di Fausto Anderlini – 10 gennaio 2018
In linea di principio sono a favore delle alleanze. Le alleanze costituiscono l’essenza della politica, come di ogni arte polemica. Chi rifiuta le alleanze difetta di una analisi realistica dei rapporti di forza, non ha una visione chiara e concreta del proprio progetto nè del nemico principale che vi si oppone. Come tale è letteralmente inabile alla politica. Uno dei grandi errori alla base del Pd è stato di trasformare una alleanza in un sedicente soggetto ‘maggioritario’, cioè autosuffciente. Col risultato di rendersi scalabile da cricche di potere e di arrivare a praticare di soppiatto alleanze spurie se non di connivenza col ‘nemico’. Fino alla perdita di sè e all’implosione.
Ma a parte questo autodafè, di norma le alleanze sono rifiutate dalle formazioni incapaci di uscire dal guscio minoritario che le avvolge come una coperta di Linus. Ancora di recente ho polemizzato con compagni di LeU proprio per la loro inclinazione ostile alle alleanze sino a una forma di tomismo a-politico. E tuttavia proprio perchè la questione delle alleanze è seria, l’approccio non può essere improvvisato. Le alleanze vanno preparate, come nel lessico del Pci, con ponderate ‘offensive unitarie’ e sulla base di salde piattaforme. Le alleanze last minute, abborracciate per mera convenienza situazionale, magari nel fuoco di furibonde lotte intestine, non hanno futuro. Anzi possono produrre effetti contrari.
Oggi su Repubblica la perorazione di Mauro, addirittura con appassionati accenti neo-leninisti, di una alleanza fra Pd e Leu basata sul “marciare divisi (su scala nazionale) per colpire uniti” (in Lombardia e nel Lazio) ha l’aria di costituire un’esca velenosa. Abboccare ad essa non varrebbe la ‘conquista’ delle due regioni (comunque ardua sino all’impossibile in quel della Lombardia) ma solo un qualche vantaggio nazionale per il Pd renziano.
Non si possono lanciare moniti unitari nel mentre sulle stesse colonne infuria una quotidiana denigrazione di LeU e dei suoi dirigenti…. è persino esteticamente sgraziato. Vien quasi da pensare si cerchino pretesti per poi gridare agli ‘scissionisti’ malefici. Sino a che il quadro politico non si sarà depositato in un assetto chiaro dei soggetti politici, delle coalizioni dirigenti e dei più generali rapporti di forza, ogni alleanza messa in piedi alla purchessia all’ultimo secondo può essere un azzardo che mette a repentaglio, al caso, quel tanto di processi unitari in corso (come nel caso di LeU).
Prima di tessere le necessarie alleanze bisognerà contare le divisioni in campo e questo lo si desumerà dal dato nazionale in uscita dalle urne il 4 di marzo. I contesti locali a seguire. Del resto è al Pd e alle sue scellerate politiche che si deve la decostruzione di quella politica del territorio che un tempo era la base di forza dell’alleanza di centro-sinistra. Ancora nel recente referendum costituzionale, e prima che il Pd si mettesse alla coda dei referendum federalistici della Lega, una delle poste in gioco era l’amputazione di molte prerogative dell’autonomia regionale all’insegna di un centralismo selvaggio.
Se devo essere sincero, lascio questa nota con più di un margine di dubbio. Nel Lazio, ad esempio, ci sono forze che potrebbero sostenere LeU che sono in giunta con Zingaretti, situazione che non vale per la Lombardia. Perciò confido in una ponderata sagacia da parte di chi guida, ma il rischio che el tacon xe peso del buso è nondimeno quello più fondato.


