di Alfredo Morganti
Un pubblicitario ieri dichiarava di essere stupito per le polemiche contro il duello ‘Matteo vs Matteo’, e che invece bisognava salutare con gioia il ritorno del confronto all’americana, uno contro uno, maschio alfa contro maschio alfa pronti a sfidarsi per il trono, legittimandosi, ovvio, reciprocamente. A questo ne seguano altri, in una sorta di ‘Leader League’, la nuova lega di uno sport a chi la dice più grossa e alza di più la voce. Capisco il mestiere del pubblicitario e la necessità di preservarlo (anche se di può fare comunicazione pubblicitaria in tanti modi, non solo addestrando due campioni alla lotta), ma il tarlo della politica italiana (e non solo) è proprio qui: nella riduzione di un’immensa articolazione di idee-proposte-bisogni-forme di partecipazione-progetti in due individui che, per necessità del linguaggio mediatico, sono chiamati a condensare nelle loro povere membra tutto un mondo ben altrimenti raffigurabile. Forse non meritiamo lo spettacolo dei maschi alfa mentre grugniscono e si fronteggiano a suon di audience e di interruzioni pubblicitarie. E soprattutto non meritiamo lo scambio ormai lapalissiano tra comunicazione e politica, nel senso che la prima ormai costringe alla ancillarità la seconda, invece che il contrario.
Noterete tutti come l’esplosione comunicativa sia stata direttamente proporzionale alla implosione della informazione. Più si comunica e più crescono le fake, più si comunica, più ne sappiamo di meno e più domina l’incertezza. La comunicazione (tanto più all’americana) nasce esattamente per racchiudere le notizie e le informazioni in una capsula da cui fuoriescono sempre più a stento. C’è qualcuno che può dire, dopo un faccia a faccia tra rudi uomini della politica, che ne sappiamo di più di prima? Penso di no. Quel che resta è solo la memoria di chi avrebbe prevalso o meno, di chi avrebbe mostrato più grinta, tenuta, dialettica, capacità di incassare e prontezza ad attaccare o replicare: praticamente la boxe. Che poi i tifosi, spesso falsi profili social, si scatenino sostenendo che l’uno avrebbe asfaltato l’altro, o viceversa, è nello spirito delle cose, e nel destino della politica muscolare, all’americana, e per la gioia dei supporter. Altra cosa è l’agorà, il discorso pubblico, la discussione dialettica, dove ognuno sostiene una soluzione o una via d’uscita al problema, dove si ascolta e si controbatte, meglio se in forme organizzate e associate. Il confronto all’americana è uno spettacolo per donne e uomini soli, atomizzati, che al più sono classificabili come “spicchio” di audience. È un uomo solo quello che combatte sul ring, è un uomo solo l’arbitro, è solo lo spettatore in poltrona, e siamo tutti soli noi, nelle nostre case, davanti a una tv, mentre c’è la rude esibizione tanto amata dal pubblicitario. Siamo senza un grande partito, senza un soggetto, senza una forma che sappia dare un senso politico alle nostre vite, alle nostre opinioni e ai nostri bisogni. Per quanto ancora?
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di Alfredo Morganti
Le asfaltature
A vergogna si aggiunge vergogna. Era inevitabile che al confronto all’americana succedesse poi l’attivismo dei tifosi, tra cui probabilmente profili fake, pronti a sostenere l’avvenuta asfaltatura dell’uno o dell’altro. Voi non volete solo il maggioritario, la personalizzazione, il presidenzialismo, i pieni poteri, la teocrazia e la politica ridotta a circo Barnum, voi volete anche la nostra anima (e ancor prima la nostra santissima pazienza).


