di Luigi Altea, 18 gennaio 2019
Alfonso Bonafede sembra sempre strafatto di camomilla.
Ed invece è così di natura.
Si dice che, quando il 2 Luglio del 1976 venne alla luce, a Mazara del Vallo il sole fosse così splendente che il piccolo, anziché mettersi a piangere, fece cenno con gli occhietti di abbassare le tendine, voltò la testolina dall’altra parte e si mise a dormire.
Fu un segno premonitore.
Di lui non si ricorda un gesto d’ira, uno sfogo concitato, una reazione violenta.
Anche da ministro riesce sempre a mantenere la serenità e la calma.
Il predecessore Andrea Orlando era triste come la porta di una prigione, Alfonso Bonafede, invece, ha l’aria soddisfatta come quella di chi sia riuscito ad evadere calandosi con un lenzuolo.
Avrete anche voi notato che quando non dorme ride, e quando non ride dorme.
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, però, non è indolente, è solo assonnato.
Non è svogliato è solo insonnolito.
E quando non lo vedete, non è perché si è assentato, ma soltanto perché, da qualche parte, si è assopito.
Quando è stato nominato ministro, il personale di Via Arenula è rimasto alquanto perplesso.
Il ministro della Giustizia è anche il Guardasigilli.
Credo che abbiano pensato: come potrà guardare i sigilli un ministro che, per quanto abbia fama di homo sapiens, è abitualmente anche homo dormiens?
Mi hanno raccontato che quando Bonafede ha consegnato Cesare Battisti al corpo di polizia penitenziaria di Oristano, prima di congedarsi, dal finestrino dell’auto ha salutato gli agenti dicendo: mi raccomando ragazzi, tenete gli occhi ben aperti!
Poi ha fatto un grande sbadiglio, ha chiuso gli occhi e si è abbandonato mollemente sul sedile.
Ha reclinato la testa e si è messo a ronfare.


