Sull’elogio di Paolo Mieli al miracolo di Zingaretti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Michele Prospero

Paolo Mieli sul Corriere di oggi celebra (o fa finta?) Zingaretti per “una impresa destinata a restare negli annali”. Un partito precipitato ai minimi storici, dice, rientra nel palazzo solo grazie alla manovra spregiudicata e al modico prezzo dell’incoerenza più evidente. Accanto a elogi (ironici?) a Zingaretti “abile”, autore di un “miracolo”, Mieli introduce delle considerazioni storiche più ampie per rimarcare tare originarie della sinistra italiana.
Sostiene Mieli che solo una volta, in 75 anni di storia, la sinistra ha vinto alle urne, ed è stato nel 1996 grazie a Prodi. Forse, scavando in profondità, si può giungere alla più corretta attribuzione della autentica paternità di quel lontano successo politico. Lo storico Giuseppe Mammarella (L’Italia contemporanea, Bologna, 2008, p. 552) non ha dubbi al proposito. E scrive che la complessa regia che portò al successo dell’Ulivo fu svolta da D’Alema e, in questa luce, “la vittoria del centro-sinistra sarà pertanto in larga misura la vittoria del Pds e segnerà il successo personale di D’Alema”.
Il problema vero è che il regista del 1996 ha assolutizzato quella tecnica della scomposizione della maggioranza ritenendo che fosse proponibile come schema anche nella crisi odierna che però ha tutte altre dinamiche e quindi richiederebbe diverse soluzioni possibili. Quello del ’96 era un ribaltone egemonico propedeutico al voto ravvicinato, quello del 2019 è solo un ribaltone subalterno e privo di sbocchi che prenota un governo di legislatura nella paura assoluta del voto.
Dopo aver eliminato il secondo successo (ha vinto poco la sinistra è vero, però non bisognerebbe toglierle d’ufficio le affermazioni alle urne che pure ha accumulato a fatica) riportato dall’Unione nel 2006 (e manovre per defenestrare e ricomporre sono state attuate anche dalla destra con i giustiziasti Di Gregorio, Razzi e Scilipoti), Mieli si lancia in esercizi di filosofia della storia per graffiare come al solito i comunisti. Scrive che sempre senza una investitura attraverso il voto il Pci ha accarezzato le stanze dei governi, sin dal ‘44. Forse Badoglio aveva vinto le elezioni? E anche gli altri esecutivi che Mieli rammenta a sostegno della sua ipotesi della prevalenza della manovra sul consenso, quelli guidati da Bonomi, Parri e De Gasperi, vedevano la partecipazione di partiti che non erano certo passati attraverso libere elezioni politiche.
La vicenda storica della sinistra non si riduce a una ginnastica della manovra per la manovra, implica teoria politica, penetrazione di massa, organizzazione. In una parola: autonomia di un soggetto. Quella che ha portato al Conte bis, peraltro, ha quali registi principali tutti esponenti ex democristiani che hanno spinto per l’intesa perché in effetti non si percepisce la distanza ideologica effettiva tra un Renzi, una Boschi, un Franceschini e l’avvocato del popolo. Oggi vince la manovra ma senza la sinistra, che è condannata all’oblio. La coalizione Ursula, che Mieli sembra auspicare in caso di incidenti di percorso, è il definitivo trionfo di una politica senza basi sociali e spirito ideale.
La sinistra è solo il ricordo di una parentesi del tutto eccezionale nella storia repubblicana che ora viene inghiottita dal trasformismo eterno, che vede nelle confuse mosse di Zingaretti l’irrilevanza di un attore non protagonista. E la soddisfazione per questo ribadito commiato della sinistra come temibile forza autonoma è forse il vero motivo dell’elogio del Corriere.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.