CARNI DI ANIMALI SCONOSCIUTI E DONNE COME CARNI DA CONSUMO

per tonigaeta
Autore originale del testo: Antonio Gaeta

L’idea di scrivere qualcosa sull’argomento del titolo mi é stata offerta dal quesito posto da un’amica, circa le possibili motivazioni della sua difficoltà a mangiare carni.

La riflessione che segue é stata ispirata, invece, dalla presentazione a Roma (dopo 30 anni tra traduzioni e difficoltà di pubblicazione) del libro di Carol Adams, con il titolo italiano “Carne da Macello”. L’argomento da lei trattato offre l’opportunità di approfondire l’usanza patriarcale di considerare sia gli animali allevati sia le donne violentate come «carne da consumare».

Il libro, che ha le caratteristiche del saggio antropologico, si dilunga sulle diverse tradizioni, pratiche e relazioni sociali della cultura occidentale, che parlano di «rapporti violenti» tra esseri umani ed animali da sacrificare. Il testo, infatti, espone l’interdipendenza fra la violenza simbolica e/o materiale, esercitata sui corpi umani animalizzati, e quella inflitta ai corpi degli animali sacrificali, le cui implicazioni vanno oltre la diversità di specie viventi.

Per chiarire, Adams definisce come «referenti assenti» (giacché ignorati dall’uomo consumatore) tutti gli smembrati, torturati, macellati, stuprati o comunque oggettivati, che perdono, quindi, la dimensione di persone o di specifici animali e diventano soltanto «corpi consumabili».

Ciò mi fa pensare che, soltanto in assenza di pescato, di raccolto e di coltivato, necessità di sopravvivenza giustificano il mangiare anche carni. In questo caso l’affamato soddisferebbe un insopprimibile disagio.. Anche chi gode dell’unione con un corpo amato soddisfa un bisogno biologicamente naturale. Purtroppo, non si può dire lo stesso per chi eredita la mentalità violenta, tipica dell’antica cultura patriarcale. La non conoscenza dell’animale macellato, come della donna stuprata, sono aspetti che accomunano le due situazioni e parlano di “mai digeriti comportamenti violenti”, che alcuni organismi memorizzano a livello cellulare. A voler entrare in maggiore profondità la sensazione biologica del disgusto si manifesta anche nell’apostrofare l’oggetto del disgusto con l’aggettivo “barbarico”: ovvero senza saperlo “tipico delle crudeltà degli invasori patriarcali”.

Prima di analizzare ulteriori conseguenze della «mentalità patriarcale», cerchiamo di capire di più su tale qualificazione attribuita all’origine dell’uso dei corpi degli esseri viventi in quanto “carni”.

Abbiamo appreso dai libri di scuola che l’uomo «primitivo», sebbene nato vegetariano, scoprì poi la caccia, imparò a catturare la preda, per poi portarla alla donna rimasta ad accudire la prole. Ci é stato, inoltre, insegnato – mitologia (1) e cinematografia confermano – che la specie Homo sia poi biologicamente e antropologicamente evoluta, grazie all’acquisita capacità di cuocere carni, contestualmente con la scoperta del fuoco.

Tuttavia, sempre più reperti archeologici, datati come appartenenti all’era neolitica, sembrano assolutamente smentire questo preistorico quadretto familiare. Come ho già avuto modo di scrivere altrove (2), detti reperti dicono che le prime civiltà umane non nacquero in Mesopotamia, bensì in Europa. Tutto dice che i popoli europei da noi conosciuti non siano i soli autori della cultura occidentale appresa sui libri scolastici. Ci furono, invece, dei coautori, quale risultato di una lenta ma gigantesca fusione tra invasori dalle steppe predesertiche: fusione che diede alle prime fusioni il nome di indoeuropei. Tale invasione si caratterizzò inizialmente come devastazione militare ai danni delle pacifiche preesistenti civili comunità europee (tra cui spicca quella minoica). Il percorso storico dell’Europa da noi conosciuto non casualmente si rivela essere pertanto, Storia di guerre per l’acquisizione di risorse umane, animali e del territorio.

Marija Gimbutas in due delle sue pubblicazioni (3) designa tre ondate di incursioni da parte della componente meglio organizzata di detti invasori: i Kurgan asiatici. La loro prima ondata in Europa é datata intorno al 4.300-4.200 a. C., la seconda intorno al 3.400-3.200 a. C. e la terza (definita «la più devastante») intorno al 3.000-2.800 a. C. In questo stesso millennio nacque quella che conosciamo come la prima civiltà mesopotamica: i Sumer, ai quali attribuiamo la paternità della cultura occidentale.(4)

Un tema centrale nell’arte dei Kurg (e dei successivi eredi indoeuropei) fu, come osserva la stessa Gimbutas, la deificazione del potere di dominare distruggendo: potere che talvolta si manifesta con la rappresentazione di figure antropomorfe di divinità, le cui braccia sono alabarde e asce dai lunghi manici; raffigurazioni che in seguito lasceranno il posto a «dei sul cavallo», nell’atto di brandire armi. Come scrive nel suo libro The Civilization of the Goddess, queste divinità ossequiosamente solo maschili, erano perfettamente consone con un’organizzazione sociale composta da «sovrani e guerrieri, che avevano padroneggiato il cavallo e le armi da guerra».

