Fonte: L'Antidiplomatico
I gazawi ci spiegano perché il “piano Trump” non è la soluzione giusta – Radio Gaza
Con la discesa in Terra del Levante e con il suo discorso alla Knesset, il parlamento israeliano, Trump ha esercitato il potere che la Storia gli conferisce per fare ordine, indirizzare, risolvere, ottimizzare gli sforzi e soprattutto, evitare il tracollo di Israele.
Un po’ repentina come mossa, per i gusti di qualcuno. Dover spiegare come si sia passati da 2 anni di genocidio ad una resa palese in pochi giorni, è acrobazia ardita anche per i più fantasiosi analisti.
Ma la cosa qui a Radio Gaza, non ci coglie impreparati. Non è forse in questa trasmissione che avete sentito come Gaza non fosse una spianata inerme, ma una fortezza inespugnata?
Bene, di fronte alle fortezze inespugnate ci si arrende o tutt’al più ci si scende a patti. Ed è quello che è successo.
Avete ascoltato il discorso di Trump alla Knesset?
A noi hanno colpito un paio di passaggi:
1) “Il terrorismo in Medio Oriente deve finire”, ha dichiarato. Deve finire cioè quell’agenda politica lanciata da Obama con le cosiddette primavere arabe, che ha sconquassato e continua a rendere instabile tutta la regione. Ammesso che quell’agenda volesse servire gli interessi di Israele, ormai è fallita, controproducente e comunque non è gradita a Trump.
2) “Abbiamo convinto Hamas che sia meglio spendere le proprie energie per sostenere la propria gente, piuttosto che per colpire la gente degli altri”, ha poi dichiarato.
Questa seconda dichiarazione sconfessa sia Israele che Hamas, di fatto. Propone loro una sorta di “pax americana congiunta”, supportata da investimenti e probabilmente dai proventi dello sfruttamento del bacino Leviathan, di fronte alle coste di Gaza, ricco di gas, probabilmente il più grande bacino al mondo ancora non sfruttato. Una sorta di pace comprata a suon di benessere e non imposta a suon di bombe. Insomma, riviera sì, ma con i Palestinesi a passeggiarvi avanti e indietro. E tanto turismo.
La guerra non era cominciata 2 anni fa con queste premesse, ma su questi binari ora Trump l’ha incardinata con un lavoro diplomatico da grande potenza.
E’ la soluzione giusta? E’ una soluzione che può durare?
No. Non è una soluzione giusta (e ora ascolteremo dalla voce dei Gazawi perché).
E non può essere nemmeno una soluzione duratura, perlomeno non nel lungo termine.
Però ha fermato la guerra.
Però ha sancito quanto Hamas sia un attore politico e non un gruppo terroristico, ribaltando il teorema di partenza di Netanyahu.
Però ha concesso ad Hamas di raggiungere i propri obiettivi: il rilascio di quasi 5mila detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, tra cui 250 prigionieri politici di alto profilo e 86 membri dello stesso Hamas.
Solo per una questione di rispetto per la logica, dovremmo ora domandarci perché Israele avrebbe dunque pianificato da solo l’attacco del 7 ottobre, per poi uscirne ridimensionato.
Come raccontava un messaggio nella scorsa puntata, Israele è stato colto di sorpresa ed ha in seguito cercato di sfruttare la situazione. Non può che essere andata così, visto l’epilogo della vicenda.
In altre parole, abbiamo le prove provano che ci fossero delle falle nel sistema di sicurezza di Israele e che Hamas ne abbia approfittato. Ma queste prove non provano se Israele lo abbia fatto di proposito o se quelle falle fossero non volute e Hamas ne abbia davvero approfittato avendo, all’insaputa di Israele, la tecnologia necessaria per esserne a conoscenza
E da lì ripartiamo, per scrivere i contorni di questo pagina storica, comunque vada.
