di Ombretta Buzzi, 20 luglio 2017
Come già ho avuto modo di sottolineare, Articolo Uno ancora continua il suo percorso senza una linea ben demarcata, senza un’organizzazione e senza riuscire, al di là delle dichiarazioni, ad unire sotto un programma condiviso le varie anime a sinistra del PD.
Non demonizzerò mai il termine Partito per rincorrere il mito grillino dello spontaneismo: l’attivismo che nasce dalla passione dei primi momenti può essere molto attrattivo e proficuo ma le energie vanno canalizzate in una struttura.
Per far questo occorrono organismi sui territori ed un portavoce riconosciuto. A mio avviso l’incarico di federatore genera confusione. Chi sarebbe costui: un saggio, un padre nobile o un leader? Non so.
Nel fumoso presente riterrei opportuna e doverosa la presenza dei personaggi più in vista di Articolo Uno soprattutto nei piccoli territori, maggiormente se zone in crisi. Noto, invece, purtroppo, che le iniziative vengono organizzate soltanto laddove c’è già una forte presenza, anche istituzionale (parlamentari, consiglieri regionali,provinciali e comunali) di MDP. A chi giova allora?
Il tipo di eventi poi appare di stampo davvero “antico”: cena di finanziamento ed i soliti noti, che stimo per carità, a parlarsi addosso. Perché infatti mi domando come si faccia a confrontarsi con una platea di 200 persone; come possano dal basso essere espresse le idee delle associazioni, del civismo e dei militanti che potrebbero contribuire con le loro professionalità. Inutile affermare che si diffondono i nuovi messaggi: chi partecipa molte notizie le legge dato che è parte di una comunità di attivisti, tranne qualche eccezione.
Diciamocelo: della realtà, quella fondamentale, non se ne parla…
Sarebbe il caso di riunire per ambiti o per aree territoriali piccoli gruppi di studio affinché si porga davvero l’orecchio a chi ogni giorno si “sporca le mani” nel mondo della sanità, ricerca, scuola, università, impresa, eccetera.
Non è proponibile pensare che la partecipazione si riduca a star seduti in platea senza poter partecipare democraticamente col proprio pensiero; la gente, gli elettori, i militanti sono stanchi di battere le mani e vorrebbero invece attivamente costruire il loro progetto.
Permane la solita difficoltà di raggiungere coloro che guidano il processo, contorniati sempre dalla solite persone: non sono per la rottamazione, anzi, l’esperienza è utilissima, ma per aprire la finestra in modo da far entrare anche aria nuova.
Obiezioni: è difficile scremare, è difficile rendere aperta la partecipazione a tutti, si lavora in emergenza.
Ecco: questo non va. Ci vuole metodo per ottimizzare le risorse ed i processi. Lo sguardo deve essere oltre l’orizzonte e la strategia a lungo termine se vogliamo diventare Sinistra di Governo.
Un errore è stato quello di cominciare dai nomi. In realtà l’evento “Fondamenta” poteva essere un buon lancio, ma i contributi da molti scritti (me compresa) sono rimasti lettera morta sul sito. Nessun confronto a valle, nessun approfondimento. Sarebbe bastato creare o coinvolgere chi già aveva tracciato delle linee sui vari aspetti del programma per continuare un sano e proficuo dibattito che portasse poi a discuterne sui territori in assemblee pubbliche. Il metodo sarebbe sempre quello però di non organizzare adunate oceaniche dove non c’è tempo per far esprimere tutte le sensibilità. Si potrebbe pensare a giornate di lavoro o a dei fine settimana di immersione totale. Continuare a navigare a vista o a criticare il Governo Gentiloni soltanto per raccattare qualche voto in più non ha senso. Ad esempio, molti, come me, sui vaccini erano d’accordo con la Ministra. Su temi così ampii ci sarebbe voluto un confronto serrato non iniziative personali. Continuiamo invece a parlare di federatore e non di idee: manca la sintesi. Altrimenti intorno a cosa dovremmo federarci? Contro Renzi? Non siamo ipocriti, tanto col PD bisognerà continuare a dialogare, però il potere contrattuale vero si ha facendo massa critica per incidere sulle proposte del più grande partito di centro-sinistra. Prediligo la qualità alla quantità, ma i numeri servono… eccome se servono! Naturalmente non devono mai essere fini a se stessi in un compromesso che antepone una buona riuscita alle urne ai valori fondanti.