Tuttavia, l’aspetto più pertinente lo scopo di questo articolo é il rapporto con la dimensione corporea delle vittime viste soltanto come “carni”: in particolare quelle femminili, asservite alle violenze dello stupro, e quelle derivanti da tecniche di macellazione, a prescindere dall’uso originario del bestiame per la pastorizia, poi anche stabulazione. Riane Eisler (5) in proposito scrive: “Ritengo molto significativo il fatto che a diffondersi persino nelle regioni anticamente più ospitali del nostro pianeta, fu un’organizzazione sociale inizialmente pastorale e di tipo patriarcale (ovvero sul modello dell’assoluto dominio maschile). In altri termini, penso che il pastoralismo, come tecnologia, porti più facilmente dell’agricoltura all’organizzazione del modello sociale fondato sul dominio maschile.” L’assimilabilità della pratica dello stupro (anche domestico) con quella del consumo delle carni di animali, senza conoscerne la provenienza e le caratteristiche della specie sacrificata, é dunque riconducibile ad un vissuto iniziato circa 5000 anni fa: soltanto un battito nell’esistenza multi-millenaria di Homo Sapies !

Leggendo gli studi del geografo James DeMeo, citati da Riane Eisler, fu, l’esaurimento della fertilità dell’ambiente a produrre le conseguenze più gravi anche in aree un tempo non marginali. Ancora oggi assistiamo, purtroppo, a un sistema di dominio, che ha sempre distrutto le foreste (ora anche quelle tropicali), con ulteriore inaridimento vegetale: circostanza che indusse (e oggi ancor di più induce) i proprietari e/o conduttori degli allevamenti animali all’uso della stabulazione perpetua (6), sul modello della donna “animale domestico”.

Le origini dell’uso distorto delle carni risale, pertanto, al pastoralismo nomade. Questo usò inizialmente zone poco fertili. Probabilmente, anche a causa di cambiamenti climatici e ambientali, queste aree non furono più adatte all’agricoltura. Ma il pastoralismo rimasto nomade non è soltanto il risultato di ambienti inospitali. Esso é stato ed é anche un’attività umana, che ha contribuito e contribuisce a rendere inospitale l’ambiente. In tale contesto c’è da considerare che ragioni di sopravvivenza indussero il pastoralismo ad assumere conseguenti caratteri violenti, con schiavizzazione di esseri viventi (umani e non umani): da millenni utilizzati solo per il loro concorso nella produzione di derivati: soprattutto il latte, poi previa lavorazione il formaggio e previa macellazione le carni. Esseri viventi destinati in gran parte alle malattie e per i non umani all’uccisione, senza che i destinatari dei prodotti li abbiano mai conosciuti.

Proseguendo con Riane Eisler: “Mentre nelle società agricole l’allevamento e l’eventuale macello degli animali fin dall’inizio è stato solo un supplemento alla coltivazione di verdure e frutta, in un’economia pastoralista il fattore primario per la sussistenza è la schiavizzazione di essi viventi (umani e non umani). Per quest’ultimi fin dalla nascita destinati alla macellazione, al fine di vendere la loro “carne”. Ciò spiegherebbe anche la corazza psicologica (o smorzamento delle emozioni «dolci») che secondo DeMeo caratterizzò le origini delle società patriste.” Questo perché è difficile permettersi di provare simpatia (e tanto meno amore) per piccole creature che, per quanto tenere, devono essere uccise. Istruttivo in proposito è l’addestramento delle SS naziste, quelle che fecero funzionare i campi di sterminio. Tale addestramento comprendeva, tra l’altro, l’ordine di allevare cuccioli, di nutrirli, di curarli in ogni modo, di giocarci e poi di ucciderli, senza tradire la minima emozione.

Inoltre, se si è abituati a vivere di animali asserviti, per trarne carne, formaggio, latte, pelli eccetera, é più facile abituarsi a considerare anche l’asservimento (fino allo stupro) di esseri umani come un fatto del tutto accettabile. Una volta che l’empatia e l’amore in un dato contesto vengono abitualmente repressi, ciò tende a dar luogo a quel che gli psicologi chiamano «appiattimento affettivo»: ossia una capacità ridotta e altamente compartimentale di risposta a sensazioni (affetti) diverse dalla collera, il disprezzo, l’ambizione smodata e simili emozioni «forti».

Non sto affermando che civiltà non dedite al pastoralismo non praticarono la schiavitù. Risulta che anche civiltà da noi storicamente conosciute e dedite all’agricoltura avevano schiavi. Tuttavia, dopo il 3′ millennio a.C. si trattò di inquinamento culturale, imposto dalle invasioni di cui sopra. Qui stiamo indagando sulle origini dell’istituzione schiavistica, nonché della percezione di oltre metà dell’umanità rispetto alle donne, ritenute un bene strumentale o una proprietà, che gli uomini devono controllare e dominare. Vista con tale consapevolezza e conoscenza antropologica, l’appetibilità e la digestione di carni (soprattutto di animali costretti alla stabulazione e sottratti al naturale arricchimento proveniente dai pascoli non desertificati) resta molto difficile.

NOTE :

  1. Esemplare é il mito greco del titano Prometeo

  2. – NuovAtlantide: Testimonianze sulle cause della fine dell’antica Europa – Antonio Gaeta

(3) – Marija Gimbutas – Le dee e gli dei dell’Antica Europa (Stampa Alternativa) – Marija Gimbutas – Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa (Il Mulino)

(4) – Vedi: https://www.nuovatlantide.org/assiri-e-cretesi-due-economie-due-storie-molto-diverse-i/

(5) – Riane Eisler: Il piacere é sacro – Potere e sacralità del corpo e della terra – FORUM

(6) – Uso il termine stabulazione perpetua giacché non semilibera. Una pratica sempre più truce, che giunge persino all’uso di mangimi di dubbia origine al posto dell’avena o del foraggio in genere. Questo fa sì che le piogge diminuiscono, aumenta la siccità e si riducono i terreni destinati al pascolo rigenerativo e rigenerante.

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