<<Con tutta sincerità, questa è la mia personale opinione, e non so se è giusto o corretto, ma come tutti gli abitanti della striscia ho vissuto lo sfollamento fin dal primo giorno. Ricordo quando avvenne l’operazione del 7 Ottobre la felicità raggiunse tutti gli abitanti della Striscia di Gaza. Perché ? (La gente) sentiva che presto sarebbe ritornata nelle proprie terre, proprio perché quelle stesse terre sequestrate dall’occupazione sono le nostre, e noi siamo stati cacciati via forzatamente, quindi eravamo felici perché ciò che ci era stato tolto stava per essere restituito. Quindi avevamo il diritto di essere felici. Io sono ancora scioccata dalla parole delle varie nazioni che ci accusano di terrorismo. Perché ci accusano di ciò? Solo perché stiamo resistendo per un nostro diritto?
La campagna “Apocalisse Gaza” arriva oggi al suo 119° giorno: 107.063 euro ricevuti da 1.418 donazioni. Di questi, 106.437 già inviati a Gaza.
Come ogni volta che si giunge al termine di una storia, per quanto triste e tragica, arriva il momento dei ringraziamenti. Ne abbiamo raccolti parecchi in questi giorni.
Ne riportiamo una parte. Sono rivolti alla campagna “Apocalisse Gaza” e noi li reindirizziamo subito al migliaio e mezzo di donatori che hanno fin qui contribuito.
Se è dunque vero che a Gaza ha vinto la Resistenza. Se è dunque vero che la Resistenza di Gaza è una Resistenza popolare. Allora abbiamo avuto ragione a sostenere materialmente il popolo, perché in questo modo abbiamo rafforzato, nel nostro piccolo, anche la Resistenza.
Che dai racconti ricevuti dal campo in questi ultimi 3 mesi era viva e vegeta e però, quando in questi giorni abbiamo lanciato un piccolo sondaggio sulle nostre pagine, non è uscita come fattore determinante della fine delle ostilità tra le ipotesi proposte. L’impresa eroica dei ragazzi di Gaza la vogliono riconoscere in pochi.
La maggior parte di chi si è espresso nel sondaggio è convinta che questi accordi siano una trappola di Israele. Poi, ma molto staccata nel sondaggio, arriva la Resistenza invitta di Gaza. Ultime in fondo (erano 4 le proposte del mini sondaggio tra i fattori che hanno portato alla fine delle ostilità): Trump e le flottiglie.
I Gazawi tuttavia, tra i loro ringraziamenti, hanno voluto includere anche gli Italiani che sono scesi in piazza e hanno fatto casino. Noi crediamo che nell’equazione abbiano contato molto poco e che i loro soldi inviati alle Flottiglie non siano stati solo uno spreco, ma proprio un depistaggio. Tuttavia da Gaza hanno deciso di premiare perlomeno le buone intenzioni della maggioranza che è davvero scesa in piazza con l’intenzione, appunto, di aiutare Gaza. E quindi ci sono ringraziamenti anche per loro. Che noi certamente non censuriamo.
<<Che la pace sia su di te Zio Rabi, volevo ringraziarti a nome (dell’accampamento) di Al Shaty e di tutta Gaza per gli aiuti che hai fatto pervenire in passato e adesso. Ti ringrazio tanto e ringrazio Radio Gaza per ciò che ha fatto per Gaza. Che la pace sia su di voi>>.
<<Vorrei anche indirizzare un messaggio al popolo italiano : ho osservato la loro posizione. Una posizione sincera, fraterna, che ha toccato i nostri cuori. Ho visto le proteste e le manifestazioni organizzare nelle strade d’Italia che rappresentano una sorta di “giornata della Rabbia” in opposizione allo spargimento del nostro sangue, la guerra barbarica e il genocidio scatenata contro di noi. Erano manifestazioni enormi che hanno riempito le strade d’Italia. Ho osservato la posizione dei singoli individui e le loro parole di rabbia e tristezza nel condannare Israele per questa guerra, e questa è una posizione umana, grande e bella da parte del popolo italiano, e tutti noi a Gaza la rispettiamo, nonostante la profondità della nostra ferita e il tradimento che abbiamo subito da parte dei paesi arabi e musulmani. Con tutta sincerità, la felicità e la soddisfazione riempiono i nostri cuori grazie a questa posizione. La posizione dell’umano popolo italiano e le sue parole che ha toccato i nostri cuori, ha riscaldato i nostri petti e abbiamo avuto la sensazione che abbiamo dei veri fratelli sempre presenti con noi con il loro continuo sostegno. Veramente grazie, grazie al popolo italiano, e con tutta sincerità, non sappiamo come esprimere la nostra felicità per questa (sua) posizione e per quanto avete veramente toccato i nostri cuori, e di come il vostro sostegno e le vostre donazioni ci restituiscono la vita, la speranza. Non so come descrivervi la felicità quando una donazione giunge a una famiglia, come questa donazione riaccende la speranza, la felicità nei cuori di tutte le famiglie. Le nostre preghiere vi hanno sempre accompagnato. Le nostre preghiere hanno sempre accompagnato i benefattori. Che Dio ve lo ripaghi in bene e che Dio vi benedica per questa generosità>>.
