Il comportamento dei nostri politici, e dello stesso Renzi, dimostra che la riforma del 2016 non avrebbe risolto nulla

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giovanni La Torre
Fonte: i gessetti di Sylos

di Giovanni La Torre

Ancora si leggono ogni tanto commenti nei quali si lamenta che la bocciatura della riforma istituzionale del 2016 ha rappresentato un’occasione mancata sulla via della modernizzazione del nostro paese. Come si ricorderà, connessa alla riforma costituzionale vi era anche la proposta di nuova legge elettorale che prevedeva un forte premio di maggioranza per il partito vincente, e questa proposta veniva accompagnata dalla giaculatoria “così sapremo la sera stessa delle elezioni quale maggioranza ci governerà”.
Il sottoscritto già allora rilevava che in un paese come l’Italia, dove il trasformismo è la prassi costante dei nostri politici, quell’affermazione era priva di significato, perché sarebbe bastato un qualsiasi torto a un qualunque Pinco Pallino di onorevole, che questi sarebbe uscito dal suo raggruppamento e fondato un nuovo partito o gruppo parlamentare, in barba a qualsiasi maggioranza precostituita, rendendo così precaria la maggioranza uscita “la sera stessa delle elezioni”. Le vicende di questi quasi due anni che ci separano dalle ultime elezioni politiche, confermano quella mia analisi. Con tutti i cambi di casacca cui abbiamo assistito di numerosi parlamentari, fondazione di nuovi gruppi e partiti, da parte anche dello stesso Renzi, che era quello che predicava più di tutti la validità miracolosa della riforma, si capisce come le maggioranze siano sempre alquanto precarie.
Ma la sete di protagonismo e di rivalsa per presunti torti, tipica di tutti i frustrati, è certo che avrebbe reso inutile, anzi dannosa, anche la presunta semplificazione derivante dal passaggio al monocameralismo, così come era stato vagheggiato. Se vi ricordate, questa parte della riforma, che veniva indicata come la più importante, prevedeva che alcune materie restassero comunque di competenza anche del Senato. L’indicazione di queste materie era così generica che veniva fornita, sempre al solito onorevole-senatore Pinco Pallino frustrato, l’occasione di ricorrere alla Corte Costituzionale (che è deputata a risolvere i conflitti tra poteri dello Stato) quando “riteneva” che il Senato fosse stato esautorato nelle sue competenze perché una certa legge era stata approvata solo dalla Camera. Con il risultato non solo di bloccare l’attività legislativa, ma anche di intasare gli uffici della Corte Costituzionale.
Finché avremo una classe politica di questo tipo, nessuna riforma costituzionale o elettorale sarà mai quella giusta. In ogni campagna elettorale sentiamo dire “votate me e cambieremo l’Italia”, quando sentiremo qualcuno dire “votate me e cambierò io”? Prometto che lo voterei.

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