Fonte: La stampa
Alessandra Ghisleri: Il campo largo non conquista gli elettori 5S, record di astensionismo tra gli ex M5s
Le elezioni amministrative tra il 2024 e il 2025 hanno offerto un quadro più chiaro della nuova geografia politica del centrosinistra: su 39 appuntamenti tra capoluoghi e regioni, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle si sono presentati uniti nel “Campo Largo” in 30 occasioni, ottenendo la vittoria 18 volte. A un primo sguardo, si potrebbe leggere questo risultato come una conferma della bontà dell’alleanza “estesa” immaginata da Elly Schlein e Giuseppe Conte, tuttavia, i numeri raccontano anche un’altra storia.
Il Movimento 5 Stelle, nelle competizioni locali, mai ha superato l’8%, e solo a Campobasso è arrivato a una cifra a due numeri (10,14%). È un dato che suggerisce un fenomeno preciso: l’elettorato grillino, quando si presenta in alleanza, tende a confluire verso i candidati e le liste del Partito Democratico o di Alleanza Verdi e Sinistra. In altre parole, la coalizione sembra rafforzare il campo progressista nel suo complesso, ma non il Movimento 5 Stelle come forza autonoma.
Sul piano strategico, la domanda che si pone è dunque inevitabile: quanto conviene al Movimento continuare su questa strada? Il quadro complessivo dei 39 appuntamenti elettorali presi in esame suggerisce che il M5S non sposta gli equilibri elettorali del centrosinistra, ma ne segue la scia, confermando un consenso sempre più volatile e concentrato al Sud. L’alleanza con il PD garantisce visibilità e un ruolo nei tavoli di coalizione, ma al prezzo di una progressiva perdita di identità politica e di rappresentanza elettorale.
Il “campo largo”, per ora, sembra un progetto che ingrassa il Partito Democratico e tiene in vita il partito di Giuseppe Conte come alleato necessario, ma non decisivo; anche perché Alleanza Verdi e Sinistra sta crescendo nei risultati attraendo molti voti tra le file del movimento. In Emilia-Romagna e in Toscana, territori storicamente considerati inespugnabili dal centrodestra, l’asse Schlein-Conte ha dimostrato di essere un progetto vincente e, almeno in apparenza, paritario. Tuttavia, Il centro sinistra avrebbe vinto anche senza l’apporto del voto del Movimento. Infatti, proprio in queste regioni il Movimento 5 Stelle si è confermato un alleato minore, fermandosi al 3,55% in Emilia-Romagna (2024) e al 4,34% in Toscana nella tornata elettorale della scorsa settimana. Dati non proprio utili visto che la vittoria è stata per il 57.36% in Emilia Romagna e del 54.64% in Toscana.
Tra le persone che non votano da almeno cinque anni la percentuale maggiore è proprio rappresentata da ex “grillini”. È un fenomeno che segna il passaggio da una stagione di partecipazione attiva – quella dei tempi di Grillo e Casaleggio, quando il richiamo “all’onestà” e alla centralità del cittadino aveva scosso il sistema politico – a una fase in cui quei sentimenti appaiono ormai sfumati, se non scomparsi. Il dato vero è che il rischio per il partito di Giuseppe Conte resta quello di restare schiacciato tra la forza organizzativa del Partito Democratico e la spinta ideale di Alleanza Verdi e Sinistra. Le urne, ancora una volta, parlano chiaro: l’alleanza può vincere, ma il Movimento non sembra crescere.
Le prossime elezioni regionali in Veneto, Puglia e Campania, previste per novembre, saranno un nuovo banco di prova. Al sud il centrosinistra parte favorito – meno al nord- e la candidatura di Roberto Fico in Campania potrebbe rappresentare per il Movimento 5 Stelle un’occasione di rilancio. Anche in questo caso, più che una sfida di partito sarà una verifica di leadership personale. Se dovesse vincere con il sostegno degli elettori di Vincenzo de Luca, il successo di Fico apparirebbe come quello di un volto riconosciuto e radicato, non necessariamente come la rinascita politica del Movimento.