Esiste una consolidata strategia bellica che insegna che quando non si può sconfiggere il nemico con la forza delle armi, sia meglio conquistarlo con la forza degli argomenti.
Siamo sicuri che al Cairo, sul tavolo della firma degli accordi che hanno riunito tutti i principali esponenti dei Paesi musulmani della regione, stessero volando assegni come foglie in autunno.
L’alternativa sarebbe stata una guerra totale, con il coinvolgimento delle grandi potenze asiatiche che non avrebbero assistito con le mani in mano mentre il Levante veniva posto per intero sotto tutela da parte degli Stati Uniti.
Ma quali sono gli argomenti per conquistare i Gazawi, una volta che le armi non hanno raggiunto il loro obiettivo? Qualcosa di simile a ciò che Pasolini chiamava “acculturazione”, riferito all’Italia. Ossia un lento ed inesorabile processo di trasformazione antropologico-culturale, teso a sovvertire la natura di una società senza che questa se ne accorga.
Questa sfida sarà ancora più subdola e insidiosa.
E potete sommettere che nella melassa prossima e ventura, faremo di tutto per far diventare i Palestinesi un po’ più occidentali. Spopoleranno le “schwa”, le letterine asessuate al termine delle parole, come del resto già spopolano sui comunicati pro-Pal delle nostre parti. Dove qui il problema non è la reintroduzione dei geroglifici nell’uso corrente, ma l’egemonia culturale esercitata con essi da chi li ha introdotti. Ecco, questo è previsto per il popolo di Gaza: conquistarli tutti all’agenda occidentale. Per questo le flottiglie si erano portate avanti. Ora vedremo quali avanguardie occidentali si abbatteranno sui resti di Gaza, ma verosimilmente la macchina sorosiana sarà ancora una volta in prima fila, nonostante Trump.
E’ per questo che quando sentiamo un Gazawi invocare la protezione di Dio, al di là di come la si possa pensare sull’argomento, ci sentiamo rinfrancati. Perché la fede in Dio oggi è il solo baluardo che può proteggere i Palestinesi dall’influenza culturale occidentale. Ed è la fede di chi non ha più nulla da perdere, al contrario del vizio di chi non sa più come farsi notare.
<<E noi in quanto credenti Dio ci ha fatto una veritiera promessa in cui ci ricompenserà con il meglio, come Dio il glorioso e l’Onnipotente ha detto nel suo Libro : E annuncia ai pazienti una ricompensa senza misura. Dio sapeva che arriveranno giorni di oppressione e ingiustizia dove avere pazienza non sarà affatto facile per il musulmano. E che Dio sia lodato perché noi, in questi giorni, rinfranchiamo i nostri cuori con le parole di Dio, rafforzando la nostra fede, e sappiamo che la Verità prima o poi trionferà, e non importa quanto sia potente l’occupazione, e poco importa quanto sia barbaro, Dio sarà sempre più forte di queste forze, e con il permesso di Dio vinceremo, tutto si risolverà. Con il suo permesso Dio ci darà giorni migliori di quelli appena trascorsi.
Da due anni che viviamo l’oppressione, il genocidio. Due anni che hanno derubato le nostre case, la nostra routine, le nostre sicurezze. Due anni che hanno sconvolto le nostre circostanze, due anni in cui abbiamo vissuto l’amarezza , la fame, la paura, la morte, l’oppressione, il tradimento. Ma nonostante tutte queste sofferenze, nonostante questa barbarie da parte dell’occupazione, siamo consapevoli e avremo sempre fede in Dio. Ogni giorno questa fede in Dio aumenta, perché saremo sempre liberi. Non ci sono dubbi che vinceremo, non ci sono dubbi che saremo sempre liberi, la libertà che vive dentro di noi sarà testimone di questa oppressione, e noi siamo consapevoli che Dio ci restituirà ciò che è nostro, ci restituirà la verità che illumina i nostri cuori, e la menzogna si dissiperà, con il permesso di Dio, dal nostro cammino, e la libertà arderà, indomabile e indimenticabile per l’eternità>>.