Inoltre, mi pare che si stia dimenticando il grande enigma della legge elettorale che peserà come un macigno su molti aspetti del risultato elettorale.
Ritornando a Pisapia: il suo dovrebbe comunque essere un incarico momentaneo, affermano in molti, e dopo come verranno scelti gli organismi dirigenti ed il coordinatore del nuovo soggetto unitario? Dalle ultime ore, fatte di incontri, caffè e strette di mano non emerge nulla di nuovo. Tutti rimandati a settembre. Ci aspettavamo un racconto dettagliato, qualcosa di concreto…
Tutto questo non si sa. Ognuno parla per sé, ogni “anima” della Sinistra organizza tra i suoi invitando qualcuno degli altri, salvo poi incappare in risse da bar per il disaccordo sulla nuova classe dirigente. E chi non vuole Pisapia, a chi sta antipatico D’Alema, chi fa il tifo per Bersani in una galassia che farebbe meglio a guardare oltre e non al contingente.
Vecchi rancori e nuove icone, personaggi saliti agli onori degli “altari” ed antiche inimicizie: questo è il balletto messo in scena mentre la gente è nella più totale confusione.
Non credo nei movimenti, non credo nella settorialità e sono fermamente convinta che ciascuno porti delle peculiarità che debbano essere impastate. Inseguire Grillo sul movimentismo vuol dire essere in malafede o poco furbi: perché anche lì regnano regole e strutture. Movimento non è un tipo di organizzazione ma uno stato dell’animo, una modalità dell’agire. Movimento è stare in mezzo alla gente per ascoltare e dare i messaggi che si ritengono opportuni. Un partito si fa movimento quando riempie le piazze per manifestare per o contro qualcosa non per auto incensarsi. Il 1° luglio a cosa è servito? Chi lo ha davvero capito? Non sono quelli i luoghi dove ragionare e prendere decisioni ma ben altri: né happening né conventicole… Vogliamo assemblee trasversali a tutta la Sinistra, gruppi di lavoro con gente scelta in base alla preparazione ed all’esperienza di vita vissuta. Vogliamo che, per una volta, in platea vi siano i parlamentari e sul palco le categorie rappresentative dei vari ambiti scelti come nostre priorità.
Come la facciamo la sintesi tra la Falcone impegnata per il NO al Referendum (come molti di noi) e Pisapia che ha votato SI? Non credo ai peccati originali ma mi si consentirà di affermare che è molto difficile… Come la facciamo la sintesi tra una sinistra più liberale ed una più socialista. Ed il Centro con i propri convincimenti cattolici dove lo mettiamo? Come dialogherà, ad esempio, con Fratoianni?
Queste le carte sul tavolo a livello di dialogo.
I temi, invece, che con forza sentiamo dirimenti e, potrei affermare, trasversalmente davvero condivisi, son pochi ma vitali per il Paese: sanità universalistica, scuola, università e ricerca pubbliche rivalutate, diritti dei lavoratori e, soprattutto, progressività fiscale; lotta alle disuguaglianze. Ed ancora investimenti pubblici NON a pioggia per l’ innovazione. Mi sembra che già ci sia molto su cui lavorare, ragionare e proporre. Ce la facciamo a dirlo? Ce la facciamo a passare sopra al passato per un futuro migliore? Allora basta con dichiarazioni e nomi divisivi.
