comunicati si susseguono l’un l’altro; insomma: che c’è un primo gruppo che tiene Moro per le prime due settimane, e lo tiene male, e lo fa parlare, e poi passa di mano al secondo gruppo, che lo tiene bene e che non sa che cavolo chiedergli.
Gli ricorda che sono i soldi che muovono il mondo, ‘ndo stanno i soldi in questa storia?
Sarebbe il caso di cercare quelli.
Il cittadino comune è d’accordo. La moglie ha proprio ragione.
Come si fa a non vedere queste cose?
Allora immaginiamolo andare dalla polizia, che però verosimilmente gli risponde : “non ho tempo, scusi “.
E allora provarci ancora con un magistrato, ma neanche quello ha tempo per queste fantasie.
Quindi, il cittadino comune si stringe nelle spalle e buona notte.
Passano gli anni.
Nascono i figli, la calvizie avanza, si apre la Commissione Stragi.
Un giorno il cittadino comune torna a casa, fa per buttarsi in poltrona, ma vede la moglie di fronte alla televisione.
C’è un cartone animato, e la sigla fa così: “se dai retta a me/la storia sai cos’è/è il teatrino delle marionette/tutti quanti poi /somigliano un po’ a noi/…”.
È una canzoncina davvero carina.
L’epoca della lotta armata è finita.
Presto la gente si dimenticherà di Aldo Moro; anzi, ancora ne stiamo parlando? Che lo facciamo a fare? Tanto, si girerà ancora in tondo.
I due cittadini comuni si guardano, si capiscono, e ciascuno torna alle sue occupazioni.