Nei commenti di questi giorni molti in Italia hanno espresso il timore che la tregua non avrebbe retto e che quindi il ritorno dei Palestinesi nelle terre del Nord della Striscia sarebbe stato a tutti gli effetti prematuro.
Ragionevole, da un certo punto di vista. Ma è pur vero che i Palestinesi sul campo non hanno avuto dubbi. La guerra è finita. L’esercito israeliano si ritira, Hamas torna per le strade, i prigionieri palestinesi vengono rilasciati, le grandi potenze firmano, i valichi stanno per aprire, gli aiuti stanno per arrivare. Che altro vuoi aspettare per tornare a casa?
Una volta tornati al nord molti hanno trovato le proprie case distrutte.
Però la sensazione di vittoria e di fine della guerra ha già pervaso tutti. Ed è questo che abbiamo raccolto e con grande gioia condividiamo con voi.
<<Amico mio, vorrei chiarire alcune questioni riguardo gli ultimi giorni di guerra. Iniziamo dalla zona di Sheikh Al Ridwan, a Gaza città, questa zona è stata totalmente distrutta. Di questa zona non rimane che una decina di case. Una zona residenziale tra le più popolate assieme all’accampamento di Al Shaty, la zona di Sheikh Al ridwan è disastrata, non ci sono fonti idriche, anche i pozzi scavati durante la guerra e il periodo precedente sono stati totalmente distrutti dall’esercito di occupazione per rendere difficile la vita a Gaza città ma con il permesso di Dio saremo in grado di ricominciare a vivere, con il vostro aiuto e di tutti i (i nostri) sostenitori per il mondo vorremo scavare nuovi pozzi d’acqua e il ritorno della vita nella zona di Sheikh Al Ridwan, la zona di Sheik Al Ridwan ha sostenuto molta distruzione, persino il cimitero locale e le tombe sono state completamente distrutte.
Ciao amico mio Rabi, trovare connessione internet è molto difficile, gli ultimi tre giorni che sono il Mercoledi, il Giovedi e Venerdi ci sono stati terribili bombardamenti contro le torri cellulari che trasmettono internet e le telecomunicazioni. E’ stato distrutto più del 70% delle torri cellulari negli ultimi due giorni, un piano da parte dell’occupazione per interrompere internet e la comunicazione con il Mondo. Internet è molto debole, le torri cellulari rimanenti non riescono a coprire del tutto la Striscia di Gaza all’interno del campo di Al Shaty non c’è internet, in via Al Nasr e Sheikh Al Ridwan non c’è internet. Questa mattina gli addetti alla manutenzione hanno iniziato la ricerca di una soluzione per ristabilire internet in queste tre zone nel nord della Striscia di Gaza in modo che non si perda la comunicazione con il Mondo. Questo per quanto riguarda la questione del bombardamento costante contro i sistemi di telecomunicazioni>>.
<<Che la pace sia su di te amico mio Rabi e che la pace sia su di te amico mio Michelangelo.
Non è facile descrivere le emozioni degli sfollati di ritorno nelle loro case nella giornata di oggi. E un miscuglio di felicità e dolore. Una grande felicità per il ritorno in quei luoghi in cui si persero le speranze di rivederle.
Verso quei muri che ha memorizzato le loro voci e quel senso di sicurezza che hanno perso durante lo sfollamento ed è un grande dolore quando ritrovano le loro case distrutte e i loro ricordi sotto le macerie, quasi fossero tornati in un luogo che non somiglia per niente con quello che avevano abbandonato. Una sensazione di vittoria e pazienza, perché il ritorno, nonostante tutto il dolore, significa che sono ancora saldi e che l’occupazione non ha cancellato la loro presenza. La paura è che possano di nuovo essere costretti allo sfollamento (0.09). Lo sfollato quando ritorna non cerca soltanto dei muri, ma la dignità, la stabilità, la perenne sicurezza, e non temporanee>>.