Si faccia per ora una cabina di regia che operi a stretto contatto con tutti i territori, poi si faccia scegliere, in qualche modo, alla base. Perché il malcontento c’è. I dubbi permangono. L’entusiasmo dei primi momenti passerà. Tutto si sta trasformando, anche se in verità, a voler essere intellettualmente onesti, già prima in parte era così, in fanatici supporter di uno o dell’altro, in fan impazziti e scalmanati che pensano che Politica si faccia soltanto sui social. Non si può pensare di avere un politico di riferimento (e di me è palese chi sia) ma non poterlo mai criticare perché altrimenti si è quasi accusati di lesa maestà…
Il tifo si fa allo stadio. La Politica è studio, pazienza, sintesi e chiarezza.
Abbiamo dei doveri, tutti, non solo Articolo Uno, verso chi ha seguito delle scelte dure, dolorose, a volte persino strazianti. Abbiamo dei doveri verso un paese allo sbando che rischia di cadere nelle mani di Salvini, Meloni e Berlusconi (in parte nei Comuni già è così). Abbiamo un debito verso coloro che si sono riavvicinati alla Politica dopo tanto tempo, hanno contattato chi (come me ad esempio) è uscito dagli organismi locali del PD perché avevano il sogno di una Sinistra Unitaria. Ma questo non vuol dire per forza che uno debba essere dominante sull’altro: perché chiedere ad Articolo Uno di sciogliersi? Perché non far parlare anche la Falcone, per esempio, il 1° luglio? Non vorrei che alcuni, non tutti per fortuna, si comportassero come prime donne…
Torniamo al programma: prima ne ho tracciato alcuni aspetti di massima, però c’è molto di più e c’è da farlo bene e subito. Con documenti tecnici e con proposte fattibili non utopiche. Per questo si devono riunire tecnici e politici, anzi meglio militanti che si occupano di alcuni aspetti. Ci vogliono le competenze, non gli agganci. Ci vuole la conoscenza, non i codazzi. Ci vuole la forza di ognuno. E la capacità di lasciare ai margini le polemiche e soprattutto gli aneddoti del passato. Solo così si arriverà, forse, ad una sinistra a due cifre. Altrimenti sarà l’ennesima scissione, come le tante cui abbiamo assistito, che ci disintegreranno e che allontaneranno ancor di più dalle urne gli elettori e dall’impegno politico chi vorrebbe lottare per esserci, non per scomparire. Se ne facciano una ragione anche gli “estremisti”: gli ideali, seppur gloriosi e condivisibili, vanno sempre adeguati al periodo storico che si sta vivendo. Il resto è utopia che, paradossalmente, fomenta e rafforza lo status quo.



1 commento
SINISTRA. Programmi, Nomi e l’Unità che ancora manca…
Sinistra: da sempre minoritaria nel Paese e non certo in buona salute di questi tempi. Quindi, benchè vada, insufficiente per il cambiamento.
Programmi: interessano una minoranza di eccentrici, che non sa neppure perchè, visto che tradizionalmente sono dimenticati un giorno dopo le elezioni. Tradizione
sancita molto chiaramente dalle precedenti politiche nelle quali il M5S ha raccolto 8,5 milioni di voti sull’urlo del “Vaffa” di Grillo, unica voce conosciuta dall’elettorato del programma a 5S. Giusto giusto quanti il PD di Bersani col suo programma di buonsenso.
Nomi: per ora non si leggono novità eclatanti che possano minimamente emozionare un elettorato in cera di Persone di affidabilità.garantita dalla storia personale, solidamente orientate al “bene comune”,che non odorino di casta.
Unità: che ancora manca e di difficile avvento, come la storia impietosa, e la cronaca tremula ci raccontano.
Rapporto col PD: obbligato? no davvero se sapremo motivare o meglio movimentare il mondo dell’astensione e quello del ” male minore”, all’incirca il 90% dell’elettorato (ISTAT e DEMOS) offrendo nomi, modus operandi e motivi di entusiasmo.
Discontinuità: nessun accenno a quello che è il fattore determinante di un eventuale successo elettorale. Cesura, frattura con passato/presente e futuro per interrompere la trasmissione della mediocrità da un Parlamento al successivo, da una leva politica ai delfini designati. Mediocrità che può solo riprodurre se stessa, solo un po’ peggio per non farsi danno, per non suicidarsi.
Paolo Barbieri