di Luigi Altea, 2 marzo 2017
Per me sono tutti innocenti.
Della vicenda Consip, che sono certo finirà nel nulla, mi ha colpito soprattutto un aspetto, secondo me singolare.
Tutte le persone a vario titolo sospettate, hanno, o hanno avuto con Matteo Renzi un qualche rapporto.
C’è il padre, l’amico, il conoscente, il compagno di partito, ecc. ecc.
Solo Italo Bocchino con Renzi non ha avuto rapporti di alcun genere.
In tutta la faccenda il suo ruolo sarebbe stato solo quello di “facilitatore”.
E’ proprio vero che le parole, a differenza di chi le usa, non mentono mai.
Italo Bocchino è nato, con due anni d’anticipo, nel 1967.
Non sarebbe stato, infatti, né necessario né opportuno farlo nascere nell’anno più erotico del secolo scorso.
Bocchino aveva già una sua intrinseca forza, allo stesso tempo stimolante e facilitante, e non aveva bisogno di ulteriori impulsi.
Aveva incorporata quasi una vocazione, se non addirittura un destino.
Non stupisce quindi che uomini d’affari, faccendieri e politici, benché navigati, possano aver avuto bisogno della sua competenza.
Come cantava mirabilmente Mina, “l’importante è finire”.
E Italo Bocchino è, appunto, un “finisseur” come dicono in Francia. Che non significa “finiano”, ma facilitatore, soprattutto della fase conclusiva.
Una persona, cioè, che aiuta a portare a termine in modo soddisfacente una situazione che rischia di farsi complicata e senza sbocco.
L’inchiesta ci dirà come sono andate realmente le cose.
A Gianfranco Fini non sono andate benissimo, ma solo perché ha fatto un uso eccessivo delle prestazioni del suo fedelissimo facilitatore.
Ed è finito sfinito.