Un sintomo giudicato inequivocabile dai Palestinesi a Gaza circa la fine della guerra è il ritorno di Hamas per le strade. Ma anche un altro fatto: i palestinesi collaboratori di Israele responsabili della morte dei loro stessi fratelli, sono ora nelle mani di Hamas e si parla già di esecuzioni e tribunali popolari.
Prima o poi quella è la fine che avrebbero fatto, ma che tutto ciò stia avvenendo adesso è un segno importante. E’ il segno che Israele non tornerà tanto presto all’interno della Striscia.
E’ il segno che una vittoria così schiacciante sul piano politico non sarebbe stata possibile senza l’apporto degli altri Paesi della regione.
E’ il segno che, intanto che Trump ci spiegherà come dovrà essere interpretato il punto del suo piano che prevede una cabina di regia allargata per il governo di Gaza, nel frattempo i Palestinesi hanno già ripreso il controllo della propria terra e stanno già esercitando il volere del popolo, senza dover chiedere permesso a nessuno.
<<Si amico mio Rabi, ci sono forti indizi che Hamas stia tentando di riprendere il controllo delle strade della Striscia, ma sta affrontando grandi sfide e la questione non sarà affatto facile. Ecco i dati più importanti riguardo il ritorno al potere di Hamas.
1. Schieramento di forze e apparati di sicurezza. Secondo alcune fonti, Hamas ha iniziato a schierare le proprie forze, Polizia e apparati di sicurezza, in alcune zone per imporre l’ordine e il controllo delle strade.
2. La ripresa del controllo di Khan Younis. Secondo analisti e osservatori, dopo il ritiro delle forze israeliane in alcuni punti, nel giro di pochi giorni Hamas ha ripreso il controllo di Khan Younis.
3. La riorganizzazione interna. Hamas ha annunciato la riorganizzazione dei suoi apparati di sicurezza. Includendo diverse forze all’interno di un unica struttura c’è un tentativo di ricostruire la sua forza dopo le perdite sofferte.
Ci sono alcune dichiarazioni di analisti israeliani. Alcuni analisti israeliani confermano che Hamas ha ripreso il controllo della Striscia di Gaza senza considerare che Israele non ha più la capacità di influire sulle sfide e sugli ostacoli che sta affrontando Hamas. Perdita del controllo della sicurezza in alcune zone. Alcuni rapporti indicano che Hamas ha perso il controllo di sicurezza in alcune parti della Striscia e sono apparse delle bande, il caos e il saccheggio in alcune zone.
Infrastrutture e l’amministrazione civile colpite : parecchie istituzioni di sicurezza e civili sono state danneggiate o distrutte durante la guerra, rendendo difficile la presa di controllo dal punto di logistico.
E dopo tutto ciò amico mio Rabi vorrei rivolgere un messaggio al fratello Michelangelo e ai donatori che hanno collaborato con noi sostenendoci, dal mese di Giugno ad oggi Rivolgo un messaggio di ringraziamento e gratitudine a chiunque mi abbia sostenuto in queste difficili circostanze, a chiunque ci ha sostenuti con una parola, una preghiera o un semplice aiuto la vostra presenza ha alleggerito il fardello e ci ha fatto sentire che il Bene è ancora presente nel cuore delle persone vi ringrazio di cuore e prego che Dio ve lo ripaghi in bene e che vi liberi da ogni afflizione come avete fatto con noi.
Un grazie a voi dal cuore della Striscia di Gaza e che la pace, la misericordia di Dio e le sue benedizioni siano su di voi.
Che la pace sia su di te amico mio Rabi. Vorrei chiarire l’arresto di mio cugino Mahmoud. Mio cugino è stato arrestato dalle forze d’Occupazione quando era ricoverato presso l’ospedale indonesiano, nel Nord della Striscia. All’inizio l’ospedale aveva subito una serie di attacchi, e nonostante il suo stato di salute è stato imprigionato in maniera illegale e senza un accusa chiara e che Dio sia lodato è stato recentemente liberato e adesso lui si trova tra la sua gente, ma il trattamento e le condizioni della prigionia sono stati difficili e disumani ringrazio chiunque si sia preoccupato, ha pregato e ci ha sostenuti.


